Hitchcock al lavoro

In origine Hitchcock lesse il racconto di Daphne du Maurier in una delle antologie pubblicate con il suo nome. L’autrice descrive una serie di attacchi contro gli esseri umani da parte di uccelli, dal punto di vista di un fattore della Cornovaglia. “L’ho letto una volta sola” disse il regista “e oggi non sarei in grado di dire di cosa tratta”.
Il ritmo del film è dettato dal comportamento degli uccelli tanto quanto lo è il racconto: attacco, ritirata, raggruppamento per un nuovo attacco. […] Trasportata nel nord della California, la trama mantiene l’atmosfera invernale della Cornovaglia. Norman Deming, direttore della produzione, osservava in un appunto che le riprese, che ebbero inizio a marzo, si sarebbero effettuate “con qualunque tempo”; e dopo aver visto i primi rush, il responsabile del Technicolor scrisse in una lettera: “Sembra che le piaccia il tempo piuttosto cupo indispensabile per l’atmosfera di questa storia”. In realtà Hitchcock non era d’accordo con la decisione di filmare col brutto tempo. Raccontò ad Albert Whitlock che aveva lasciato l’Inghilterra per le pessime condizioni delle riprese in esterni.

(Bill Krohn, Alfred Hitchcock al lavoro, Rizzoli 2000)




François Truffaut: La storia è costruita in modo molto soddisfacente rispettando le tre unità della tragedia classica: unità di luogo, di tempo e di azione. Tutta l’azione si svolge a Bodega Bay in due giorni, gli uccelli sono sempre più numerosi e più cattivi. Il meccanismo del racconto era eccellente fin dall’inizio, anche se il soggetto è stato difficile da sistemare, credo proprio che lo sia stato.

Alfred Hitchcock: Mi piacerebbe spiegarle le emozioni che ho provato... Mi vanto sempre di non guardare la sceneggiatura mentre sto girando il film. Conoco il film a memoria, completamente. Ho sempre avuto paura di improvvisare sul set, perché al momento delle riprese, se si trova il tempo di avere delle idee, non si trova il tempo di esaminarne la qualità. Ci sono troppi operai, elettricisti e macchinisti e sono molto scrupoloso con le spese inutili. Non potrei veramente imitare quei registi che fanno aspettare tutta un’équipe, mentre loro si siedono per riflettere, non potrei mai fare così.
Ma sono stato molto agitato ed è raro che mi capiti, perché di solito scherzo molto durante le riprese. La sera, quando tornavo a casa e trovavo mia moglie, ero ancora turbato, emozionato. Qualcosa è accaduto, una cosa completamente nuova per me: mi sono messo a studiare la sceneggiatura durante le riprese e vi ho trovato dei punti deboli. Questa crisi che ho attraversato ha risvegliato in me qualcosa di nuovo dal punto di vista della creazione.
Mi sono lasciato andare a delle improvvisazioni. Per esempio, tutta la scena dell'attacco esterno sulla casa, dell’assedio della casa da parte degli uccelli che non si vedono, è stata improvvisata sul set. Non mi era quasi mai accaduto, ma non ci ho messo molto a decidermi e ho disegnato rapidamente i diversi movimenti dei personaggi. Ho deciso che la madre e la ragazzina si sarebbero spostate per cercare un riparo. Ma le ho fatte muovere in diverse direzioni, affinché si spostassero come degli animali, come dei topi che scappano in tutti gli angoli.
Melanie Daniels l’ho ripresa intenzionalmente a distanza, perché ho voluto mostrare che si ritirava davanti al nulla. Da cosa si ritirava? È spinta sempre più contro il muro. Si sposta indietro, si allontana, ma non sa neanche da cosa si allontana.
Tutto ciò mi è venuto rapidamente e senza difficoltà, per lo stato emozionale in cui mi trovavo.

(François Truffaut, Il cinema secondo Hitchcock, Pratiche Editrice 1996)




L’operatore Robert Burks, veterano dei film di Hitchcock, collaborò con l’esperto degli effetti speciali, Bud Hoffman, sperimentando una combinazione di foto di uccelli veri ed effetti ottici, e Hitchcock si convinse che questa tecnica ibrida andasse nella giusta direzione. Boyle propose anche di provare un vecchio procedimento chimico a base di vapore di sodio, messo a punto dal celebrato pioniere dell’animazione, Ub Iwerks, negli studi della Disney, dove era conservato il prisma usato per il procedimento. Hitchcock invitò Iwerks […] a dirigere gli effetti visivi degli Uccelli, con il ruolo di consulente speciale per la fotografia. Il suo primo compito fu la scena, basata sull’incidente di La Jolla, in cui il soggiorno di casa Brenner viene invaso da passeri (in realtà si tratta di un misto di rondini, fringuelli e zigoli) che irrompono dal caminetto. Sul set, la stanza fu avvolta da un foglio di polietilene, che lasciava passare la luce ma intrappolava gli uccelli che venivano freneticamente sballottati da correnti create da bocche d’aria. Vennero poi fatte sulla pellicola delle sovraimpressioni quadruple di uccelli, che Iwerks aveva fotografato mentre volavano in una cabina di vetro. I pennuti alla fine si vendicarono di queste torture, infestando di pidocchi tutta la troupe.
Alcuni uccelli di cartapesta, creati dal responsabile degli effetti speciali, Lawrence Hampton, compaiono nel film […]. Nella maggior parte dei casi, comunque, gli uccelli sono veri. Hitchcock insistette perché fossero “uccelli domestici” e non avvoltoi o altri rapaci. Fu una decisione che per alcune riprese richiese una notevole dose di ingegno. Per esempio, ci vollero 6.500 metri di pellicola e tre giorni per filmare la discarica di San Francisco, dove fu accatastata della spazzatura fresca allo scopo di invogliare i gabbiani a tuffarsi in picchiata. Per realizzare lo spettacolare ‘volo d’uccello’ sui gabbiani che si librano sulla città di Bodega Bay in fiamme, un operatore salì su una “scogliera alta una trentina di metri” nell’isola di Santa Cruz, al largo di Santa Barbara, mentre venivano buttati dei pesci al volo ai gabbiani lungo la scarpata.

(Camille Paglia, Gli uccelli di Alfred Hitchcock, Liberal Libri 1999)




Una delle inquadrature più spettacolari di Gli uccelli è quella che mostra in campo lungo dei gabbiani che scendono ad attaccare una città. Ma non avevamo a disposizione una città, avevamo soltanto un molo e poco altro. Così abbiamo posizionato la macchina da presa su una collina degli studios dove stavano costruendo un parcheggio. Nella nostra scena doveva esserci un chiosco di benzina in fiamme con una striscia di benzina che si muoveva verso un parcheggio. Questo set venne costruito in studio, ma per il resto non avevamo nulla. Avevamo semplicemente segnato delle linee a terra in modo che la gente corresse nella direzione che noi desideravamo. Il matte-artist dipinse una vista da sopra il porto, colorando di nero la porzione con le fiamme e la gente che correva. Queste due immagini sono state stampate assieme. Così, quando guardiamo lo schermo, è come se ci trovassimo su un elicottero o una mongolfiera. Si vede un’intera città, un’esplosione e la gente che fugge.
Il problema successivo era quello di far scendere in picchiata gli uccelli. Affittammo un’isola lontano dalla costa e piazzammo la macchina da presa su un’alta scogliera. Attiravamo i gabbiani con dei pesci dietro la macchina da presa e gettavamo i pesci dalla scogliera. Un’altra macchina da presa si trovava sulla spiaggia sottostante. Quando vedemmo la pellicola sviluppata ecco cosa ammirammo: una scogliera, onde, una spiaggia e i gabbiani che volavano verso il basso.
Poi, due donne, con un lavoro su poco più di cinque metri di pellicola ma che durò tre mesi, dipinsero a mano, fotogramma per fotogramma, ogni singolo uccello su uno sfondo e la silhouette di ogni uccello. In questo modo gli uccelli vennero stampati sulla scena nella quale li si vede scendere in picchiata. Tre mesi di lavoro per poco più di dieci secondi sullo schermo!

(Alfred Hitchcock, È un uccello, è un aereo, è… Gli uccelli, in Hitchcock secondo Hitchcock, Baldini & Castoldi 1996)




La ‘colonna sonora’

F.T.: Una discussione sugli Uccelli sarebbe molto incompleta se non si parlasse della colonna sonora. Non c’è musica, ma i rumori degli uccelli sono stati elaborati come una vera partitura. Penso per esempio a una scena puramente sonora, l'attacco dei gabbiani alla casa.

A.H.: Quando ho girato questa scena dell'attacco dall'esterno, con i personaggi terrorizzati nella casa, la difficoltà stava nell'ottenere delle reazioni da parte degli attori, partendo da zero, perché non avevamo ancora i rumori delle ali e le grida dei gabbiani.
Allora avevo fatto portare un piccolo tamburo sul set, un microfono, un altoparlante e ogni volta che gli attori interpretavano le loro scene di angoscia, il rullio del tamburo li aiutava a trovare la giusta espressione. Poi ho chiesto a Bernard Herrmann di fare la supervisione del suono in tutto il film. Ascoltando dei musicisti, quando compongono o orchestrano un pezzo o anche quando l'orchestra accorda gli strumenti, ci accorgiamo che capita loro di fare non della musica, ma dei puri suoni. Ecco ciò di cui ci siamo serviti per l'intero film. Non c'era musica.

(François Truffaut, Il cinema secondo Hitchcock, Pratiche Editrice 1996)




Di tutte le improvvisazioni nate nel corso delle riprese de Gli Uccelli, la più arrischiata è senza dubbio la famosa colonna sonora, che Hitchcock descrisse a Truffaut con una particolare fierezza nel loro primo incontro. Non disse però che il film doveva avere in origine una colonna sonora ‘normale', con vere strida di uccelli. Durante le riprese, la sua assistente Peggy Robertson ricevette una lettera da Remi Gassman. Questo compositore tedesco di musica elettronica scrisse a Hitchcock su consiglio di Saul Bass. Gassman spiegò che, grazie a una tecnologia sviluppata in Germania, i suoni – “rumori quotidiani con musicalità ed effetti esoterici” – potevano ora essere creati con mezzi elettronici, e portare una nuova dimensione nel cinema. Robertson rispose a nome di Hitchcock che nonostante fosse occupato, era interessato.
Mentre le riprese proseguivano, il regista mandò in Germania il primo montaggio di una bobina con l’attacco a casa Brenner – unica sequenza in cui si sentono gli uccelli senza vederli – perché Gassman e i suoi colleghi potessero dare una dimostrazione della loro nuova tecnologia aggiungendo strida elettroniche. Dopo aver ascoltato il risultato, Hitchcock decise che la colonna sonora sarebbe stata composta da un mix di strida vere ed elettroniche, nonostante gli avvertimenti del responsabile del suono della Universal. Secondo quest’ultimo, il regista giocava con il fuoco affidandosi a una tecnologia non ancora sperimentata e, nel pieno della post-produzione, il carattere innovativo degli effetti speciali visivi aveva già provocato un abbondante ritardo.
Il perfezionamento di questa colonna sonora altrettanto innovativa, creata da Hitchcock e dal compositore Bernard Herrmann, fu effettuato a Berlino con la supervisione di Gassman e del suo collega compositore Oskar Scala.

(Bill Krohn, Alfred Hitchcock al lavoro, Rizzoli 2000)