Adolescenti vs adulti

Adolescenti vs adulti

Ma qual è il tema de Il giardino delle vergini suicide? La giovane regista sa di aver letto raramente uno scritto come quello, capace di dipingere con sincerità totale la reale condizione dell’adolescenza. Ossia quel periodo della vita in cui il sentimento totalizzante del primo amore può diventare tutt’uno con l’ossessione, quando la malinconia è sempre in agguato, pronta a dirottare su percorsi imprevisti. Soprattutto Sofia sa che quel romanzo non vuole fornire ai lettori una spiegazione al gesto delle giovani protagoniste, perché sarebbe solo fatica inutile: nessuno può affermare con ragionevole certezza di capire che cosa passa nella mente di un adolescente, né tanto meno può provare a convincerlo che la sua è una condizione privilegiata, perché priva di tutti quegli obblighi di cui la vita adulta è prodiga. […] Sofia dunque non profana il mistero che avvolge le Lisbon, semplicemente lo osserva, registrando con discrezione gli effetti, le tracce che la loro esistenza ha lasciato nella vita di chi le ha conosciute.
Maria Francesca Genovese, Sofia Coppola. Un’icona di stile, Le Mani, Genova 2017


Il conflitto generazionale qui non si configura come un dissidio fra persone che credono in valori differenti, assume piuttosto la forma di una diffusa e malinconica insofferenza dei giovani per un mondo vacuo, dentro al quale gli adulti si sono narcotizzati (esemplare, al riguardo, la sequenza finale della festa in società), erigendo una struttura fatta di doveri scolastici, familiari e sociali che permetta loro di eludere la verità. Come dichiara uno dei ragazzi alla fine del film, il loro universo si riduceva ad “uno strano vuoto modellato armoniosamente da ciò che lo circondava”. Per resistere, occorre rimanere aggrappati alla gioventù: le sorelle Lisbon e i loro ammiratori seguono questa strada, le une in maniera più traumatica e radicale, gli altri cercando di recuperare, attraverso una canzone o un oggetto, qualche brandello di emozione adolescenziale. Senza darlo a vedere, il film della Coppola parla, in fondo, della vecchiaia, intesa come usura dei sentimenti, graduale scomparsa della vitalità, difficoltà a raccordare la propria esistenza a motivazioni forti e personali.
Leonardo Gandini, "Panoramiche", autunno 2000


Se la struttura del romanzo e del film si basa sul racconto dei ragazzi, la strategia visiva della Coppola si fonda sul mostrare le ragazze. Sempre di più, man mano che la storia avanza, ci fa entrare dietro le porte chiuse in modi che vanno al di là dell’immaginazione dei ragazzi/narratori. I momenti privati, poco affascinanti, poco piacevoli. Il dolore (la disperazione di Cecilia, lo strazio di Lux). In una serie d’immagini scopriamo che si tratta di ragazze vere, vive, che respirano, che sudano, che hanno le mestruazioni. Le vediamo mentre si dipingono le unghie dei piedi, mentre poltriscono tra cameretta e bagno, si annoiano, giocano con elastici e braccialetti di plastica aggrovigliati, sfogliano riviste di moda e cataloghi di viaggi, lanciano occhiate ai ragazzi. Le vediamo disordinate, infelici, desiderose, meschine, eccitate. Vediamo il loro desiderio, soprattutto il desiderio per Trip di Lux, che quasi lo divora mentre si baciano nella sua auto. E la realtà delle ragazze, per la Coppola, è affascinante, misteriosa e complicata – un tema che estenderà a molti dei suoi film successivi, tra cui il racconto gotico del desiderio femminile del 2017, L’inganno.
Megan Abbott, The Virgin Suicides: “They Hadn’t Heard Us Calling, www.criterion.com”


A differenza dei classici film ‘per ragazze’, che trattano il periodo dell’adolescenza come una fase di transizione dall’ingenuità infantile alla maturità femminile, Coppola focalizza la sua attenzione sulla peculiarità della condizione adolescenziale. […]
Il sonno incantato o l’imprigionamento magico delle fanciulle delle fiabe possono essere interpretati come simbolo dello stato d’impotenza che le donne più anziane impongono a quelle giovani. Inoltre, il fascino di fiabe come La bella addormentata di Charles Perrault risiede nel fatto che, pur costrette in una condizione di prigionia, le protagoniste, come fossero imbalsamate, conservano la loro bellezza e giovinezza, e quindi la loro femminilità. La stessa funzione è ricoperta dal confinamento delle Lisbon nel film. Ma se il risveglio della principessa della fiaba segna il suo ingresso nella maturità attraverso una storia d’amore eterosessuale e un matrimonio, le Lisbon decidono di restare in una perenne adolescenza. Costrette a rimanere in uno stato di fragilità e vulnerabilità, a meditare nello spazio molto romantico della loro cameretta, non aspettano cavalieri dall’armatura scintillante che le salvino come nelle fiabe. Piuttosto, le Lisbon portano avanti da sole la narrazione. Sebbene il film non chiarisca la ragione esatta del loro suicidio, si potrebbe ipotizzare che l’abbiano fatto per affermare la propria autonomia, per rifiutare lo stato imposto di passività e debolezza.
Nel gesto estremo delle sorelle potrebbero in qualche modo riecheggiare le scelte distruttive e sovversive delle protagoniste di Thelma e Louise (1991) di Ridley Scott.
Masafumi Monden, Contemplating in a Dream‑like Room: The Virgin Suicides and the Aesthetic Imagination of Girlhood, “Film, Fashion & Consumption”, n. 2, vol. 2, 2013