Francesco Rosi

Francesco Rosi

ono confortato dall’esistenza di un regista come Francesco Rosi, che mi affranca un pochino da quel vago, vaghissimo senso di colpa che talvolta mi insidia quando sono costretto ad ammettere che i problemi sociali, le indagini sociologiche, le passioni politiche mi sono estranee o ancor peggio indifferenti. Il disagio, il senso di inadeguatezza, lo scontento, il sospetto di un’adolescenza protratta oltre i limiti, si dissolvono pensando che gli sdegni, le denunce, le polemiche, insomma, quel tipo di impegno in me così tiepido c’è qualcuno come appunto Franco Rosi che invece lo vive appassionatamente anche per me. Nella strada che abbiamo scelto e cioè fare cinema, Rosi è un compagno di viaggio ideale, fedele, coerente, un cineasta condottiero che riverbera il nostro mestiere di una dignità particolare, da crociato, vivendo il film come un’eroica impresa dove si richiedono volontà, ardimento, onestà, spirito di sacrificio. Quando so che sta per cominciare un nuovo film, è una notizia che mi fa piacere, ridona fiducia in un cinema non ancora interamente confinato nella sciatteria del pretesto e della approssimazione. Nei suoi film Francesco si esprime con talento, vigore, suggestione. È un uomo di cinema che pure raccontando storie del tempo in cui vive non ha rinnegato la grande lezione artigianale del buon cinema americano. E questo per quelli della mia generazione mi sembra gran merito.
(Federico Fellini)

 

 

Per me Francesco Rosi è uno dei grandi maestri del cinema contemporaneo. È riuscito a delineare un’intera cultura con grande sensibilità artistica, coniugata al suo occhio vigile di etnografo. I suoi film non sono né melodrammi, né thriller, fanno parte di un genere a sé, basato sulle realtà politiche. Sono film di un realismo illuminato: prima di tutto ti coinvolgono e poi esigono l’obiettività. Rosi ha spesso il rigore di Dreyer o di Bresson. Il suo cinema è gremito di momenti memorabili. Potrei parlare per ore intere solo di Salvatore Giuliano.
(Martin Scorsese)

 

 

Se penso all’Europa, penso a un regista da ammirare, Francesco Rosi. Francesco Rosi è realmente un regista innovativo. Ha realizzato un’opera cinematografica straordinaria sulla storia di Salvatore Giuliano, con immagini che lo raccontano, facendo in modo che lo si veda il meno possibile. Deve essere piacevolissimo ideare forma e contenuti, immaginare una certa visione delle cose, e poter realizzare il film senza grandi ostacoli. Immagino che anche in Europa esistano difficoltà da affrontare nell’ambito del sistema produttivo cinematografico, ma credo sia molto più faticoso lavorare nel sistema americano basato sul potere degli studios, dei sindacati (che non hanno fatto mai nulla di positivo per me, facendomi spesso perdere la testa), dalla stampa - anch’essa parte del gioco - e dei distributori. È come entrare in un particolare sistema vitale fatto di pesci piccoli e di pesci grandi pronti a divorare tutto. Penso a Francesco Rosi come a un autore che ha saputo attuare la possibilità di lavorare da vero artista, esprimendo davvero se stesso.
(Francis Ford Coppola)

 

 

Rosi bracca la menzogna, la insegue nei recessi, svela le apparenze ingannatrici di un mondo che agisce nell’ombra. Che intrigante oggetto di studio quello dell’ambizione, della sete di potere, della prevaricazione su un popolo o una società! Rosi rischiara di una luce nuova quello che, da Shakespeare a Brecht passando per Corneille, è sato il tema preferito dei grandi drammaturghi. I suoi film serrati come pugni, tesi come molle, gettano bruscamente in faccia allo spettatore il segreto che rinchiudono.
(Michel Ciment, Dossier Rosi, Il Castoro - Museo Nazionale del Cinema, 2008)

 

 

Per un sintetico profilo bio-filmografico di Francesco Rosi, vedi la scheda di Francesco Bolzoni in Enciclopedia del cinema Treccani, 2004