Tagli e censure

Tagli e censure

In Italia: denuncie e sequestro


Sul film piovono denunce di cittadini irritati o turbati dalle scene più crude del film (quelle attinenti alle efferatezze sessuali dei fascisti Attila e Regina, interpretati senza risparmio di energia da Donald Sutherland e Laura Betti). Novecento parte I viene sequestrato e aggrava davanti alla legge la posizione di Bernardo Bertolucci che, con Ultimo tango a Parigi, è già stato condannato per il reato di pubblicazioni e spettacoli osceni, e privato per cinque anni del diritto di voto. Le denunce al film sono venute da varie città, da Salerno, da Milano e da Savona, dove il film è incorso nelle ire di un’associazione chiamata Combattenti interalleati che lo definisce, nel settembre del 1976, "obbrobrioso e immorale" (l’associazione, per la cronaca, è nata nel 1970 per ricordare i soldati italiani caduti in Libia nella prima e nella seconda guerra mondiale ed è forte di trentasettemila iscritti).
(Francesco Costa)



L'unica scena che mi chiesero di accorciare fu quella in cui la prostituta epilettica, Stefania Casini, è a letto tra DeNiro e Depardieu e prende in mano i loro membri. Ma io li ho imbrogliati, accorciando i fotogrammi ma prima che la cosa avvenisse. Così quel momento è rimasto nel film".
(Bernardo Bertolucci)




Tagli americani


Il primo montaggio di Novecento durava sei ore e un quarto. Era chiaro che a lavoro finito il film non sarebbe durato meno di cinque ore. Ricordo ancora che alla fine della prima proiezione Grimaldi [il produttore] era molto eccitato. Si spostava saltellando nella saletta della Fono Roma dove avevamo visto il film e diceva: "Benissimo, invece di un film ne abbiamo due. Lo divideremo in due parti". L'ho trovata subito un'idea eccellente. Non ho mai pensato che Novecento dovesse essere distribuito tutto insieme, se non in occasioni molto speciali […]. I guai sono cominciati dopo una mia dichiarazione nella quale affermavo il mio desiderio che anche gli americani potessero vedere Novecento come gli europei, nella versione integrale di cinque ore e mezzo. Barry Dealer, il presidente della Paramount, rilasciò a quel punto un'intervista a "Time" nella quale diceva che la sua compagnia non avrebbe mai distribuito un film di cinque ore e mezzo, e nemmeno uno di tre ore e un quarto, come era scritto nel contratto tra Grimaldi e la Paramount. A quel punto scoprii che Grimaldi, mentre fingeva di lottare al mio fianco per il film, stava facendo negli Stati Uniti, a mia insaputa, un nuovo montaggio di Novecento che doveva durare, appunto, tre ore e un quarto. Il suo principale obiettivo era quello di recuperare il minimo garantito della Paramount, che gli era indispensabile, ma aveva completamente trascurato una cosa elementare: non si può tagliare un film con la stessa facilità con cui si affetta un salame.
A quel punto la Fox, che era molto soddisfatta dell'andamento europeo del film, ha fatto un'offerta per distribuire Novecento anche negli Stati Uniti, al posto della Paramount, chiedendo però una versione che non superasse le quattro ore e quindici. Ho accettato e sono arrivato a una prima versione accorciata di quattro ore e quaranta minuti. A questo punto Grimaldi mi ha detto che quella lunghezza non risolveva nessuno dei nostri problemi, ha fatto sbarrare le porte della moviola e mi ha completamente estromesso dal destino del film. Da quel momento tra noi è cessato ogni dialogo, ci siamo separati, e i contatti successivi sono stati tenuti dagli avvocati. Per me non c'era ormai altra via che ricorrere al giudice. Questo povero giudice è stato costretto, in tre giorni, a vedere prima la versione di cinque ore e trenta, poi quella di quattro ore e quaranta e infine quella di tre ore e quindici [...] Alla fine il giudice, ubriaco di Novecento, si comportò salomonicamente e mi invitò a un compromesso. Riconobbe che la versione di tre ore e quindici minuti era lesiva e incoerente ma, richiamandosi all'offerta della Fox, che sembrava poter conciliare le esigenze dell'autore e quelle del produttore, mi invitò a lavorare ulteriormente alla mia versione di quattro ore e quaranta per ridurla a quattro e quindici.
Devo confessare che in quel periodo mi era impossibile staccarmi da Novecento. Tutte quelle peripezie che lo allungavano, lo accorciavano, lo dividevano e lo molti­plicavano erano state anche, in un certo senso, la possibilità di allontanare l'idea atroce che ormai il film fosse finito. L'invito o la sfida a tornare in una moviola e a mettere nuovamente le mani sul film mi affascinava, e siamo arrivati a un'ultima versione di quattro ore e dieci. Due giorni prima del festival di New York, a cui il film era stato invitato, quelli della Paramount, pensando che io avrei utilizzato la conferenza stampa per denunciare il loro boicottaggio, cambiarono bruscamente tattica. Il presidente mi telefonò dicendomi che la società aveva deciso di distribuire il film nella versione finale di quattro ore e dieci. Le ragioni di questo ripensamento secondo me sono molteplici. Prima di tutto bisogna ricordare che la Paramount avrebbe dovuto finanziare e distribuire Ultimo tango ma, all'ultimo momento, si era tirata indietro giudicando eccessive le pretese di Brando.
Era poi subentrata la United Artists, Ultimo tango aveva avuto il successo che sappiamo e credo che la Paramount fosse molto timorosa di ripetere, con Novecento, un errore clamoroso. Inoltre, la Paramount voleva impedire che la 20th Century Fox, che stava per rilevare il film e distribuirlo, potesse farne un successo commerciale, rendendo il suo rifiuto politico ridicolo e antieconomico.


(Bernardo Bertolucci)