Le fonti storiche

Le fonti storiche

Les Enfants du Paradis è un film saldamente ancorato in un'epoca, gli anni 1820-1840, e in un luogo: Parigi e i teatri del Boulevard du Temple. In questo affresco vorticoso, i personaggi nati dall'immaginazione di Prévert si mescolano ai personaggi veramente esistiti. La ricostruzione è di grande accuratezza. Ci si è presi qualche libertà, ci sono delle assenze (la vita politica), ma nessun film aveva mai restituito con tanta precisione "l'atmosfera" (per citare Hôtel du Nord) della Parigi popolare, teatrale e romantica. Questa realtà storica che diventa quasi palpabile sullo schermo è il risultato di una ricerca meticolosa condotta da Carné, da Prévert e dalla loro squadra.

Dal momento in cui prese forma l'idea di fare un film sulle grandi figure del Boulevard du Temple, Carné si recò al gabinetto delle stampe del Musée Carnavalet, dove trovò una quantità di magnifici documenti che fece fotografare per Prévert. Quest'ultimo s'era poi mosso da sé, leggendo varie opere sul tema. Il pittore Mayo a sua volta si tuffò tra le riviste d'epoca prima di disegnare i suoi schizzi per i costumi. Barsacq e Trauner studiarono nel dettaglio l'architettura del Boulevard. Ci fu insomma un vero lavoro di documentazione collettiva, per produrre un film in cui la grande Storia non viene tuttavia mai percepita come un peso.
Sono quattro i personaggi storici fondamentali che appaiono nel film: Deburau, Lemaître, Lacenaire e... il Boulevard du Temple

 

Jean-Baptiste-Gaspard Deburau

L'avventura di Les Enfants du Paradis comincia grazie a Deburau, un soggetto da cui Jean-Louis Barrault è totalmente affascinato. Barrault incontra Carné e Prévert a Nizza, nel 1942, e racconta ai due la storia del celebre mimo. È un appassionato dell'arte della pantomima, che ha imparato da Étienne Decroux. E forse non tutti sanno che Henri Langlois e Georges Franju, fondatori della Cinémathèque Française, avevano organizzato nel novembre 1937 un Gala des Fantômes che già prevedeva, tra due proiezioni di film muti, una pantomima di Jean-Louis Barrault...

Jean-Baptiste-Gaspard Deburau (1796-1846) nasce in Boemia, figlio d'un ex soldato francese di pochi mezzi e molti (dodici) figli. Durante la giovinezza vagabonda per l'Europa, al seguito di varie compagnie di girovaghi, spesso preso a calci e bastonate dal padre. Giocoliere, illusionista, prestidigitatore, sale nel 1819 sul palcoscenico del Théâtre des Funambules per recitare nella pantomima Arlequin médecin, in sostituzione di un attore cacciato via dal direttore Bertrand. Vestito d'una casacca bianca dai grossi bottoni e di larghi pantaloni ondeggianti, la testa modellata da una cuffia nera, Deburau reinventa la maschera di Pierrot.


Il suo Pierrot non ha più niente a che vedere con quello, vago e ingenuo, di Watteau, di Le Sage e della commedia dell'arte italiana: è sornione, sfrontato, pigro, goloso, ladro. Deburau-Pierrot è "uno spilungone lungo e magro; ride solo aprendo la bocca in modo che sembra un forno spalancato; cammina sulla punta dei piedi; è goffo ma agile; nasconde le mani nelle grandi maniche a campana, per rubare meglio tutto quello che gli piace; il suo viso lungo è pallido e infarinato; c'è qualcosa di spettrale in questo personaggio leggero come un'ombra..." (Jules Janin).

Nella compagnia dei Funambules lavora una famiglia rivale dei Deburau, gli Charigni. Tra i due clan ci sono liti e gelosie, una vera e propria guerra. Il successo ottenuto dal giovane Baptiste infastidisce i cinque Charigni in forze al teatro. Una sera, in scena, uno di loro colpisce violentemente Baptiste al volto. Suo padre si getta sul colpevole, Joigny Charigni; segue una zuffa generale tra gli Charigni-Capuleti e i Deburau-Montecchi che conduce al licenziamento di gran parte della compagnia, escluso Baptiste, la nuova stella. L'episodio sarà ripreso e adattato da Prévert.

Altri dettagli storici troveranno posto nella sceneggiatura: per esempio, Deburau è un autentico maestro nell'arte di tirare la ciabatta (nel film se ne serve contro Avril). O ancora, l'ammontare delle multe che il direttore imponeva ai suoi Funambules, riportato da Louis Péricaud nella sua fondamentale opera sul teatro pubblicata nel 1897 ("Presentarsi in stato di ebbrezza: da 1 a 6 franchi"). La bella pantomima di Les Enfants du Paradis, dove Pierrot deruba uno straccivendolo per poter entrare a una soirée, riprende uno spettacolo di Cot d'Ordan (socio di Bertrand) andato in scena ai Funambules e celebrato nel 1842 da Théophile Gautier nella "Revue de Paris". La pantomima di Pierrot-Deburau che s'innamora della bella statua di pietra, interpretata da Garance-Arletty, richiama irresistibilmente alla mente un memorabile film Pathé, Fumée d'ivresse (1910); ma la 'trovata' della statua vivente si trova anche nella pantomima di Charles Nodier Le Songe d'or, allestita ai Funambules nel 1828. Infine, un aneddoto risale a Jules Janin, che descrive senza nominarla una giovane donna misteriosa ed elegante, innamorata di Deburau, che tutte le sere prendeva posto in un palco per ammirarlo: il pensiero qui va naturalmente a Garance che nella seconda parte del film si reca discretamente a teatro per assistere allo spettacolo di Baptiste.

Incensato da Nodier e da Théophile Gautier, Deburau diventa una vera celebrità e trova il suo primo biografo nella persona di Janin (Deburau, histoire du théâtre à quatre sous, 1832). Andare ai Funambules, teatrino dall'odore mefitico frequentato abitualmente dal popolo parigino, è ormai una moda borghese. Nascono d'altra parte dei vivaci scontri tra i dandy della platea e i monelli del paradis, la piccionaia. Dopo una parentesi poco fortunata in un vaudeville al Palais-Royal (1832), Deburau ritorna al Boulevard du Temple. Il suo successo continua, finché il 18 aprile 1836, in strada, uccide con un colpo di fucile un operaio che aveva insultato lui e la sua compagna. Tutta Parigi accorre al processo per poter finalmente sentire la sua voce: "La gente non l'ha mai sentito parlare!" annota la "Gazette des Tribunaux". Deburau verrà infine assolto.

Quando i Funambules, qualche anno più tardi, si troveranno a rischio di chiusura per ragioni di sicurezza, George Sand prenderà le difese del teatro e del suo Pierrot: "Non ho mai visto un artista più serio, più coscienzioso, più religioso nella sua arte". Deburau muore nel 1846 e con lui si spegne, per un lungo periodo, la pantomima degna di questo nome, nonostante i tentativi del figlio Charles, nato nel 1829, che riprende il ruolo del padre.

 

Frédérick Lemaître

Con somiglianza fisica impressionante, e con lo stesso truculento gusto di vita dell'originale, Pierre Brasseur incarna il grande attore Frédérick Lemaître. Nato a Le Havre, Lemaître (1800-1876) s'iscrive grazie a suo padre al Conservatorio di Parigi. Benché sia protetto da [un idolo dei palcoscenici francesi come, ndr] François-Joseph Talma, l'Odéon si rifiuta di assumerlo. Frédérick trova allora rifugio al teatro delle Variétés-Amusantes, dove fa il mimo nella Naissance d'Arlequin.

Interpreta anche, a quattro zampe, un leone ruggente nel pessimo melodramma Pyrame et Thisbé (Prévert trattiene l'episodio e lo trasferisce sul palco dei Funambules): "Al Conservatorio ho imparato la parte di Agamennone, il re dei re; non m'abbasso dunque di livello intepretando il re degli animali", dirà Lemaître. Poi passa ai Funambules, dove per quattordici anni miete successi recitando la pantomima, prima dell'arrivo di Deburau. Finalmente viene ingaggiato dall'Odéon ma, dopo essersi verticalmente annoiato con la tragedia classica, accetta di entrare al Théâtre de l'Ambigu. Nel 1823 va in scena uno sfiatato melodramma di Benjamin Antier, Saint-Amand e Paulyanthe, L'Auberge des Adrets. Il testo viene stampato: è un tale catalogo di banalità che finisce irrimediabilmente per suscitare le risate. Lemaître decide allora, senza avvertire gli autori, di por mano a uno dei più audaci rovesciamenti della storia del teatro: il dramma diventerà uno spettacolo comico. Presentandosi in scena vestito di stracci, un cilindro sfondato sulla testa, Lemaître trasforma il truce bandito Robert Macaire in un ladro fanfarone e stravagante, che va fiero dei suoi crimini e si fa apertamente beffe delle autorità. È un trionfo: oltre ottanta repliche, prima che lo spettacolo venga proibito.

Lemaître ha creato un personaggio chiave del diciannovesimo secolo, cinico, bugiardo e buffone, ai danni d'una società che assiste, deliziosamente spaventata. Daumier firmerà una serie di famose incisioni che mostrano Les Cents Robert Macaire: avvocato imbroglione, giornalista menzognero o banchiere squattrinato... Nel 1834, Lemaître riporta in scena il personaggio con immenso successo alle Folies-Dramatiques, in uno spettacolo intitolato Robert Macaire al quale collabora anche come autore. È il ritratto corrosivo dell'epoca di Balzac, quando la febbre del denaro fa uscir fuori tutta una serie di speculatori pronti a banchettare sulla stupidità umana.

Prévert, affascinato da tanta libertà di spirito, ha attinto ampiamente alla storia di questa figura importante del teatro francese. Ha ripreso persino certi dialoghi improvvisati da Lemaître (per esempio Frédérick, in risposta all'attor giovane che l'accusa dell'omicidio di Germeuil: "Che vuoi, figlio mio, ciascuno ha i suoi piccoli difetti!"). La scena in cui Macaire e Bertrand, inseguiti dall'attore che fa il gendarme, si rifugiano in uno dei palchi è pure un episodio realmente avvenuto - ma durante la trionfale ripresa dell'Auberge, nel 1832.

Per tutta la vita quasi imbarazzato dall'estrema popolarità del suo personaggio, diventato la moderna incarnazione del truffatore abile e sfrontato, Lemaître riuscirà comunque a far dimenticare Macaire interpretando alcuni grandi drammi di Alexandre Dumas (Kean) e di Victor Hugo (Lucrezia Borgia, Ruy Blas). Nel 1835 mette in scena un Otello al teatro della Porte Saint-Martin, ma lo spettacolo viene vietato fin dalla première per ordine della Comédie Française, che vuole salvaguardare la propria esclusiva sul patrimonio classico e i cui rapporti con Lemaître (e con il Boulevard du Temple in generale) sono assai tesi.

Il tempestoso Lemaître eccelle nel portare in palcoscenico tutte le passioni focose del giocatore, del ladro, dell'ambizioso; è l'attore del gesto improvviso, del lampo inatteso, del furore, dell'eccesso, non recita mai due volte lo stesso ruolo nello stesso modo. Disprezzato dalla Comédie Française, il 'Talma dei boulevard' imperversa nei teatri parigini e inglesi, inanella drammi e commedie e sembra imitare la vita 'sregolata e geniale' del suo idolo britannico Kean. Ama le donne, ama spendere il denaro, gli capita di presentarsi in scena ubriaco. Dai tempi di L'Auberge des Adrets, adora abbandonarsi a improvvisazioni eccentriche, non esita a interpellare direttamente il pubblico, a maltrattare un cattivo musicista, a fare una battuta salace, cosa che gli procura noie con la stampa e con la polizia. Arriva povero alla vecchiaia, i suoi mobili vengono venduti all'asta. Muore consumato da una vita di eccessi, lasciando un grande vuoto nel dramma e nella commedia teatrale.

 

Pierre-François Lacenaire

Lacenaire era già da tempo uno degli eroi di Jacques Prévert, che gli attribuisce una parte fondamentale nella sceneggiatura di Les Enfants du Paradis. Prévert avrebbe addirittura voluto scrivere un intero film sulla vita di questo dandy scrittore e anarchico. Nel film di Carné, Lacenaire è un doppio dello sceneggiatore Prévert: per esempio confida a Lemaître che sta scrivendo "una piccola storia piena di gaiezza e di malinconia. Due esseri che si amano, si perdono, si ritrovano e si perdono di nuovo" - appunto la storia di Les Enfants du Paradis. Lacenaire spiega anche ironicamente al conte di Montray, durante la prima di Otello: "Sto per portare a termine una cosa veramente appassionante, che farà rumore...". Prima di uccidere il conte, alla fine del film, Lacenaire lo avverte che "la pièce ora è terminata". Lacenaire è il vero manovratore di questo dramma romantico.
Prévert ha sicuramente divorato le Memorie di Lacenaire. Si sa che ha avuto tra le mani l'opera di Lucas-Dubreton, Lacenaire ou le romantisme de l'assassinat (1930). Marcel Herrand, che interpreta il ruolo di Lacenaire, a sua volta lavorò molto sul personaggio, ispirandosi ai ritratti pubblicati all'epoca per riprodurne l'acconciatura, i favoriti, il portamento, e raggiungendo una somiglianza sorprendente.


Pierre-François Lacenaire (1803-1836), figlio di un agiato mercante di seta che, come il padre di Deburau, aveva dodici figli, si mostra turbolento fin dall'infanzia. Cacciato da diversi collegi per comportamento irreligioso, comincia a derubare suo padre che decide di spedirlo a Parigi. Ha venticinque anni. Mentre passano insieme davanti a un'esecuzione pubblica, il padre gli indica la ghigliottina: "È lassù che finirai!". "Da quel momento, si stabilì un legame invisibile tra me e quella macchina spaventosa. Quante volte sono stato ghigliottinato in sogno!", dirà Lacenaire.

Snello, delicato, sempre vestito con grande cura, Lacenaire ha avventure con entrambi i sessi. Dotato di uno spirito vivo e crudele, orgoglioso ed egoista, commette il suo primo omicidio a Verona sparando freddamente a uno svizzero che lo sospettava, non senza ragione, d'essere un falsario. Fugge, si arruola nell'esercito, diserta, quindi ritorna a Parigi. Qui decide di impegnarsi nel suo "duello contro la società": "Mi sono deciso a diventare un flagello". Impara l'argot parigino (adora le Memorie di Vidocq), ma si fa arrestare nel 1829 per un furto banale. All'uscita dalla prigione, diventa per breve tempo copista e pubblico scrivano, e fatica a guadagnarsi da vivere. Vuole uccidere Eugène Scribe, scrittorucolo molto in voga all'epoca. Questi lo riceve generosamente e gli dà persino del denaro. "Ne serbo un religioso ricordo", dirà Lacenaire, "ma se M. Scribe m'avesse sbattuto la porta in faccia oggi non farebbe più né il vaudeville né l'opera né la commedia...". Prévert sostituirà Scribe con Frédérick Lemaître nella famosa scena che si volge nel camerino dell'attore.

Lacenaire è di nuovo arrestato nel 1832 per furto di posate d'argento in un ristorante - anche questo un episodio trattenuto da Prévert. A Poissy, Lacenaire incontra il suo futuro braccio destro: Victor Avril, un furfantello quasi analfabeta. Si lega anche ad Altaroche, un ricercato politico che gli promette di pubblicare qualcuno dei suoi testi nella sua rivista "Le Bon Sens". Lacenaire, che ha ambizioni letterarie, ama diffondersi in versi autobiografici. È delinquente e poeta, come Villon, ed è questo che ha colpito Prévert. Ma Altaroche non mantiene la promessa. Poco importa, Lacenaire si fa ugualmente una fama pubblicando altrove alcuni testi arguti. Scrive ad esempio una poesia che sbeffeggia la buona società, intitolata Lo straccivendolo (che ha probabilmente ispirato Prévert per il personaggio interpretato da Pierre Renoir) e alcuni formidabili versi in argot.

Uscito di prigione, Lacenaire ha una nuova idea: attirare impiegati di banca in una camera affittata all'uopo, per ucciderli e derubarli. Per farlo gli basta fabbricare cambiali pagabili a Parigi, affidarne la riscossione ai bancari e dar loro appuntamento al luogo convenuto. I primi due tentativi falliscono: i ragazzi della banca non si fidano a entrare nei tuguri affittati da Lacenaire. Capisce che gli occorre del denaro per trovare un alloggio presentabile. La vittima sarà la "zia Madeleine", un ragazzo conosciuto in prigione, che era stato arrestato per oltraggio al pudore e s'era poi riciclato con successo come venditore di oggetti devozionali - particolari questi che conquistarono definitivamente Prévert. Il 14 dicembre 1834, Lacenaire e Avril uccidono il ragazzo e la madre di lui, accoltellandoli selvaggiamente nella loro casa. Quindi con tutta calma vanno a lavarsi in un bagno turco, altro particolare che colpirà molto Prévert.

Con il denaro rubato, Lacenaire affitta un appartamento a rue Montorgueil e fabbrica le cambiali necessarie. Avril, arrestato per strada, viene rimpiazzato da un tal François Martin. Ma anche stavolta le cose vanno storte: il cassiere, colpito da una coltellata, si difende vigorosamente. I due assassini si danno alla fuga senza il loro bottino: scena che ritorna tal quale in Les Enfants du Paradis. Lacenaire, scaricato dai suoi vecchi complici, cade a sua volta in trappola. Ma il nuovo arresto gli offre l'occasione di interpretare il ruolo della vita, di brillare agli occhi di una società che aborre e di cui allo stesso tempo ricerca il plauso: "Non avete idea di quante volte ho sognato un trionfo sul palcoscenico". L'assassino poeta, pallido ed elegante nel suo abito nero, attira l'attenzione di tutti, soprattutto quella delle giovani donne romantiche. In prigione, riceve le visite di personalità parigine, di dame della migliore società. Ne approfitta per scrivere le sue Memorie, che usciranno dopo la sua morte (e purtroppo dopo l'intervento della censura). Nel corso del processo pronuncia un discorso cortese, ironico, forbito, mentre i suoi compari a mala pena riescono a esprimersi in modo comprensibile. Lacenaire ha cura di fornire tutte le prove a loro carico, in modo che siano parecchie le teste a cadere insieme alla sua. Confessa tutto, con abbondanza di racconti sulla sua vita e la sua filosofia, apparentemente del tutto indifferente alla ghigliottina che lo aspetta. Il 9 gennaio 1836 sale al patibolo con dignità e sangue freddo, insieme ad Avril con il quale s'è infine riconciliato. La mano affusolata del poeta e assassino Lacenaire, tagliata, sarà a lungo conservata in formalina da Maxime Du Camp e ispirerà una poesia a Théophile Gautier, affascinato dalla strana reliquia.




Boulevard du Temple, Boulevard du Crime

Il Boulevard du Temple, soprannominato Boulevard du Crime per via dei drammi cruenti messi in scena sulle assi dei suoi numerosi teatri, oggi non ha più nulla a che vedere con i luoghi meravigliosamente ricostruiti in Les Enfants du Paradis. La colpa è del barone Haussmann, il distruttore della vecchia Parigi.
L'attuale Boulevard du Temple è un pallido riflesso dell'antico Boule­vard du Crime, lungo 527 metri, che cominciava nello stesso punto ma che si estendeva fino all'incrocio tra rue du Temple e rue Fauborg du Temple. Costruito tra il 1656 e il 1705, fiancheggiato da grandi alberi, divenne rapi­damente la passeggiata alla moda di Parigi. Osti e pasticcieri vi portarono i loro banchetti, seguiti da giocolieri e prestidigitatori che installorono qui i loro baracconi di tela e poi di legno. Nel 1791 si contavano una dozzina di baracconi, e anche numerosi caffè (L'Èpi-Scié, Paphos, Le Grand Turc...). Venditori di cocco e di biscotti, imbonitori, illusionisti, addestratori di pulci, ercoli da fiera, mangiatori di serpenti, gabinetti di figure di cera, spettacoli di fantasmagoria: tutto un mondo variopinto si snoda lungo il boulevard, in mezzo a tutti quelli che si dirigono gioiosamente verso i tanti piccoli e grandi teatri costruiti nel corso degli anni.




Sul lato dei numeri pari del Boulevard du Temple si trovano le sale più importanti: il Théâtre Lazzari, costruito nel 1777, che diventerà il le Variétés-Amusantes dove reciterà Lemaître; il teatro di Madame Se­qui (1768), più tardi demolito per costruire i Délassements-Comiques (1841); il suo rivale Théâtre des Funambules, aperto nel 1816 con 780 po­sti il cui prezzo variava da 0,25 (nel paradis) a 1,50 franchi; il Théâtre Ni­colet (1760), sostituito nel 1806 dalla Gaiété; il Théâtre d'Audinot (1769) con le sue marionette, che nel 1789 diventerà l'Ambigu-Comique sul cui palcoscenico Lemaître trionferà nell'Auberge des Adrets, e poi si trasforme­rà nelle Folies-Dramatiques; il Cirque Olympique di Antoine Franconi (1788); il teatro dei Pigmei (1811) dove si esibiscono Bobèche e Galima­fré, due personaggi di rilievo del Boulevard; il Théâtre Robin (1862), dove regnano la lanterna magica, la fantasmagoria e gli spettri viventi. Ed è sul Boulevard du Temple che il corso Fieschi, il 28 luglio 1835, farà scattare la sua machine infernale destinata a uccidere Luigi Filippo.




Norme draconiane e spesso bislacche regolano la vita di questi piccoli teatri il cui successo scatena la gelosia delle grandi sale ufficiali. L'Alma­nach des spectacles nel 1822 ci informa che ai Funambules "l'attor giovane romantico non può prendere parte all'azione e occuparsi dei suoi affari di cuore senza prima aver fatto qualche salto e qualche capriola. Per ordinan­za reale è tenuto a entrare in scena sulle mani". Ed è infatti così che l'illu­stre Frédérick Lemaître fu costretto a debuttare, il 28 dicembre 1816, nella première di Evariste ai Funambules. Questo regolamento venne ricopiato da Joseph Kosma sulla prima pagina della partitura manoscritta originale di Les Enfants du Paradis, composta a Cannes tra l'agosto e l'ottobre 1943.
C'è poi il carnevale, tra novembre e marzo, che non è mai stato così ru­moroso, così allegro, così animato come durante l'epoca romantica, persino nei terribili anni del colera. Frenesia e baccano raggiungono il massimo grado, trascinando con sé un fiume in piena di uomini e donne travestiti e mascherati, una farandola che scorre lungo l'intero boulevard. Carri ricca­mente decorati seguono la corrente. Napoleone aveva ristabilito il corteo del Bue grasso, simbolo di prosperità. Ogni anno il corteo ha un tema diverso, legato all'attualità letteraria: Il conte di Monte Cristo di Dumas, Papà Goriot di Balzac... Lo stesso Victor Hugo si lasciò trascinare, come Baptiste, dalla folla: "Le maschere cenciose e sporche di fango scendevano gridando dalla Courtille e inondavano il Boulevard du Temple. Erano ubriachi e lo ero anch'io; loro di vino, io d'amore" (lettera a Juliette Drouet, 1849).
Nel 1862 la creazione, voluta da Haussmann, di Place de la Républi­que fece sparire, nonostante le proteste dei parigini, tutta la parte nord-est del Boulevard du Temple, dove sorgevano i teatri e s'allineavano i caffè. Il teatro dei Funambules venne abbattuto il 14 luglio 1862. Oggi nulla più permette di ritrovare la minima traccia di tutto questo passato d'arte, dell'angolo che fu il più vivo di Parigi, dove certe sere più di ottomila per­sone si mettevano in fila ai botteghini... Di questo mondo meraviglioso e scomparso, Les Enfants du Paradis ci offre qualche lucente memoria.

 




I testi sono tratti da Les Enfants du Paradis, a cura di Laurent Mannoni e Stéphanie Salmon, ed. Cinémathèque Francaise, Fondation Jérôme Seydoux-Pathé, Xavier Barral 2012. Contenuti nel libretto del Dvd Les Enfants du Paradis (Edizioni Cineteca di Bologna, 2013)