Una questione di stile

Una questione di stile

Le scene di combattimento

Scorsese decide di coreografare i combattimenti, conferendo loro una personalità propria, dall'apparente realismo del primo match tra Jake LaMotta e Sugar Ray Robinson, fino all'incubo rappresentato dalla rivincita, che assume le forme, se non i colori, di un martirio dipinto nel tardo Medioevo, con gli zampilli di sangue che colano dalle ferite e il volto, deformato dalle smorfie e un po' diabolico, di Sugar Ray Robinson che contrasta con la faccia mutilata di Jake LaMotta. Il pubblico e il ring scompaiono - lo spazio scenografico è grande il doppio di un vero ring -inghiottiti dalla nebbia dei fumogeni.
(Tomas Sotinel, Martin Scorsese, Cahiers du Cinéma, 2010)


Ispirata al film di Buster Keaton Battling Butler (Io e la boxe, 1926), la messa in scena dei combattimenti 'dall'interno' prende il posto della visione frontale tipica delle riprese sportive e, con una tecnica mutuata dal musical, impone alle inquadrature una lunghezza ritmica, trattando la frequenza dei pugni come un sistema di battute musicali. L'abbondante uso di dettagli e ralenti si ripercuote anche nel sonoro del film, col risultato di un montaggio atipico, a carattere espressionista, come riproposizione soggettiva del modo in cui Jake La Motta percepisce il mondo, spesso con funzioni simboliche (per esempio i passi pesanti del protagonista che si trasformano in un treno lanciato sui binari).
(Serafino Murri, Martin Scorsese, Il Castoro, 2007)


Ho disegnato tutte le scene di combattimento. Mi ricordo che un giorno Bob mi portò a vedere il suo allenamento per farmi osservare i colpi. Lui era sul ring. A un certo punto distolsi lo sguardo. Bob venne da me e mi disse: "Stai facendo attenzione?", e io risposi: "Sì, sì". E lui continuò: "Guarda che io mi sto ammazzando di fatica, mi lascio mettere al tappeto e lo faccio per te...". Poi risalì sul ring. Ma quello che lui non sapeva era che mi stavo accorgendo di non poter riprendere tutto questo frontalmente, in modo neutro, perché non avrebbe dato l'effetto giusto. Mi dicevo: "Bisogna riprendere il combattimento dall'interno del ring. Bisogna girare in maniera molto dettagliata, molto elaborata". Lui poteva mostrarmi tutti i colpi che voleva, non avrebbe cambiato niente. Aveva ripreso quelle sedute di allenamento con una videocamera perché potessi rivederle molte volte e disegnare le scene più facilmente. Quei filmati mi mostravano un grande impiego di energia fisica, ma niente di più, e non potevo dirglielo. Ciò che mi colpì quel giorno fu l'enormità del compito che mi attendeva se volevo disegnare il film: non dico farlo, ma disegnarlo, disegnare le singole scene di combattimento. Girammo prima quelle, per dieci settimane; il resto delle scene, con gli attori, durò altre dieci settimane. Quelle furono toste, ma erano riprese normali, con problemi che mi aspettavo. Per le sequenze dei combattimenti, invece, io e Michael Chapman, l'operatore, trovavamo ogni giorno enormi difficoltà per sistemare fisicamente le macchine in modo da ottenere le inquadrature che volevamo. Inoltre dovevamo fare attenzione al fisico di Bob, per quanto riguardava la durata giornaliera delle riprese, ma devo dire che sul ring aveva un'energia straordinaria. Le riprese delle sequenze di combattimento equivalevano a quelle di dieci film messi insieme.
(MS)




La scelta del bianco e nero

In quel periodo erano usciti molti film sul mondo della boxe: Rocky II, che era un film di cassetta con colori vivaci, rossi e blu intensi, Ma che sei tutta matta?, The Champ, persino un film su un canguro pugile di nome Matilda! Ovviamente erano tutti a colori. Ma l'unica scena a colori di un combattimento che mi abbia veramente colpito è il flashback in Un uomo tranquillo di John Ford, quando Wayne guarda a terra e capisce di aver ucciso il suo avversario: non dimenticherò mai lo splendente verde smeraldo dei suoi pantaloncini.
(MS)

Qualunque cosa sia stata detta in seguito, non ho neppure fatto caso alla frase iniziale di Jake: "Quando penso al passato, mi sembra di guardare un vecchio film in bianco e nero". Le mie ragioni per girare in bianco e nero non c'entrano nulla con questa citazione. Mentre stavamo guardando le riprese girate in 8mm di Bobby che si allenava, sono rimasto colpito da un'osservazione di Michael Powell: "Ma i guantoni sono rossi!". Sì, Michael Powell, l'uomo di Scarpette rosse! Oggi i pugili hanno guantoni e calzoncini colorati, ma i nostri ricordi della boxe anni Quaranta sono in bianco e nero, come i cinegiornali e le foto di allora. Powell aveva ragione. Lei sa anche quanto mi preoccupa l'instabilità e l'alterazione della pellicola a colori. Ultimo argomento: molti film sulla boxe erano in preparazione: Il campione, Rocky II, Ma che sei tutta matta?, Uppercut. Volevo che Toro scatenato fosse visivamente molto diverso e facesse pensare, se si volesse cercare un punto di riferimento, al lavoro stupendo del direttore della fotografia James Wong Howe per Piombo rovente.
(MS)




Suoni, silenzi e musiche

Il lavoro sul sonoro di Toro Scatenato fu molto difficile perché ogni colpo, ogni scatto di macchina fotografica, ogni rumore di flash era diverso dall'altro. Gli effetti sonori vennero curati da Frank Warner, che aveva lavorato in Incontri ravvicinati del terzo tipo e Taxi Driver. Aveva usato, tra gli altri, i rumori di colpi di fucile e di angurie che si rompevano, ma non ci disse mai come aveva realizzato gran parte degli effetti; arrivò al punto da distruggere i nastri degli effetti al termine della realizzazione del film, in modo che nessun altro potesse utilizzarli. Le scene degli incontri furono realizzate in dolby stereo, mentre i dialoghi furono registrati normalmente, e questo causò qualche problema. Avevamo programmato circa otto settimane per il missaggio, ma io pensavo ce ne sarebbero volute il doppio. Era un lavoro molto complicato, perché ogni combattimento doveva avere degli effetti particolari.
(MS)

In alcuni momenti decidemmo di togliere completamente il suono, e questa fu un'ottima idea. Non c'era che il silenzio, poi il colpo partiva e, tum! In un certo senso era come comporre musica, per questo impiegammo più del dovuto. Per la musica che si sente nel film, utilizzai le canzoni della mia giovinezza, prendendole dalla mia collezione di 78 giri. Ogni scena si riferisce a una data precisa e le canzoni che si sentono sullo sfondo sono esattamente le canzoni che la radio trasmetteva in quel periodo. Nel corso del missaggio, riuscii anche a mettere in evidenza alcune parti dei testi che mi piacevano negli intervalli tra i dialoghi.
(MS)

Anche il sonoro del film è innovativo: uno stravolgimento espressionista dei rumori sul silenzio delle immagini, un "montaggio delle attrazioni" sul-l'"invisibile". Il silenzio della presa d'atto sospende il tempo in una zona al di là della vita, e coincide spesso con le soggettive di Jake: questo tappeto di nulla sonoro su cui i colpi della vittoria esplodono come cannonate è sporcato dal flusso dei liquidi amplificato, spruzzi di sangue e acqua di ristoro all'angolo del ring. L'alterazione del rumore dei "passi" di Jake anticipa simbolicamente quel che accadrà: nella scena nei sotterranei con il commissario sportivo, il rumore del treno, lanciato nei binari del compromesso e degli incontri truccati, prende il posto di quello dei piedi, dopo la vittoria che sfigura per vendetta il volto del "bel" Janiro, i passi allentati del campione rombano come quelli di un colossale animale ingelosito.
(Serafino Murri, Martin Scorsese, Il Castoro, 2007)

Il lavoro sul sonoro avviato con New York, New York e The Last Waltz ha affinato la padronanza dei materiali espressivi, l'autore mostrandosi sempre più esigente nel riprodurre attraverso la quinta sonora il mood appropriato alla vicenda. E in un film ancora una volta affabulante e semidocumentaristico come Toro scatenato, girato oltre tutto in un abbacinante e contrastato bianco e nero, lo studio del sonoro prende una direzione violentemente espressionista, accordandosi con i toni cupi e claustrofobici della vicenda professionale e umana del pugile italoamericano Jake La Motta, ma innovando sul piano formale in piena sintesi con i movimenti precisi e implacabili della macchina da presa. [...] Toro scatenato è un film stilisticamente compatto. Il suo suono è di volta in volta grave, duro, violento, nostalgico, secco. Il montaggio, frenetico e disinvolto, tiene conto dell'effetto di sorpresa ed è estremamente sorvegliato, avvolto su di una struttura narrativa dove ogni colpo, ogni scatto di macchina fotografica, ogni rumore è diverso dall'altro. Si può parlare quasi di un montaggio sonoro, scolpito a colpi di pugni e gong, grida e applausi, primi piani su volti aggressivi o tumefatti, ma anche di silenzi inalterati e angosciosi, come quello che accompagna l'attesa dell'ultimo colpo di Sugar Ray Robinson sul volto di Jake nel combattimento che segnerà il declino del pugile italoamericano.
(Roberto Lasagna, Martin Scorsese, Gremese Editore, 1998)



Home-movie e ralenti

Jake aveva girato i suoi home-movie in 16mm. Un 16mm, negli anni Quaranta! Doveva essere ricco! In Mean Streets avevo solo un 8mm, le famiglie modeste dovevano accontentarsi di quel formato. Abbiamo girato di nuovo gli spezzoni di film di Jake con una Éclair. Non è stato facile perché i negativi originali erano molto scuri e a volte erano lunghi solo tre o quattro piedi! L'esperto di Technicolor ha fatto miracoli, desaturando i colori, spingendosi fino a fissare il colore nel punto della perforazione, come nella scena del matrimonio sulla terrazza del Bronx.
(MS)

Anche i ralenti trovano una funzione dinamica: in soggettiva, sviluppano i momenti più passionali di Jake, quando la gelosia paralizza la situazione e scatena l'attenzione alla ricerca del dettaglio che sveli il tradimento di Vickie; in oggettiva, designano i momenti topici della storia, quelli dell'effimero passaggio della gloria nella vita del pugile impressi nella memoria, nella sintesi di anni e di combattimenti che con pochi fotogrammi, alcuni fissi, altri appena mossi a scatti per uno o due secondi, scolpisce l'imbattibilità del 'toro'.
(Serafino Murri)




Le citazioni di Martin Scorsese sono tratte da:

Ian Christie e David Thompson (a cura di), Scorsese secondo Scorsese, Ubulibri, 1991
Martin Scorsese. Conversazioni con Michael Henry Wilson
, Rizzoli, 2006
Martin Scorsese (con Richard Schickel), Conversazioni su di me e tutto il resto, Bompiani, 2011