Michel Ocelot

Michel Ocelot

Michel Ocelot nasce nel 1943 vicino a Nizza. Ha sei anni quando suo padre, ispettore scolastico, e sua madre, insegnante elementare, si trasferiscono con i quattro figli in Guinea. Iscritto a una scuola pubblica, Michel è l’unico europeo della sua classe ma si sente identico ai compagni, uno scolaro guineano come gli altri. Il paese, molto rurale, è in pieno sviluppo: a scuola si studiano, oltre al francese, l’irrigazione e la costruzione di utensili. L’ideale per Michel, già abile bricoleur curioso di tutto. Nelle strade di Conakry, sotto il sole ardente dei tropici risaltano i contrasti cromatici. Consapevole di tanta bellezza, il ragazzino esercita la sua abilità nel disegno riproducendo la vita che vede al mercato o dalla finestra […].
Lo ritroviamo studente a Parigi, dove il suo talento può sbocciare. Fin dalla scuola di belle arti di Angers eccelle in tutte le tecniche, disegno, pittura, scultura. Lavora con impegno, anche la sera dopo i corsi, per perfezionarsi. Sa che il cinema d’animazione è alla sua portata. A dieci anni ha scoperto La rivolta dei giocattoli (Vzpoura hraček) di Hermína Týrlová, proiettato una sera all’aperto. In quel film del 1947 i giocattoli di legno si alleano per mettere in fuga un ufficiale nazista in carne e ossa. Per Michel è la rivelazione: qualsiasi oggetto può essere animato sotto la macchina da presa, agire come se avesse un’anima […]. Una volta raggiunta la maggiore età ha fretta d’imparare il suo futuro mestiere: regista di film d’animazione.
Olivier Demay


Autentico artista visivo (tutto inizia con un disegno), innamorato dell’arte egizia (sontuosamente omaggiata anche nell’ultimo film, Le Pharaon, le sauvage et la princesse), greca, occidentale (fino alla metà del Ventesimo secolo), Ocelot sviluppa fin da giovanissimo una predilezione per la storia e le culture del mondo (“Un tesoro che mi fa sentire come un buongustaio in una gastronomia!”), rielaborate magistralmente da un talento immaginifico affinato dallo studio delle arti plastiche e applicato con metodo artigianale tanto rigoroso quanto elastico sul piano creativo. […]
Come narratore, Ocelot affonda le proprie origini nella tradizione dei griot dell’Africa occidentale: figure simili ai bardi, poeti e cantori cui spettava il ruolo di conservare la tradizione orale degli avi e che, in epoca pre-coloniale, fungevano anche da interpreti e ambasciatori. Ma nel suo modo di narrare vi sono echi degli aedi greci, testimoni delle civiltà che furono […].
Come Kirikù, Ocelot si è scelto il nome con cui affrontare le sfide della vita, richiamando quale totem personale una creatura affascinante, l’Ocelotto, già cara ad artisti come Salvador Dalí e capace di sopravvivere malgrado il perenne rischio di estinzione.
Nella storia del cinema d’animazione, Kirikù e il suo ‘papà’, sconfiggendo con la sola forza del passaparola del pubblico i blockbuster americani, hanno avuto una funzione “catalitica” (definizione di Georges Sifianos) non solo per l’industria francese: grazie a questo exploit, usciranno dall’ombra nuovi talenti europei come Sylvain Chomet e Tomm Moore, ma anche veterani come Laguionie beneficeranno del nuovo corso.
Eric Rittatore