Il restauro

Restaurato in 4K da Cineteca di Bologna in collaborazione con Titanus, TF1 Droits Audiovisuels e The Film Foundation presso il laboratorio L’Immagine Ritrovata. Restauro finanziato da Gucci e The Film Foundation.



55 anni dalla sua uscita nelle sale, Rocco e i suoi fratelli è stato interamente restaurato in 4k. Un lavoro lungo e complesso, durato vari mesi e che ha impiegato le più moderne tecnologie di restauro alle quali sono state affiancate approfondite ricerche extra-filmiche. Il restauro è stato realizzato a partire dal negativo camera originale girato con due diversi Filmstock: Dupont LN (1959) e Dupont LS (1960). Il restauro si è reso necessario una volta constatato che alcune parti del negativo camera erano seriamente compromesse da funghi proliferati nelle parti chiare dell’immagine (quelle con meno sali d’argento). In qualche caso addirittura non è stato più possibile utilizzare le inquadrature del negativo camera e le rispettive scene sono state integrate utilizzando un interpositivo d’epoca stampato a contatto. Il negativo originale è stato comparato con tutti gli elementi d’epoca a disposizione: un interpositivo stampato anch’esso come il negativo camera su filmstock Dupont (1960), un secondo interpositivo sempre Dupont (ma del 1961) entrambi di prima generazione, un duplicate negative di seconda generazione, la copia positiva copia positiva dell'Archivio Storico delle Arti Contemporanee de La Biennale di Venezia, di prima generazione, proiettata al Festival di Venezia nel 1960.
La copia veneziana corrisponde alla prima versione presentata al pubblico ed è una versione leggermente più lunga di quella uscita successivamente in sala. Dopo la prima veneziana, infatti, sia Visconti stesso apportò delle modifiche, sia la censura intervenne con alcuni tagli: in particolare, vengono accorciate le sequenze della violenza di Simone su Nadia e dell’omicidio della stessa Nadia, sempre per mano di Simone. La versione restaurata ripristina i tagli di censura ma rispetta le differenze di montaggio volute dal regista. Una delle differenze più lampanti è la volontà di camuffare in tutti i manifesti e le scritte che appaiono nel film il cognome della famiglia che in origine era “Pafundi”. La produzione perse una causa contro un noto magistrato dell’epoca che aveva lo stesso cognome, vedendosi costretta a cambiarlo ovunque apparisse. Il risultato è che all’epoca tutte le inquadrature in cui compariva sono state corrette per modificarlo in “Parondi”. Questa operazione fu eseguita direttamente sul negativo originale, duplicando tramite truka le inquadrature o in alcuni casi semplicemente grattando fisicamente l’emulsione per camuffare la scritta. Tutto questo è stato ovviamente rispettato e il restauro non è intervenuto in alcun modo ad eliminare o attenuare questa modifica d'epoca che porta con se una parte di storia del film.
Per riportare questo capolavoro del cinema italiano alla sua originale bellezza sono state necessarie più di 3000 ore di restauro digitale. La color correction è stata supervisionata dal Maestro Giuseppe Rotunno, direttore della fotografia del film e la copia positiva ASAC è stata utilizzata come riferimento.

(Davide Pozzi, direttore del laboratorio L’Immagine Ritrovata)