Nicholas Ray sul film

Nicholas Ray sul film

Il miglior James Dean

James Dean era meglio qui di quanto lo fosse in East of Eden, sebbene sia davvero un buon film. Dean era più spontaneo in Rebel Without a Cause, e improvvisammo molto bene insieme. Con la sua immaginazione, certamente aiutava a formare il personaggio. Ma questo è il lavoro di un regista, aiutare gli altri a contribuire. Una sola persona non può farlo; nessuno può fare un film da solo.
(Nicholas Ray, da Entrevista con Nicholas Ray, “Film Ideal”, n. 42, 1956)



Io e James Dean non riuscivamo ad abbandonare questa esperienza

Rebel Without a Cause è il film che mi ha più completamente soddisfatto e penso che rimarrà valido per molto tempo ancora sia come testimonianza che come spettacolo. L'ultimo giorno di lavorazione io e Dean rimanemmo soli negli stabilimenti della Warner Brothers; tutti se ne erano andati ad eccezione dei guardiani che sorvegliavano le strade di accesso. Noi indugiavamo ancora sotto i riflettori osservando se c’era qualcosa che avevamo dimenticato e non avevamo nessuna intenzione di abbandonare definitivamente quella esperienza. Dissi: "Andiamocene. Non abbiamo più niente da fare qui".
Dean salì sulla sua moto ed io sulla mia auto e dal momento che le strade erano completamente vuote ritornammo in città a fortissima velocità.
Quando fummo sull’Hollywood Boulevard ed egli, come un angelo alato sulla sua motocicletta con i piedi sul retro, corse via rombando a circa 90 miglia all’ora, capii che il film doveva finire così. Ma ad uno stop ci fermammo per dirci: "Buonanotte", ed ancora non potevamo risolverci ad ammettere che il film era finito. Così andammo in un vicino ristorante aperto tutta la notte, prendemmo un breakfast molto in anticipo e poi ci dicemmo addio.
Questo film ha costituito un esempio di stretta collaborazione con tutti coloro che vi hanno partecipato creativamente. Forse il finale o le scene immediatamente prima tra i genitori, il ragazzo e la ragazza avrebbero dovuto essere un po’ meno sentimentali. A ripensarci mi sembra di aver visto il padre in modo troppo caricaturale ma al momento della realizzazione del film mi sembrava necessario dal punto di vista del ragazzo che lo vedeva così.

(Nicholas Ray, in Adriano Aprà, Intervista con Nicholas Ray, “Filmcritica”, n. 134, giugno 1963, pp. 327 ss.)





La scena in cui Jimmy torna dai genitori dopo la catastrofe è stata improvvisata

Sono molto attaccato a Rebel Without a Cause, che ha rappresentato un’esperienza molto personale. La scena in cui Jimmy torna dai suoi genitori dopo la catastrofe è stata improvvisata una sera a casa mia. Era una scena che mi preoccupava molto: secondo il copione, doveva svolgersi nella camera da letto della madre, ma mi sembrava statica; così una sera che Jimmy era venuto un momento da me, ho cominciato a parlargliene e lui mi ha chiesto di uscire in cortile, mentre io nel salotto facevo la parte del padre. Ho acceso la televisione, su un canale dove le trasmissioni erano finite, ho fatto finta di essere assopito e ho dato a Jimmy due azioni contraddittorie: montare al primo piano senza farsi sentire e poi provare il bisogno irresistibile di parlare a qualcuno.
Così Jimmy entra, deve passare vicino a me se vuole salire al piano di sopra, ma l’azione contraddittoria lo travolge: cade pesantemente sul divano, con la bottiglia di latte, e aspetta che io mi svegli; a quel punto esclamo: "Tua madre scende le scale!".
Capii che avevo trovato la dinamica della scena. Feci venire lo scenografo da me e la scenografia di cui ci siamo serviti in Rebel Without a Cause era proprio quella del salotto dove avevamo improvvisato la scena.
È un modo molto soddisfacente di lavorare; è sempre da lì che ci è venuta l’idea di fare la scena della madre che scende le scale dal punto di vista di Jimmy. Il Planetario, i ragazzi in auto, molte altre scene sono state ugualmente improvvisate.

(Nicholas Ray, in Charles Bisch, Entretien avec Nicholas Ray, “Cahiers du Cinéma”, n. 89, novembre 1958)




La violenza

La violenza ha per me sempre avuto un aspetto negativo. In Rebel Without a Cause le due scene di violenza arrivano improvvise dopo le parole del giovane: “Tutto quello che desidero è un giorno senza confusione, un giorno chiaro”, e in un primo momento getta via il coltello. Non vuole riprenderlo e non vuole battersi. Desidera pace e calma. Desidera vivere in pace almeno per un giorno. Ma una volta raccolto il coltello, questo gesto lo porta ad un’altra sfida: la chicken-run. Di nuovo, prima di salire in auto, chiede all’altro giovane: “Perché lo facciamo?”.

(Nicholas Ray, in Adriano Aprà, Intervista con Nicholas Ray, “Filmcritica”, n. 134, giugno 1963, pp. 327 e ss.)


 

Un film sulla necessità della famiglia

C’è un momento di introspezione quando Natalie Wood fa vedere a James Dean che Plato li ama come si amano un padre e una madre: è una cosa naturale, istintiva non solo in una donna, ma anche in una ragazza, è il modo in cui è stata educata. A una donna si insegna prima, per un certo periodo, a giocar con le bambole e poi a badare a un bambino.
Questo è il punto che si sarebbe dovuto dimostrare, che Rebel Without a Cause è un film positivo non negativo. È un film strettamente relazionato con l’unità della famiglia, la necessità di questa unione nel focolare domestico.

(Nicholas Ray, da Entrevista con Nicholas Ray, “Film Ideal”, n. 42, 1956)