Totò e Monicelli

Totò e Monicelli

Risate di gioia fu il settimo e ultimo incontro fra il grande attore napoletano e il regista di Guardie e ladri.
"In uno dei tanti incontri-dibattito centrati sull’immensa figura di Antonio De Curtis, Monicelli si è rammaricato di aver troppo imbrigliato nei propri film l’estro anarchico di Totò. In effetti, il Principe della Risata risulta stranamente condizionato da un certo rigore dei personaggi e dai vincoli di sceneggiatura presenti nella produzione del regista toscano (a parte, forse, il Totò cerca casa, 1949, realizzato in coppia con Steno). l’intento di Monicelli, del resto, non è quello di un Mattoli o un Bragaglia, preoccupati di esaltare la 'maschera' Totò sulla base di esili ma accattivanti canovacci. In lui, si percepisce sempre la volontà di fotografare un paese e dei personaggi 'reali', seppure distorti dalla sua circolare e contundente vena grottesca. Lo attestano riuscite come Guardie e ladri (1951), Totò e i re di Roma (1951) e, soprattutto, Totò e Carolina (1954-55), film che subisce non poche vessazioni dalla censura, perché accusato di non fornire un’immagine decorosa delle forze dell’ordine. Totò riesce con estrema professionalità a fornire ritratti convincenti del disgraziato/uomo qualunque/povero cristo, sia nel ruolo di Esposito, ladro di polli braccato dall’altrettanto sfortunato brigadiere Bottoni (uno straordinario Aldo Fabrizi), che in quello del poliziotto costretto ad accompagnare una giovane disgraziata (Anna Maria Ferrero) in Totò e Carolina: la figura di Antonio Caccavallo, agente di Pubblica Sicurezza, risulta assai lontana dall’irresistibile 'fracassone' di pellicole quali Toto sceicco (Mario Mattoli, 1950) o Totò le Mokò (Carlo Ludovico Bragaglia, 1949). Una distanza che non risulta essere un difetto, ma la dimostrazione che nell’artista Totò vi sono sfumature e abilità interpretative davvero infinite e che Monicelli riesce a cogliere tonalità fino ad allora non considerate (in seguito esplorate anche dal Rossellini di Dov’è la libertà?, 1952).
Il cammeo del maestro scassinatore nel già citato I soliti ignoti, impreziosisce un film già perfetto (forse il migliore di Monicelli) come un raffinato dessert al termine di un menu sontuoso. Meno riverito, ma comunque encomiabile, il ruolo dell’ex attore morto di fame in Risate di gioia. In quest’ultima pellicola, canto del cigno dei sogni e delle speranze che incessantemente esprimono le umili maestranze di Cinecittà, Totò fa coppia con Anna Magnani (già apprezzata compagna nelle vecchie riviste d’avanspettacolo), per la prima e unica volta sul grande schermo. Un inno dolceamaro alla classe di due anziani e disillusi artisti metaforicamente soppressi dal mondo dello spettacolo, disposto a sopportarli con la stessa supponenza che una famiglia di “nuovi ricchi” riserva al parente povero, venuto a mendicare un prestito per ragioni di sopravvivenza".
(Valerio Caprara, Il direttore e gli orchestrali, in Il cinema di Mario Monicelli a cura di Leonardo De Franceschi, Marsilio, Venezia 2001)