Antologia critica

Antologia critica

L’appartamento è la satira di una grande città con un romantico cuore d’oro. […] Dopo oltre cinquant’anni brilla ancora.
Peter Bradshaw, “The Guardian”, 14 giugno 2012

 

 

Sotto la facciata della commedia romantica, il regista e produttore Billy Wilder ci consegna una cronaca feroce della società contemporanea e dei suoi amorali abitanti. L’atmosfera non è costante, il pendolo oscilla dalla farsa all’ironia tragica, ma Wilder lo si apprezza qualunque chiave scelga. […] L’appartamento è un film importante e provocatorio.
La sceneggiatura di Wilder e I.A.L. Diamond è una ciliegina ricoperta di cioccolato ma al sapore di cicuta. Poiché la storia propone eventi immorali, con situazioni e un linguaggio espliciti, L’appartamento potrebbe essere scambiato per un film immorale. Gli esperti in questo campo potrebbero decidere che lo è, ma agli occhi di un dilettante il film mostra che le conseguenze del peccato sono terribilmente cupe. Ma il film non è cupo, neanche per un secondo. Wilder non perde mai di vista il fatto che qualunque sia la morale della favola, la morale dello spettacolo è divertire lo spettatore, e che una storia per essere efficace deve solo e soltanto intrattenere. E L’appartamento senza dubbio lo fa.

James Powers, “The Hollywood Reporter”, 18 maggio 1960




Potreste pensare che un film su un tizio che presta il suo appartamento ai dirigenti sposati del suo ufficio per le loro scappatelle amorose non possa essere un film particolarmente divertente o moralmente decoroso, soprattutto se il giovane usa questi mezzi per un avanzamento di carriera. Ma sotto l’intelligente supervisione di Billy Wilder, che ha contribuito alla sceneggiatura, prodotto e diretto L’appartamento, l’idea si è trasformata in un film gioioso, delicato e romantico. Gusto e humour sono garantiti dalla grandiosa performance di Jack Lemmon nel ruolo principale. […] Wilder ha fatto molto più che scrivere il film. La sua regia è geniale e sicura, illuminata da piccoli tocchi e mantenuta su una linea sottile e ironica. Oltre a quella di Lemmon c’è la splendida interpretazione di Shirley MacLaine, nel ruolo della ragazza che si caccia in un sacco di guai, e quella ottima di Fred MacMurray, nel ruolo del perfido capo.

Bosley Crowther, “The New York Times”, 16 giugno 1960




L’appartamento che dura due ore e sei minuti, non stanca un solo momento: è un susseguirsi di battute, di motti di spirito, di frizzi e di situazioni di una comicità classica, di ottima lega. Ma, dietro la lepidezza, insiste ne L’appartamento un accento di fonda malinconia che infine, terminato il film, vince con la sua assidua voce il ricordo di ogni allegrezza. Wilder, che è un moralista (ricordate Viale del tramonto?) e che è restato profondamente europeo, rivela come i prepotenti, i furbi, gli intriganti, i cinici abbiano sempre partita vinta. […] L’interpretazione è incantevole: con il suo musetto da clown (ma il corpo è tutta una curva...) Shirley MacLaine non sbaglia una risposta, né un gesto. Ma il trionfatore è soprattutto Jack Lemmon, povero diavolo, di moralità fiacca, ma generoso e pieno di buone intenzioni. Ha l’eroismo patetico e modesto degli ultimi della vita: sorride nell’avversità ed è sempre disposto a scegliere il lato buono delle cose. Lemmon ha una varietà di espressioni che tolgono al carattere di Buddy ogni aspetto di prefabbricato, di programmatico.

Pietro Bianchi, “Il Giorno”, 28 agosto 1960




Wilder si fa beffe delle teorie economiche che sostengono che con il benessere materiale scompariranno le differenze di classe. Il sogno americano di una società senza steccati che risale all’epoca dei pionieri è stato brutalmente smascherato. Il desiderio d’ascesa sociale, di fama, è costantemente presente e anche se non sempre conduce al crimine come in La fiamma del peccato e Testimone d’accusa, colloca i personaggi nelle situazioni più scomode. L’appartamento è una parabola sull’ossessione della classe sociale, sul sogno dell’americano medio di salire i gradini della scala sociale. […] Per ottenere ciò che desiderano gli eroi di Wilder si lanciano in messinscene complesse, impalcature fragili che li conducono alla rovina. […] In questo gioco di maschere, trappole e farse il denaro e la sessualità sono intimamente mescolati, il travestimento è messo in atto nella speranza di una gratificazione economica o sessuale ma conduce a una scelta radicale. C.C. Baxter, nell’Appartamento, deve rinunciare al suo lavoro per conservare l’amore della ragazza dell’ascensore, Miss Kubelik. […] Come spiega lo stesso Wilder: “Qualcuno vuole qualcosa, e quando la ottiene si sente umiliato e la rifiuta”. È nel lavoro che questa umiliazione ha luogo, perché è il lavoro che definisce tutti questi personaggi. D’altronde è normale che il lavoro rivesta questo ruolo in opere dove il ritratto sociale vuole essere il più preciso possibile.

Michel Ciment, Sept réflexions sur Billy Wilder, “Positif”, n. 127, maggio 1971




Satira e critica, certo: ma tanto più incisive, e radicali, in quanto risalgono, di grado in grado della gerarchia di stupidità aziendale, piccolo/borghese, e ‘americana’, all'effetto di massima degradazione possibile: lo spossessamento di sé, la perdita del luogo dell'identità. Ancora una volta, Wilder si fa rimproverare dalla critica, perché, per un “abile regista” come lui, il “ritmo dell'azione” è a volte “un po' lento” e la brillantezza sembra appannarsi nel risvolto sentimentale: ancora una volta, invece, è la critica ad essere ‘lenta’. Il rallentamento improvviso, il privilegio assegnato ai tempi morti, l'esitazione apparente degli sviluppi, costituiscono il modo in cui Wilder mette in questione la sicurezza dei ‘generi’, la contesta lavorandola dall'interno, incrina, problematicamente, la gemma perfetta del prodotto classico hollywoodiano.

Alessandro Cappabianca, Billy Wilder, Il Castoro Cinema/La Nuova Italia 1984




La sceneggiatura, in perfetto equilibrio tra farsa e tristezza, è stata costruita da Wilder e I.A.L. Diamond per dimostrare che Baxter e Miss Kubelik posso anche piacersi – provare quel tipo di sentimento puro che conduce al vero amore – ma sono entrambi schiavi del sistema di valori dell’azienda. Lui vuole essere l’assistente del capo, lei la moglie del capo, ed entrambi sono così accecati dall’idea del ‘capo’ che non riescono a vedere Sheldrake per quel vile disonesto che è.
Il film è girato in formato panoramico e in bianco e nero. Il bianco e nero smorza ogni allegria che potrebbe emergere dalle decorazioni del party di Natale, dei bar e dei ristoranti dove le feste sono in pieno svolgimento. E il formato panoramico enfatizza lo spazio che separa i personaggi, il vuoto che li avvolge. […] Quando realizzò L’appartamento, Wilder era diventato maestro di un tipo di commedia satirica intrisa di tristezza. […] Wilder veniva dal successo di A qualcuno piace caldo, la sua prima collaborazione con Lemmon, e Lemmon stava per realizzare I giorni del vino e delle rose, che con L’appartamento avrebbe dimostrato che poteva trasformarsi da comico leggero a tragico everyman. Questo film rappresenta la summa del cinema di Wilder, e il film chiave della carriera di Lemmon.

Roger Ebert, “Chicago Sun-Times”, 22 luglio 2001




In un punto a metà strada tra l’immancabile La vita è meravigliosa e l’orrendamente esagerato Ernesto salva il Natale c’è un film perfetto per le vacanze natalizie di tutta la famiglia – che farà ridere i vostri figli teenager e farà scorrere le lacrime delle vostre suocere. Il film è il capolavoro del 1960 di Billy Wilder. Non un classico film di Natale, dite? Guardate ancora. L’azione ha luogo principalmente tra la vigilia di Natale e Capodanno, con momenti che riassumono alla perfezione lo spirito natalizio secondo Wilder: lo spregevole Sheldrake, che dà all’amante sottomessa, Fran Kubelik, il suo regalo, un biglietto da cento dollari fresco di stampa; la lunga sequenza, dalla vigilia al giorno di Natale, in cui Buddy Baxter la trova in overdose da sonniferi nel suo appartamento […]; e, ancora più memorabile, Sheldrake che al telefono, da casa, sullo sfondo i figli che si divertono coi nuovi giocattoli intorno all’albero di Natale, ascolta disinteressato le notizie sul tentato suicidio dell’amante. […]
Per chi sia mai stato tentato dalla pistola o dalla bottiglia all’idea della felicità forzata delle vacanze di Natale, il film di Wilder è un tonico perfetto.

James Schamus, “The New York Times”, 4 novembre 2007