Il restauro di Vigo

Jean Vigo, prima di morire a ventinove anni, ha girato quattro film. Un’opera per proiettare la quale basta un breve pomeriggio, e che pure si è impressa nella memoria di intere generazioni di cineasti e spettatori, nel mondo intero.
Per cui, a rigore, sembrava difficile aspettarsi grosse sorprese quando Gaumont ha intrapreso (dopo quelli realizzati nel 1990 e nel 2001) un nuovo restauro dell’unico lungometraggio di Vigo, L’Atalante (con la collaborazione della Cinémathèque française e della Film Foundation), e degli altri tre film. Ma non si erano tenuti nel debito conto, a distanza di diciassette anni (data del precedente restauro), lo sviluppo degli scambi tra archivi e le nuove potenzialità della ricerca e della tecnica. I nuovi mezzi, insieme al lavoro su documenti ritrovati negli archivi di Luce Vigo – scomparsa il febbraio scorso, proprio quando stava iniziando a prender forma questo progetto – e di molte cineteche, hanno consentito di conoscere meglio il metodo di lavoro di Vigo e i suoi film così come li aveva portati a termine.
Il confronto tra le sei copie anteriori al 1940 di L’Atalante e di Le Chaland qui passe (la versione con il sonoro mutilato e rimontato per l’uscita in Francia) ha confermato che la copia del British Film Institute era la princeps del vero Atalante, proiettato a Londra nell’autunno 1934.
Un’altra sorpresa: si è scoperto che la copia di Zéro de conduite della Cineteca Italiana di Milano, inviata da Henri Langlois a Luigi Comencini nel 1947, aveva un metraggio superiore a quello della copia conosciuta, uscita nel 1945. Si tratta, infatti, di due montaggi differenti, entrambi datati 1933. La copia di Milano presenta (ancora) le didascalie esplicative scritte da Vigo; e vi figurano parecchie inquadrature ‘censurabili’, poi attenuate o eliminate nella versione conosciuta; mentre una sequenza ricompare nella sua versione completa. Si è deciso di dare la preferenza a questa versione, restaurando comunque entrambi i montaggi, con un ritorno, per la prima volta, al negativo originale.
Ultima ricomparsa: quella delle undici bobine di materiali (immagine e sonoro) dello stesso Zéro de conduite, depositate da Gaumont presso Les Archives du film français, tra le quali nove minuti di inquadrature e di riprese scartate, all’interno delle quali si può scorgere il giovane Vigo.

(Bernard Eisenschitz)

 

 

L’Atalante

Nel febbraio 1934, Jean Vigo, malato, ha terminato il montaggio di L’Atalante, in uno scambio costante con la sua ‘banda’, vale a dire il suo gruppo di amici che, insieme al montatore Chavance, tiene al corrente il regista quando questi non è fisicamente presente. A quel punto Vigo lascia Parigi per riposarsi, mentre Maurice Jaubert, suo complice, compone la musica. Non troverà più la forza per riprendere il montaggio, come si augurava. Il suo collaboratore Albert Riéra, propone di condensare la narrazione, ma J.L. Nounez, il produttore, rifiuta che qualcuno si sostituisca al regista. Solo dopo una proiezione per gli esercenti dall’esito disastroso, Nounez accetta la proposta del coproduttore e distributore GFFA di sostituire la musica di Jaubert con una ‘canzone realistica’ adattata dall’italiano, Le Chaland qui passe. Titolo con il quale il film uscirà nel mese di settembre, poco prima della morte di Vigo. Nel frattempo, una copia dell’Atalante autentica è stata inviata a Londra, a quanto pare affidata da Maurice Jaubert ad Alberto Cavalcanti.

Ed è questa la copia-guida, immagine e suono, su cui è stato rigorosamente condotto il nuovo restauro. È stata reintegrata l’inquadratura aerea finale, girata da Kaufman su istruzioni di Vigo, già prevista in tutta la sua lunghezza nel commento musicale di Jaubert; e alcuni tagli (usura? censura? proiezionisti voyeur?) sono stati completati grazie ad alcune copie di Le Chaland qui passe, la cui pellicola fu mutilata solo a seguito dell’esclusiva del film al cinema Le Colisée, quando GFFA si appellò alle proteste di vari spettatori per raccomandare i tagli. L’ottica adottata è stata quella di affidarsi al film nella sua veste originaria, quella degli anni 1933-1934, senza tentare di adattarlo alle abitudini degli spettatori del XXI secolo.

(Bernard Eisenschitz)




Zero in condotta

La copia originaria della versione restaurata nel 2017 è quella della Cineteca Italiana di Milano, ricavata dal negativo, datata 1933 e fatta avere da Henri Langlois a Luigi Comencini nel 1947. La versione è più lunga rispetto al negativo camera utilizzato per il montaggio del film uscito nel 1945 e per le copie finora conosciute. Risulta che le due versioni risalgano al medesimo anno, ma che quella conservata presso la Cineteca Italiana sia anteriore.
L’esistenza di due versioni simultanee di un film non era un fatto eccezionale. Per quali ragioni esistono nel caso presente? È possibile che la versione abbia superato il metraggio (1200 m) stabilito dal contratto tra il produttore Nounez e GFFA. O che, dopo le prime deludenti reazioni, Vigo, tra l’unità d’azione e l’unità stilistica “abbia optato per la seconda soluzione, riservandosi la facoltà di aggiungere, se necessario, alcune didascalie esplicative” (Paulo Emilio Sales Gomes). In definitiva, nella copia corrispondente al negativo, risultano attenuate o tagliate alcune scene ‘censurabili’: il sorvegliante Pète-Sec, inquadrato sotto forma di ombra cinese, che si pratica un’iniezione prima di dormire (tagliato nella versione nota finora), il professore di chimica che sputa nel fazzoletto (nella versione conosciuta si sentiva solo il rumore), la sua mano che accarezza quella di Tabard (abbreviato), ecc.
Infine va sottolineato lo spostamento di un episodio, quello del sonnambulo, ora re-integrato nel contesto notturno del dormitorio e collegato ad altre brevi scene: prosecuzione della preparazione della rivolta; punizione di un ‘delatore’; il sonnambulo; Tabard e Bruel che si dicono teneramente buonanotte, spiati dal sorvegliante Bec-de-Gaz.

(Bernard Eisenschitz)