Soundscape

Soundscape

In Eraserhead, con la musica acidula dell'organo Hammond di Fats Waller e il canto tremolante della Signora del termosifone, nasce inoltre un concetto musicale tipicamente lynchano, anche se riuscirà davvero a padroneggiarlo definitivamente soltanto in seguito: la sensazione dello strumento o della voce in assolo come denudati, fragili, tremanti nel vuoto. È infatti questo il suono che, con l'aiuto di Angelo Badalamenti, il suo futuro Nino Rota, Lynch ritroverà in Velluto blu e più chiaramente ancora in Cuore selvaggio e nell'album Floating Into the Night, trasformandolo in un personalissimo clima musicale, in particolar modo attraverso il filo di voce della cantante Julee Cruise. Un altro aspetto interessante e specifico della musica in Lynch, da Eraserhead in poi, è la confusione di sacro e profano: la musica allegramente swingata di Fats Waller evoca anche, con le sue sonorità d'organo, le volte della chiesa, e ha qualche somiglianza con il cantico della Signora del termosifone.
Ma la forza dell'impianto sonoro del film sta soprattutto nel fatto che non c'è continuità tra ambiente e musica. Si passa in tutta naturalezza da un rumore burrascoso che evoca una tempesta o una macchina, a un tremolo musicale tenuto di natura melodrammatica o estatica, come quando Henry scopre che il Baby è malato, e uno dei raccordi più traumatici del film ci mostra la sua testa coperta improvvisamente di pustole e di bolle: un accordo d'organo elettronico esplode allora brutalmente, succedendo a un gorgoglio di caldaia, cui si lega senza alcuna rottura estetica.
Di Lynch si può dire che ha rinnovato il cinema attraverso il suono: se il suo 'découpage' visivo resta classico e trasparente - ma con una sorta di deformazione che attesta una volta di più la forza del cinema, dove il minimo scarto in rapporto alle regole risulta tanto ricco di effetti - il suo 'découpage' sonoro è decisamente personale. Il suono ha una funzione precisa, quella di spingerci avanti nel film, di farci subito sentire al suo interno, avviluppati dalla sua durata.
(Michel Chion, David Lynch, Lindau, Torino 2000)




Per quanto riguarda il complesso 'ambiente sonoro' di Eraserhead, è necessario tornare a quesiti fondamentali sull'origine del fuori campo del film, definito da molti commentatori 'assoluto'. Da dove provengono i rumori industriali che, onnipresenti ed eccessivi, accompagnano Henry per tutto il film? Si tratta di suoni off, di cui la fonte viene tenuta fuori campo, oppure sono rumori 'finti' che non hanno derivazione, che mirano a suggerire l'idea di un riferimento ambientale più che rimandare con precisione a un contesto industriale? Non si tratta semplicemente di suoni di carattere macchinico, quanto di una sinfonia proteiforme composta da stridii, fischi, rombi e boati, generante un frastuono invisibile che rimanda anche, spesso con chiarezza (si veda in proposito la sequenza notturna della fuga di Mary), a rumori naturali, vento e tuoni, quasi lo scopo della colonna audio fosse quello di ibridare l'aspetto dei diversi suoni, naturale e industriale, di contaminarli e diffonderne la presenza, per raccontare una città deserta, svuotata della presenza umana ma non per questo divenuta silente. Quando Lynch definiva Eraserhead un "film su Philadelphia" denunciava una fonte d'ispirazione importante. Negli anni della lavorazione, il regista visse con la famiglia in una zona industriale della città, violenta e abbandonata, e da questa esperienza rimase profondamente scosso. La città del film, che si sente e non si vede, che incombe come una presenza inquietante su chi la vive, nelle cui strade la gente si uccide e in cui le persone normali non si vedono in giro, forse impaurite dall'oscurità e dal degrado dilaganti, funge da sfondo naturale indispensabile al testo per caricarsi di ambiguità e al contempo potenziare la propria caratteristica misura angosciante.
(Marco Giallonardi, Eraserhead. La mente che cancella, in David Lynch, a cura di Paolo Bertetto, Marsilio, Venezia 2008)




In che misura hai lavorato sulle modalità espressive dei personaggi di Eraserhead?I rari dialoghi del film sembrano pronunciati in una maniera tutta particolare.
Be', dovevano dare quest'impressione. Derivò tutto dalle prove: infatti i personaggi avrebbero potuto parlare in molti modi, tutti completamente fuori luogo. Perciò mi sforzai di trovare quello più appropriato, tanto per ciascuno di loro che per l'atmosfera generale. Mi calai all'interno delle varie sfumature verbali: forti, sommesse e quant'altro. Si possono considerare i dialoghi alla stregua di effetti sonori o musicali, ma nonostante ciò conservano attinenze con i personaggi; quindi, una volta scoperta la chiave, l'espressione corretta viene di conseguenza. Se tutto va bene parecchi di questi elementi emergono quasi subito e vengono fissati una volta per tutte.

Anche la colonna sonora possiede una certa densità: una 'presenza' costante, quasi subliminale.
Sono assolutamente affascinato dalle presenze, da quello che si è soliti definire 'tono locale': il suono che si avverte nel silenzio, tra una parola e l'altra o tra una frase e l'altra. È un aspetto molto delicato, poiché dentro questa sorta di ambiente sonoro apparentemente tranquillo si possono inserire delle sensazioni che contribuiscono a costruire l'immagine di un universo più ampio.

Una di queste 'presenze' pare essere l'elettricità: il rumore e la potenza prodotti dalla corrente elettrica. Eraserhead è solamente la prima manifestazione della tua attrazione per l'elettricità. Di che si tratta esattamente?
Anche in questo non ci capisco granché... Be', esistono cose che penetrano fin dentro il luogo in cui vivi... entità generate o create all'esterno, ognuna delle quali allude al senso del tempo, alla vita. E se poi in tutto ciò c'è qualcosa che non va o che non funziona come si conviene, il fatto può anche rivestire qualche altro significato. Si dà il caso che mi piaccia l'elettricità, ma non è che le nuove spine che si usano qui in America mi facciano proprio impazzire. Amo tutto ciò che riguarda l'elettricità degli anni trenta e quaranta, e anche quelle fabbriche con le ciminiere. Il fuoco, il fumo, il rumore. I suoni si sono sempre più affievoliti: il ronzio di un computer è un gioco da ragazzi in confronto alla potenza nell'accezione vera del termine. E malgrado in quel computer ci sia una grande quantità di energia, la sua natura è del tutto diversa, e non mi fa provare nessuna emozione.

(David Lynch, Io vedo me stesso, a cura di Chris Rodley, il Saggiatore, Milano 2016)