Tra Stoker e Freud

Tra Stoker e Freud

Il rapporto tra il film e il romanzo al quale si ispira, fu un tema assai controverso quando il film uscì, oggetto addirittura di una accusa di plagio, ma in realtà l'argomento del contendere era quasi risibile. Il romanzo fortunatissimo dell'irlandese Bram Stoker, scrittore minore ma non trascurabile, è una intricata composizione (di matrice ancora settecentesca) che vede al suo centro la figura maledetta di un vampiro verso il quale convergono i numerosi fili di una narrazione continuamente interrotta da inserti, diari, lettere, promemoria, telegrammi, notizie di giornale. Il film è un confronto 'metafisico' fra le pulsioni che si contendono il dominio della psiche. Confronto nel quale la presenza del vampiro – il non morto che deve essere ricacciato negli abissi della coscienza – ha valore di pretesto e di esplicitazione visiva: il conte Orlok-Nosferatu è la materializzazione di un'idea astratta, mentre il conte Dracula del romanzo è il signore di un regno delle tenebre che tiene in ostaggio tutti coloro cui accade di avvicinarlo e che può essere sconfitto, e riconsegnato definitivamente alla morte, solo ricorrendo agli esorcismi della superstizione popolare (l'aglio, la rosa selvatica, il crocifisso, l'ostia consacrata), poiché la superstizione – ricorda il saggio professore olandese – “è stata prima fede di uomo e nella fede ha sue radici”. Che lo spunto sia uguale (il viaggio di un agente immobiliare in Transilvania per trattare la vendita di una proprietà: a Londra nel romanzo, a Wisborg in Germania nel film), che esistano corrispondenze fra alcuni personaggi (Jonathan Harker è l'Hutter del film, Mina è Ellen) e fra certi episodi della vicenda (il viaggio della goletta con il vampiro a bordo, la peste) non significa molto, perché non solo la struttura tematica è completamente diversa ma anche l'impianto narrativo – pletorico e confuso nel romanzo, prosciugato e lineare nel film – segue un andamento opposto, concludendosi quello letterario con la uccisione di Dracula per sgozzamento e infissione di un paletto nel cuore, e quello filmico con il sopraggiungere dell'alba che incenerisce Nosferatu. Infine, Dracula è zeppo di morti e di vampiri (il vampirismo è come una epidemia, chi ha ceduto il suo sangue a un vampiro diventerà vampiro a sua volta) mentre Nosferatu culmina nella scomparsa del vampiro e nella morte della donna che gli si è offerta. Il nodo dell'espressionismo non solo non si scioglie facilmente ma giustifica, e spiega, il procedimento creativo che Murnau adotta.
Nel film inoltre vi è l'accurata traduzione visiva e ritmica di quell'apparente paradosso psicologico su cui Freud andava riflettendo proprio allora, come documenta il saggio pubblicato nel 1919 su “Imago”. Nella lingua tedesca la coppia di aggettivi heimlich e unheimlich (entrambi derivati dalla radice heim, casa) indica non soltanto una opposizione – familiare, amichevole contro inquietante, lugubre – ma anche una sotterranea concordanza, giacché heimlich può assumere il significato di chiuso, di segreto (Geheimnis, il segreto, il mistero, da qui proviene). Nel saggio, intitolato Das Unheimliche e traducibile come 'inquietante' o 'perturbante', Freud, dopo una escursione curiosa nei terreni della linguistica e della letteratura (Jentsch, i fratelli Grimm, Schelling, l'immancabile E.T.A. Hoffmann di Il mago sabbiolino e di Gli elisir del diavolo, le fiabe di Wilhelm Hauff, Erodoto), accetta il paradosso: “Heimlich è un termine che sviluppa il suo significato in senso ambivalente, fino a coincidere in conclusione col suo contrario, unheimlich: unheimlich è in un certo modo una variante di heimlich”. Dal cuore (nascosto) della serenità può nascere l'orrore. Non basta. È la conclusione stessa dell'analisi condotta da Freud, anche sulla base del lavoro psicoanalitico, che guida il discorso verso la tematica affrontata da Murnau in Nosferatu e lo colloca nella giusta, e illuminante, posizione: “Succede spesso che individui nevrotici dichiarino che l'apparato genitale femminile rappresenta per loro un che di perturbante. Questo perturbante (Unheimliche) è però l'accesso all'antica patria (Heimat) dell'uomo, al luogo in cui ognuno ha dimorato un tempo e che è anzi la sua prima dimora. [...] Questo luogo mi è noto, qui sono già stato”, è lecita l'interpretazione che inserisce al posto del paesaggio l'organo genitale o il corpo della madre. Anche in questo caso, quindi, unheimlich è ciò che un giorno fu heimisch, patrio, familiare. E il prefisso negativo un è il contrassegno della rimozione”.

(Fernaldo Di Giammatteo)