La Depressione e il contesto culturale

La Depressione e il contesto culturale

Chaplin e l'indipendenza creativa

Negli anni della Depressione, Charlie Chaplin possedeva piu controllo creativo di qualunque altro regista a Hollywood. Regista, sceneggiatore, attore: Chaplin era, in tutto e per tutto, l’eccezione che confermava la regola. Raggiunta un’indipendenza creativa praticamente senza precedenti a Hollywood fin dagli anni Venti, mantenne questa condizione fino a quando non lasciò il paese nel 1952. Il successo delle comiche interpretate e poi dirette tra il 1914 e il 1917 gli aveva valso una fortuna: dopo gli inizi alla Keystone di Mack Sennett a 150 dollari a settimana (il doppio del suo salario nel music-hall), il compenso di Chaplin aumento vertiginosamente con il passaggio alla Essanay, alla Mutual e, infine, alla First National, con la quale, nel giugno del 1917, concluse un accordo da un milione di dollari per otto comiche. Poco dopo Chaplin investi parte di questa fortuna nella costruzione dei suoi studi cinematografici a Hollywood, all’angolo tra Sunset Boulevard e La Brea Avenue, che vennero completati all’inizio del 1918. In seguito, nel 1919, si unì al regista D.W. Griffith e ad altre due grandi star, Mary Pickford e Douglas Fairbanks, nella fondazione della United Artists, di fatto una compagnia di distribuzione che gestiva tutte le loro singole produzioni. Tutti i film di Chaplin da La donna di Parigi (1923) a Luci della ribalta (1952) furono distribuiti dalla United Artists. Due mosse indubbiamente astute, che permisero a Chaplin di consolidare la sua indipendenza creativa durante gli anni degli studios. [...]



Gli anni della Depressione

Appare chiaro che furono le tensioni economiche, le condizioni sociali e il clima intellettuale dei primi anni Trenta a suggerire a Chaplin un film in cui il rapporto tra il suo personaggio, Charlot, (con tutte le convenzioni comiche a lui legate) e le problematiche sociali dell’epoca fosse piu diretto di quanto accaduto nelle sue opere precedenti. Tempi moderni nasce indubbiamente dalle riflessioni di Chaplin sulla Depressione. Negli Stati Uniti l’economia precipito in una spirale negativa dagli inizi del crollo della Borsa, nell’ottobre del 1929, fino ai primi mesi del 1933. Durante quel periodo, il PIL diminui del 29%, il settore dell’edilizia accuso una flessione del 78% e gli investimenti precipitarono del 98%. Il tasso di disoccupazione in tutti settori, agricoltura a parte, balzò da poco piu del 3% a quasi il 25% e il valore della maggior parte dei prodotti agricoli diminuì drasticamente. Come osservo Robert S. McElvaine, “gli Stati Uniti attraversarono la loro crisi peggiore dai tempi della Guerra civile”. Fu allora che il candidato democratico Franklin D. Roosevelt riportò una vittoria schiacciante e molti americani attesero con ansia un intervento attivo del governo federale mirato a risollevare le sorti della nazione.



Un comico vede il mondo

Uno sguardo generale alle attivita di Chaplin agli inizi degli anni Trenta aiuta a fornire una maggiore specificita storica al contesto della Depressione di Tempi moderni. Dopo l’uscita di Luci della città, nel gennaio del 1931, Chaplin si imbarcò in un giro del mondo di sedici mesi che lo condusse, tra gli altri, in paesi come Germania, Austria, Italia, Francia, Inghilterra, Singapore e Giappone. Dal luglio 1932 fino al febbraio 1933, mese precedente all’insediamento del presidente Roosevelt, Chaplin scrisse per la rivista “A Woman’s Home Companion” una serie di articoli intitolati Un comico vede il mondo. Malgrado Chaplin dedichi buona parte del suo racconto alle personalità incontrate e agli eventi mondani a cui prese parte, questo diario di viaggio e uno strumento prezioso per comprendere la posizione politica di Chaplin e la sua visione della società nel periodo immediatamente precedente a Tempi moderni.
Quattro i temi direttamente riconducibili al film. Il primo e la solidarietà di Chaplin nei confronti di coloro che soffrivano maggiormente la Depressione: le classi operaie e i disoccupati. […] La naturale empatia espressa da Chaplin in questa serie di articoli e facilmente comprensibile. L’esperienza della povertà vissuta in prima persona durante l’infanzia è ben documentata, e non stupisce che il suo personaggio, Charlot, appartenga alla classe sociale più depressa.
Un secondo insieme di preoccupazioni che emerge da Un comico vede il mondo è riconducibile al sospetto che le istituzioni sociali moderne mirassero più a controllare e opprimere i lavoratori che a garantire loro la stabilità necessaria per migliorare le proprie condizioni di vita. [...]
Il terzo elemento di interesse della serie riguarda il punto di vista di Chaplin sull’arte, difesa in quanto fine a se stessa, visione che muterà proprio con la realizzazione di Tempi moderni. [...] Inoltre il clima sociale dei primi anni Trenta chiamava sempre piu a gran voce gli artisti e li incoraggiava a uscire dal loro isolamento estetico e a occuparsi di temi sociali e politici. Tempi moderni e sicuramente un prodotto di questa transizione.
Infine, l’incredibile incontro che Chaplin ebbe a Londra con Gandhi sembra aver fornito degli spunti importanti per Tempi moderni. Non appena arrivato in Inghilterra, Chaplin disse a Winston Churchill che uomini come Gandhi erano “spinti dalle masse a dare una voce al loro volere”.


Durante l'ideazione del film tra scontri e simpatie laburiste

Opinioni della critica a parte, il periodo in cui Chaplin realizzo Tempi moderni fu particolarmente turbolento per la vita politica della nazione. In particolare, mentre si dedicava alla scrittura della sceneggiatura, tra l’inizio del 1933 e l’ottobre 1934, crebbe la popolarità di alcune figure politiche così come il sostegno di una serie di programmi di riforma sociale. [...]
Sempre durante l’ideazione di Tempi moderni, si acuirono i conflitti tra classe operaia e classe dirigente, altro tema che trovò poi spazio nel film. Il National Recovery Act (1933) di Roosevelt, giudicato incostituzionale da una Corte Suprema a maggioranza conservatrice nel 1935, garantiva ai lavoratori il diritto alla contrattazione collettiva. Gli scontri tra i lavoratori e una classe dirigente riluttante divennero sempre più frequenti e a tratti violenti, come accadde nel 1934, quando furono dichiarati ben 1800 scioperi che coinvolsero oltre un milione e mezzo di lavoratori.
Durante la campagna del 1934 per la nomina di governatore della California, che da molti storici viene indicata come l’ingresso del cinema hollywoodiano nella sfera politica del paese, Chaplin si schierò a sostegno di Upton Sinclair e del suo programma EPIC. Le sue simpatie per il Partito laburista inglese erano note, così come il suo sostegno al New Deal di Roosevelt, espresso anche durante un suo intervento radiofonico nell’ottobre del 1933 a favore del National Recovery Administration (NRA). In poche parole, durante il periodo in cui lavorava a Tempi moderni, Chaplin poteva essere definito un ‘progressista’, apartitico, orientato a sinistra, solidale nei confronti dei lavoratori e di quanti risentivano della depressione economica.






La catena di montaggio

Ovviamente il bersaglio della satira chapliniana in Tempi moderni – la catena di montaggio – precede la Depressione. Introdotta da Henry Ford nel settore automobilistico negli anni Dieci e Venti, l’utilizzo della catena di montaggio fu anche associato al piano di ‘management scientifico’ promosso da Frederick W. Taylor. Chaplin rivelò che era stata la conversazione avuta con un cronista del “World” di New York a dargli lo spunto per la lunga sequenza iniziale: “mi parlò delle catene di montaggio adottate dalle fabbriche di Detroit: la storia angosciosa dei robusti giovanotti strappati alle fattorie con la prospettiva di più lauti guadagni, che dopo quattro o cinque anni di lavoro alle catene di montaggio diventavano rottami umani col sistema nervoso a pezzi”.
Dal punto di vista puramente visivo e della satira sociale alcune delle trovate più divertenti sono proprio all’inizio del film, con Charlot che fa da cavia per la sperimentazione di un macchinario per alimentare gli operai e lentamente perde la salute mentale alla catena di montaggio nel nome di una maggiore produttività industriale. Anche il proprietario della fabbrica, che passa il tempo facendo puzzle e leggendo fumetti, ma che allo stesso tempo spia i suoi dipendenti e ordina che la catena di montaggio venga azionata a una velocità inumana, è una figura antagonista piuttosto tipica nei film sulla Depressione.







Un film ancorato alla realtà

Come rispose, dunque, Chaplin al contesto determinato dalla Depressione durante la realizzazione di Tempi moderni? Semplicemente inglobando la questione sociale all’interno della stessa formula cinematografica sviluppata nelle sue precedenti commedie. Una formula che comprendeva almeno quattro caratteristiche: un protagonista, Charlot, il Vagabondo, o una variante del personaggio interpretata da Chaplin; una ‘figura romantica’, una compagna, di cui egli si innamora; un sistema sociale e individuale antagonista che gli rende la vita difficile; un senso del comico fortemente caratterizzato da invenzioni visive, spesso innescato dall’interazione di Charlot con altri personaggi o altri oggetti che popolano il suo mondo; infine due ‘universi morali’ contrastanti, uno associato a Charlot e al suo desiderio di soddisfare i bisogni primari – mangiare, essere amati, avere un luogo dover ripararsi e dei vestiti da indossare – e l’altro associato alla figura o alle figure antagonista/e che ostacolano Charlot nella realizzazione dei suoi desideri. All’interno di questa struttura, e rispondendo così a chi lo criticava di essere eccessivamente sentimentale e politicamente irrilevante, Chaplin fu in grado di includere nella sua poetica alcune delle tematiche sociali legate alla Depressione. [...]
Le aspirazioni delle persone comuni come Charlot e la Monella sono molto semplici: una casa comoda e cibo in abbondanza, ma la realtà sembra concedere loro al massimo una baracca ai margini della città. Persino quando sembrano aver trovato un lavoro e la sicurezza economica appare possibile alla fine del film, i servizi sociali infrangono i loro sogni. Malgrado l’obiettivo di Tempi moderni non sia quello di suggerire una riforma radicale del sistema sociale – nonostante il futuro dei due protagonisti sia molto incerto il film si conclude con un invito di Charlot a non arrendersi mai – il film è sicuramente molto più ancorato alla realtà sociale di quanto lo siano state tutte le opere precedenti di Chaplin.




Testo di Charles Maland estratto del booklet del cofanetto Dvd Tempi moderni (Edizioni Cineteca di Bologna 2014)
Per le foto © Roy Export Company Est.