Un sogno in Technicolor

Un sogno in Technicolor

Dalla soglia della casa sopravvissuta alla violenza del tornado, il Mondo di Oz si squaderna in un tripudio di verdi praticelli, placide ninfee, un ponticello lezioso, dolci montagne sul fondo. La macchina da presa accompagna lo stupore con un solenne movimento. Dorothy ha senz’altro ragione: “Toto, ho l’impressione che non siamo più nel Kansas”. L’abbiamo visto, il Kansas, nella prima inquadratura del Mago di Oz: una strada sterrata, circondata da un niente in bianco e nero, che conduce verso un orizzonte immobile e piattissimo. Anche l’autore delle fortunatissime pagine da cui il film è tratto, L. Frank Baum, in poche righe, ci fa intendere che lì tutto è grigio, pure le gote della zia.
Non ci è dato sapere se Dorothy sia l’unico personaggio variopinto, di certo è la sola a poter ambire a un paesaggio diverso. A questo riguardo, è ancor più chiaro il film: Somewhere over the Rainbow suona come l’invocazione a un mondo che irradi garrulo Technicolor. A Oz i colori sono troppo chiassosi, lussureggianti, acidi per sembrarci veri, così come i matte paintings che fingono immensi paesaggi in lontananza. Ci vuol poco, oggi, a definirli camp. Eppure il trucco funziona e il pubblico può condividere l’estasi di Dorothy, per quanto anche all’epoca non fosse nuovo né ai deliri scenografici del musical né al fulgore del Technicolor.

(Andrea Meneghelli, Enciclopedia del Cinema Treccani, 2004)



Le sequenze del Kansas erano imbibite color seppia. Erano girate in bianco e nero; poi la pellicola veniva immersa in un liquido color marrone per attenuare i contrasti del bianco e nero. Il resto del film era a colori. E il colore era ancora un mare inesplorato. Creare il design della Città di Smeraldo era, in un certo senso, più facile che trovare la tinta appropriata per la Strada di mattoni gialli. E almeno era meno noioso. Trovare una tinta che non facesse sembrare verde la Strada di mattoni gialli era compito di Randall Duell, e gli prese all'incirca una settimana. “Il film a colori non era ancora stato perfezionato all'epoca”, dice Duell. “Dovevamo fare un sacco di test ed esperimenti con la pellicola per ottenere i colori da ricreare correttamente. Iniziavamo a riprendere un set una settimana o due prima che fosse utilizzato. Dovevamo fare test cromatici per ogni set non solo per le parti dipinte ma anche per gli sfondi. Una parte della Strada di mattoni gialli era un fondale dipinto. Se non fosse stato dipinto e illuminato correttamente, sarebbe sembrato un fondale dipinto”.

(Aljean Harmetz, The Making of The Wizard of Oz, Alfred A. Knopf, New York 1981)