APPUNTI PER UN'ORESTIADE AFRICANA
(Italia/1970) di Pier Paolo Pasolini (73')
Sceneggiatura: Pier Paolo Pasolini. Commento: Pier Paolo Pasolini. Fotografia: Pier Paolo Pasolini, Giorgio Pelloni, Mario Bagnato, Emore Galeassi. Montaggio: Cleofe Conversi. Musica: Gato Barbieri, eseguita da Gato Barbieri (sax), Donald F. Moye (batteria), Marcello Melio (basso) e cantata da Yvonne Murray e Archie Savage. Produzione: Gian Vittorio Baldi per IDI Cinematografica. Durata: 73’.
Dalla Tanzania all’Uganda, Pier Paolo Pasolini percorre l'Africa cercando i corpi e i luoghi per un film in forma di ‘film da farsi’, liberamente ispirato alla trilogia dell’Orestiade di Eschilo. L’Africa, che negli anni Sessanta stava dolorosamente uscendo da secoli di colonialismo, è vista da Pasolini come lo spazio di un processo di metamorfosi dal mondo arcaico alla modernità, dove l’irrazionalità primigenia deve coesistere con il “nuovo mondo della ragione”. È la voce dello stesso Pasolini a guidare lo spettatore in un itinerario filmico che assume una natura eterogenea e ‘impura’ di saggio per immagini, analisi antropologica e diario di viaggio, con squarci visionari e poetici. Le immagini girate dal poeta-regista sui “silenzi profondi e paurosi” dell’Africa si confrontano a violente sequenze documentarie sulla guerra del Biafra, a un esperimento musicale con Gato Barbieri “nello stile del jazz”, a brani di rituali primitivi funebri o gioiosi.
L’Orestiade sintetizza la storia dell’Africa di questi ultimi cento anni: il passaggio cioè quasi brusco e divino da uno stato ‘selvaggio’ a uno stato civile e democratico: la serie dei Re, che, nell’atroce ristagnamento secolare di una cultura tribale e preistorica, hanno dominato – a loro volta sotto il dominio di nere Erinni – le terre africane si è come di colpo spezzata: la Ragione ha istituito quasi motu proprio istituzioni democratiche. Bisogna aggiungere che il problema veramente scottante e attuale, ora, negli anni Sessanta – gli Anni del Terzo Mondo e della Negritudine – è la ‘trasformazione delle Erinni in Eumenidi’: e qui il genio di Eschilo ha tutto prefigurato. Tutte le persone avanzate sono d’accordo (cfr. per esempio le testimonianze mondiali al Festival di Dakar) sul fatto che la civiltà arcaica – detta superficialmente folclore – non deve essere dimenticata, disprezzata e tradita. Ma deve essere assunta all’interno della civiltà nuova, integrando quest’ultima, e rendendola specifica, concreta, storica. Le terribili e fantastiche divinità della Preistoria africana devono subire lo stesso processo delle Erinni: e divenire Eumenidi. Queste sono le ragioni strutturali di una trasposizione dell’Orestiade nel mondo africano.
(Pier Paolo Pasolini, 1969)