The General

The General

(Come vinsi la guerra, USA/1927) di Buster Keaton e Clyde Bruckman


Soggetto: Buster Keaton, Clyde Bruckman, liberamente tratto da The Great Locomotive Chase (1889) di William Pittenger. Sceneggiatura: Al Boasberg, Charles Smith. Fotografia: J. Devereux Jennings, Bert Haines. Montaggio: J. Sherman Kell. Scenografia: Fred Gabourie. Interpreti: Buster Keaton (Johnnie Gray), Marion Mack (Annabelle Lee), Glen Cavender (capitano Anderson, spia nordista), Jim Farley (generale nordista Thatcher), Frederick Vroom (generale sudista), Charles Smith (padre di Annabelle), Frank Barnes (fratello di Annabelle). Produzione: Joseph M. Schenck per United Artists, Buster Keaton Productions. Durata: 79’
Restaurato in 4K da Cohen Film Collection e Library of Congress/Packard Campus for Audio Visual Conservation.


La comica poesia delle rotaie. Un treno che si chiama The General lanciato a gran velocità nei maestosi paesaggi americani, e al comando (contromano) un macchinista che ama il suo treno quasi quanto la fidanzata Annabelle. Siamo negli anni della guerra di Secessione, i generali veri fumano sigari e pianificano gli scontri mortali; sulla locomotiva, intanto, Buster mette un perno, toglie un perno, e il mondo si allontana. Accolto freddamente dal pubblico dell'epoca, poi considerato tra i capolavori di Keaton e del cinema tutto, girato dal vero (nelle foreste dell'Oregon), tra incendi veri e simulati, ponti e dighe costruiti e distrutti, senza modellini, senza risparmio di denaro e di rischio.


Il cinema muto ha prodotto solo due epopee comiche: La febbre dell’oro di Chaplin nel 1925 e The General di Keaton nel 1927. [...] Come ricorda Rudi Blesh, Keaton disse al suo staff "dev’essere così vero da far male" quando per The General decise di costruire copie fedeli delle locomotive della Guerra civile, fece confezionare quattromila uniformi militari e si mise a caccia di foreste vergini. Per il materiale del suo film Keaton attingeva alla storia, a una storia che aveva già assunto connotazioni mitologiche. Keaton aveva sempre prediletto le grandi dimensioni: navi, locomotive, uragani. Aveva già abbracciato oggetti giganteschi e percorso a capofitto la vastità del paesaggio. [...] La storia che aveva concepito sfruttava al massimo uno degli strumenti più venerabili del cinema muto. Era un lungo inseguimento. O meglio, due lunghi inseguimenti consecutivi: da sud a nord, da nord a sud, lungo la stessa linea ferroviaria. E c’era sempre stato un altro lato, un lato geometrico, nel suo senso della forma narrativa. [...] The General è una grande parabola scagliata verso l’orizzonte, descrive una prima lunga curva ascendente che sembra poter durare in eterno, poi torna indietro in una traiettoria di rientro graduale e minacciosa, fino ad atterrare senza perdita di forza nella mano di colui che ha effettuato il lancio. Potremmo definirla 'la Curva di Keaton', ingigantita fino ad abbracciare le due metà di un continente.
(Walter Kerr, Silent Clowns, Alfred Knopf, New York 1975)



The General è un film molto moderno. Tra le altre cose, c’è persino, in forma di sentimento serio appena illuminato da un sorriso, il feticismo popolare per la macchina. Quando il protagonista scopre in una stazione la propria locomotiva che gli era stata rapita e che temeva ormai di aver perduto per sempre, noi sentiamo che Keaton ha toccato con mano leggerissima il tasto della poesia, traendone un suono squisito e profondo.
(Alberto Moravia, “L’Espresso”, 12 settembre 1965)



In The General ho preso una pagina di Storia e l’ho fatta mia in tutto e per tutto. L’ho messa in scena esattamente come accadde. [...] Ho messo in scena l’inseguimento esattamente com’era accaduto, poi ho completato la storia del furto del treno. [...]. Di solito quando qualcuno mi dà in mano una locomotiva o cose del genere con cui giocare riesco sempre a trovare il modo di farmi due risate. L’inseguimento originale terminava quando mi ritrovavo in territorio nordista ed ero costretto a disertare. Da lì in poi avevo bisogno di una storia, così mi inventai tutto. Non aveva niente a che vedere con la Guerra civile americana.
(Buster Keaton intervistato da John Gillett e James Blue, 1965)

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