Salut les Cubains

Salut les Cubains

Soggetto e sceneggiatura: Agnès Varda. Montaggio: Janine Verneau. Voce: Michel Piccoli. Produzione: Société Nouvelle Pathé Cinéma. Durata: 30’
Restaurato nel 2014 da Ciné Tamaris presso i laboratori Éclair, con il sostegno del CNC


È un omaggio a Cuba. Ero stata invitata laggiù dall’ICAIC, l’Istituto del cinema cubano. Mi ero portata una Leica, della pellicola e un treppiede perché avevo in mente qualcosa. Ho trovato i cubani veramente straordinari, e le forme del loro socialismo sorprendenti e gioiose. Sono gli unici socialisti latini. Quando sono a Mosca sento che i sovietici e io apparteniamo a due mondi diversi, ho bisogno prima di tutto di capire. A Cuba è stato più facile, potevo sentirmi cubana e poi capire. E ho anche riso molto. Il folklore della loro rivoluzione, il ritmo della vita, il calore... Sono tornata con 4000 foto, ho impiegato sei mesi a montarne 1500 ma sono stata ricompensata: a Cuba dicono che è un film cubano, che ha la sabor.

Agnès Varda, Intervista di Jean-André Fieschi e Claude Ollier, “Cahiers du cinéma”, n. 165, aprile 1965


Volevo mostrare, tra le altre cose, le fonti africane, haitiane, francesi, cattoliche della musica cubana. Ho chiesto a Sarita (Gomez) e a giovani autori, tecnici, operatori dell’ICAIC di venire a ballare un cha cha cha nelle vie di un quartiere molto popolare. Sarita indossava la divisa militare, ma era di una femminilità perfetta. Sul tutto regnava un misto di ammirazione per Fidel e di libertà.

Agnès Varda, Intervista di Véronique Mortaigne, “Le Monde”, 22 marzo 1990



Socialismo e cha cha chaNel 1961, in occasione delle feste di fine anno, invitata dai cubani sono partita con una Rolleiflex, una Leica e il progetto di fare delle foto e di rifilmarle al mio ritorno. Non avevo nessuna di quelle migliorie tipo motore automatico che apre l’otturatore e fa scattare colpi a ripetizione di mitra fotografico. Disponevo solo di un supporto instabile, e la Leica obbligava a riarmare due volte, vale a dire che tra gli scatti c’erano alcuni secondi. Quindi, anziché ricostruire un movimento continuo filmando immagini molto vicine nel tempo è stato possibile ricostruire solo una continuità traballante che dà al film il ritmo del cha cha cha, del bolero, del danzón e del guaguancó. Di ritorno a Parigi con circa tremila foto, ho preparato le riprese con un rostrum (cioè con una macchina da presa montata su un supporto verticale al di sopra delle fotografie) dopo aver già trasferito il suono su positivo ottico per calcolare il numero di immagini in base al ritmo. A proposito di Cuba, Chris Marker vi aveva girato un anno prima ¡Cuba Sí!. Ho beneficiato di alcuni dei suoi contatti ma anche della mia facilità nel comunicare in spagnolo con i cubani, che hanno un temperamento meridionale. Il socialismo afro-cubano è molto più divertente del socialismo dell’Est, e Benny Moré è più ballabile dei cori dell’Armata Rossa. [...]
Mi è capitato di essere etichettata come filocastrista e dunque filocomunista. Sbagliato. Non mi bevo tutto quel che si legge o si dice (compresi i discorsi lunghi e lirici di Fidel Castro), ma ammiro individui idealisti che mettono in pratica le loro idee, quali che siano le privazioni che le accompagnano. I cubani ricevono un’istruzione eccellente, sono molto avanzati in fatto di elettronica, informatica, medicina, ma l’embargo americano e la cessazione degli scambi commerciali con i paesi dell’Est fanno di Cuba uno strano paese, per niente sottosviluppato ma estremamente povero. Il ritratto che ho fatto di Fidel mi sembra assolutamente allegorico: un militare dagli occhi dolci, senza armi e con ali di pietra.

Agnès Varda, Varda par Agnès, Éditions Cahiers du cinéma, Parigi 1994



Antologia critica


Salut les Cubains
si presenta come un album di fotografie che Agnès Varda commenta con voce calda e allegra. Un breve cenno storico introduce il testo politico della rivoluzione del 1959 e ricorda il ruolo dei Barbudos della Sierra Maestra e del popolo cubano nella lotta contro il dittatore Batista. Sguardo di una cineasta europea di sinistra, Salut les Cubains è sin dal titolo un saluto fraterno a un popolo che sfida a pochi chilometri dalla Florida il gigante americano. Incuriosita da questa versione tropicale del marxismo, Agnès Varda inquadra una rivoluzione in cantiere e abbraccia la dignità e l’allegria comunicativa dei nuovi artefici. Oggi, a distanza di un quarto di secolo, Salut les Cubains rimane una testimonianza ricca ed entusiasta sulla speranza rappresentata dalla rivoluzione cubana prima che il castrismo si cristallizzasse in dogma.
Anne Kiefer, “Jeune Cinéma”, n° 214, aprile-maggio 1992



Non è semplice definire Salut les Cubains: nella sua grande potenza visiva e concettuale, concentrata in meno di trenta minuti, il piccolo film di Agnès Varda si manifesta come uno sguardo che è al contempo etnografico e politico, come una forma di linguaggio che, unendo fotografie e riprese video, riproduce il mélange di provenienze alla base dell’identità cubana, come un resoconto documentaristico e giornalistico sulla situazione di Cuba dopo la rivoluzione. [...] Il materiale è in effetti assai eterogeneo ma la regista francese lo utilizza per costruire un percorso nell’identità cubana che passa dai sigari alle barbe allo zucchero filato, dalle donne sinuose agli uomini con cappello, illustrandone le manifestazioni che oggi definiremmo ‘di genere’ in vari contesti sociali, economici e politici. Proprio una riflessione sulla donna cubana (che porta in sé “orgoglio africano e sapore spagnolo”) dà modo a Piccoli di dissertare sulle origini musicali dell’identità cubana: africana, spagnola, francese. E dunque a ritmo di Guantanamera, conga (la marcia della revolución), guaracha, rumba, guaguancó e Carabalí isuama le immagini della Varda dipingono il ritratto di una nazione in piena trasformazione, mostrandone il leader e il popolo, la natura e l’urbanizzazione, i momenti storici e la quotidianità.
Alessandro Guatti, La libertà con un sorriso, “Leitmotiv.it”, 2018