Il regista a proposito del film

Il regista a proposito del film

Per tutta la mia carriera ho fatto film che hanno raccontato storie intrecciando brandelli e frammenti di svariati film provenienti da differenti archivi. Come si può vedere nei miei primi lavori come Footprints (1992), The Film of Her (1996), e Decasia (2002), e nei successivi Spark of Being (2010), The Miners’ Hymns (2011), Just Ancient Loops (2012), The Great Flood (2014). In qualunque modo si vogliano classificare i miei film, documentari, fiction o altro, per ognuno di loro ho setacciato gli archivi a caccia di quelle immagini che mi potessero far arrivare da un punto A a un punto B costruendo una storia. Progressivamente ho maturato la capacità di costruire storie sempre più complesse e stratificate utilizzando i materiali d'archivio; le immagini sono lì fuori che mi aspettano e, se sono in grado di ascoltarle, sono loro a guidarmi.
Si può fare un paragone diretto tra il mio ultimo film Dawson City, e un film che ho fatto vent'anni fa, The Film of Her. Entrambi raccontano la storia della riscoperta di un archivio a lungo dimenticato utilizzando i film di quell'archivio e altri materiali di supporto. Certo, Dawson City ha una lunghezza dieci volte superiore e incrocia molte altre storie. Ma è anche fortemente ancorato ai fatti storici, e cita le sue fonti come parte integrante della sua forma narrativa. The Film of Her era in parte documento e in parte finzione, muovendosi liberamente sui due piani per creare una mitologia. In questo senso sono film molto differenti. Se da una parte non mi è mai piaciuto essere etichettato come un tipo o quell'altro di filmmaker, negli ultimi anni se non altro ho utilizzato di più il termine 'documentario', poiché mi sembra abbracciare in modo più pieno e comprensibile il tipo di cinema che mi interessa.



La scoperta del deposito di Dawson City è avvenuta nel 1978 e i film sono stati restaurati e catalogati a partire dal 1979. Ne sentii parlare per la prima volta quando ero studente d'arte alla Cooper Union nei tardi anni Ottanta. Pare che gli archivisti e i cinefili della mia generazione (quella dei cinquantenni) abbiano una certa familiarità con questa storia, mentre la maggior parte dei più giovani non ne hanno mai sentito parlare. C'era un solo articolo accademico sulla collezione, scritto da Sam Kula, direttore degli archivi audiovisivi dei National Archives of Canada, intitolato: Up From the Permafrost: The Dawson City Collection. Da quando ne sentii parlare, immediatamente rappresentò per me uno di quei grandi progetti da tenere nel cassetto, nella speranza un giorno di poterlo realizzare con lo stile utilizzato per The Film of Her.
Poi nel marzo del 2013 Paul Gordon mi invitò a mostrare alcuni miei lavori al Bytowne Cinema di Ottawa, nell'ambito di una rassegna organizzata con amici denominata Lost Dominion Screening Collective. Paul disse anche di aver lavorato come conservatore cinematografico presso la Library and Archives Canada, e che se avessi voluto lavorare con la loro collezione, lui avrebbe potuto essere un buon punto di contatto. Gli ho chiesto della collezione di Dawson City e mi ha confermato che erano in possesso dei 145 nitrati di argomento canadese, e di copie 35mm di tutte le 533 bobine. Mi resi conto che era arrivato il momento di fare il film su Dawson City. [...] Paul mi mise a disposizione un elenco consultabile di tutti i titoli presenti nella collezione. Mi mostrò elenchi che descrivevano oscuri film di viaggio e home movies girati a Dawson o nei dintorni lungo tutto il secolo, che divennero l'asse portante nella costruzione del mio film. [...]
Feci ritorno alla LAC nel novembre del 2014, e fu in quell'occasione che scoprii le immagini delle Black Sox World Series. Nessuno era consapevole dell'esistenza di quel materiale, benché fosse stato restaurato, catalogato e conservato su uno scaffale da oltre trentacinque anni. Non sto accusando l'Archive – loro fanno il loro lavoro. Sta a noi ricercatori e storici contestualizzare questi frammenti recuperati di storia, e mostrare perché sono importanti. Ma dopo che il LAC pubblico quelle immagini e la storia uscì sui giornali quella primavera, Dawson City, la corsa all'oro e il deposito di film riguadagnarono nuovamente gli onori della cronaca in quanto retroscena di quelle rare immagini di baseball. [...]

 

A parte le scene introduttive che ci portano dal presente al 1979, un anno dopo la scoperta dei film a Dawson City, il film segue una cronologia sostanzialmente lineare dal 1846 al 1978. All'interno di questa struttura, c'erano molte storie che volevo raccontare, alcune specificatamente su Dawson City e i suoi abitanti, altre scovate nelle bobine ritrovate. Il trucco era utilizzare il footage ritrovato e altri materiali di supporto per raccontare la storia di come i film sono arrivati lì, e poi anche tirar fuori dai cinegiornali gli stessi temi contenuti nella storia di Dawson per dare un più ampio senso di come ciò che succedeva a Dawson era un microcosmo di quanto succedeva ovunque, e poteva essere campreso solo in questo contesto. Per cui saltiamo dal micro al macro, andando dal palcoscenico globale a quello locale di Dawson e viceversa, molte volte.
[...] Sono molto orgoglioso del fatto che ogni scena segue logicamente quella precedente e sfocia in quella successiva, anche se stiamo saltando in giro per il mondo o stiamo seguendo molte storie diverse a spasso per il secolo. La cosa straordinaria di una struttura cronologica è che le cose riappaiono organicamente e si possono creare connessioni con le storie precedenti senza la necessità di ribadire il loro rapporto.

 

Per me è sempre stata una storia epica. Ho sempre pensato che fosse significativo che la scoperta dell'oro a Dawson City avvenne lo stesso anno in cui le proiezioni cinematografiche di largo formato stavano prendendo piede ovunque nel mondo, e che la storia del cinema e quella Dawson City fossero interconnesse. Ma non avevo idea fino a che punto. La mia ricerca ha mostrato che svariate personalità di Hollywood sono partite o sono passate da Dawson City. Ma sono anche arrivato a comprendere come Dawson City sia per molti aspetti un luogo di finzione e di sogni. La Dawson City che i cercatori d'oro immaginavano era molto diversa da quella in cui arrivarono nel 1898. Quella città, senza una storia e senza un proprio periodo organico di crescita, era in un certo senso una riproposizione di altre città, con le loro tradizioni, il loro fascino e i loro eccessi. Le cose che vi accaddero realmente furono costantemente oggetto di arricchimenti romanzeschi o caricature, facendo a volte della città una sorta di spettacolo teatrale con personaggi bigger than life, reali o immaginari che fossero. Nel 1907 Robert Service pubblicò la sua famosa raccolta di poesie Song of a Sourdough e nel 1909 il suo romanzo, The Trail of ’98. Negli anni Venti queste storie e immagini hanno ispirato i film delle major hollywoodiane: Winds of Chance (1925), The Gold Rush (1925), The Trail of ’98 (1928). [...] Dawson è sempre stato un luogo situato tra i sogni e la memoria. C'è sempre stato un confine molto labile fra le due cose, come del resto è sempre accaduto nel cinema. Ho cercato di fare un film che si comportasse nello stesso modo.



I personaggi che sono passati attraverso Dawson City sembrano usciti da un parco tematico hollywoodiano: Chief Isaac, Jack London, Fred Trump, Sid Grauman, Tex Rickard, Klondike Kate, Alexander Pantages, Philadelphia Jack O’Brien, Fatty Arbuckle, Daniel and Solomon Guggenheim, Robert Service, William Desmond Taylor. Sono stato sopreso nell'apprendere che il nonno di Donald Trump abbia posto le basi delle fortune di famiglia mettendo in piedi un bordello destinato ai cercatori d'oro di passaggio a Whitehorse. Quando scoprii questa storia era ancora tempo di primarie, e Donald era uno dei quattordici candidati repubblicani alla presidenza degli Stati Uniti.
Altrettanto sorprendente è stato scoprire che Fatty Arbuckle calcò i palcoscenici di Dawson, [...] o che fra i materiali della collezione c'erano le immagini dell'incendio del Solax Film Lab, lo studio di produzione di Alice Guy Blaché. Così come quelle dei roghi del DAAA Theater e dell'Orpheum Theater rispettivamente del 1937 e 1940, negli home-movies originali di George Black, un cercatore d'oro diventato governatore dello Yukon e successivamente membro del Parlamento.
E ancora, il materiale sul Black Sox ha rappsentato una grande sorpesa per me e per molti altri. Come appassionato di baseball e tifoso dei White Sox, sono rimasto stupefatto dalla scoperta che sia le Word Series del 1917, che i Sox vinsero, che quella del 1919, che essi persero, fossero presenti nella collezione. [...] Mi sono accorto che nessuno si era reso conto che la Word Series del 1919 era la famosa Black Sox World Series, nella quale i giocatori dei White Sox persero intenzionalmente a favore dei Cincinnati Reds dietro pagamento di un compenso di alcuni giocatori d'azzardo di New York.
Quando parlai del film a Paul Gordon, Senior Film Conservator del LAC, questi decise di pubblicare il film sul loro canale YouTube. Io stesso ne postai un frammento sul mio account Facebook. [...] Poi Terry Mikesell, un giornalista del “Columbus Dispatch” raccolse la storia che divenne di dominio pubblico. Ne seguì un'autentica tempesta mediatica. Nella notte il video su YouTube ha ricevuto 350.000 visualizzazioni. Una settimana nel maggio del 2014 arrivai a concedere tre interviste al giorno a giornalisti americani e canadesi a proposito del film sul Black Sox. Jacob Pomrenke della Society for American Baseball Research identificò il maldestro tentativo di doppio gioco del quarto inning di Gara 1, citato in tribunale come prova del fatto che i Sox si erano venduti la serie.



Come ho detto il materiale restaurato è rimasto depositato per 38 anni. Poco è stato scritto a proposito. Non in molti l'hanno visto. Per questo ho ritenuto interessante il fatto che nel 2014 le persone che più si sono appassione ai vecchi film siano i tifosi di baseball, che si rivelano essere i nostri storici più accaniti. Penso che il frammento sulla High Heat di baseball fosse un modo interessante di iniziare il film perché è chiaramente un artefatto della nostra attuale cultura, la grafica, gli effetti sonori, la narrazione. Incontra lo spettatore attraverso il linguaggio mediatico del tempo e dello spazio in cui viviamo oggi. Da qui procediamo indietro nel tempo al 1979 quando i film furono restaurati e mostrati pubblicamente per la prima volta al Palace Grand di Dawson. Questo traiettoria mi ha consentito di procedere ulteriormente indietro nel tempo, fino agli anni della nascita della celluloide e quindi del cinema, e da lì raccontare la storia del cinema attraverso i suoi intrecci con Dawson City.

 

 

"Film Comment", 6 ottobre 2016