Capolavoro nouvelle vague

Capolavoro nouvelle vague

Caro François,
Jules e Jim
è una meraviglia. Non so come parlare con te in materia di film, e poi il tuo è così fragile, che si ha paura di sciuparlo a parlarne sia pure con parole semplici. Tutto vi è bello e puro. Ne sono felice.

Jacques Demy




Caro François,
Jules e Jim
è magnifico - è il più bello dei suoi film e uno dei più belli che io abbia mai visto. Come un canto di flauto nella natura, come un angelo che passa. In certi momenti lei ha trattenuto il respiro con una delicatezza che mi ha incantato.

Agnès Varda




Mio carissimo François,
Ho conosciuto bene l'autore del libro di cui hai tratto il tuo film. Era un'anima delicatissima e nobilissima. Nel film non ho trovato che delicatezza di cuore e quella grazia di un'epoca in cui i 'blousons noirs' erano 'blousons blancs'.

Jean Cocteau




Le ho detto quanto abbia ammirato il suo film Jules e Jim. A parer mio è una delle opere più importanti del cinema dalla Liberazione in poi. Ho veduto pochi film meno immorali. Creda, caro Signore, all'assicurazione dei miei sentimenti rinnovati di ammirazione e di simpatia.

Pierre Lazareff




Girato nel 1961, Jules e Jim è il film che all'inizio del '62 conferma François Truffaut come alfiere della nouvelle vague ma insieme lo consacra il regista francese per eccellenza del secondo dopoguerra. Applaudito da critica e pubblico sia in patria che all'estero, è appena al suo terzo lungometraggio e già l'autore, come Jean Renoir tra le due guerre, non si potrebbe immaginarlo (appunto) se non francese. Entrambi, maestro e allievo, con una qualità in comune: quella che li predispone a ogni rischio per affermare, col loro talento, la loro modernità. All'occorrenza anche in un film d'epoca derivato da un testo letterario: inglobando la letteratura nella vita, rivitalizzando il passato quale eterna storia del presente.
Come il neorealismo italiano non tanto era legato alla cronaca, agli ambienti e ai non attori, quanto al nuovo sguardo sul mondo che rovesciava la visione degli eventi, così il cinema di Truffaut risponde a una nuova esigenza di approccio alla realtà, prima che a una soltanto presunta contemporaneità. È quella "morale estetica e nuova, incessantemente riconsiderata" di cui aveva scritto nel 1955 occupandosi del romanzo di Roché e guadagnandosi con questa sola frase la riconoscenza dello scrittore. Visibilmente contemporaneo era, con successo, I quattrocento colpi e altrettanto, ma senza successo, Tirate sul pianista. Ora la sorpresa di Jules e Jim sta nell'essere nouvelle vague sotto veste classicamente antica; nel risultare modernissimo pur presentandosi in costume, nel far vibrare corde ancor 'scandalose' nel 1962, sebbene ambientato - tuttavia senza manierismi di 'genere' - tra il 1912 e il '32.

Ugo Casiraghi, Vivement Truffaut!, a cura di Lorenzo Pellizzari, Lindau, 2011




Uno dei dogmi della politica degli autori, di cui Astruc ha gettato le basi nel 1948, è che "lo sceneggiatore giri da sé i propri film. Meglio, che non esista più sceneggiatore, perché in un tale cinema questa distinzione tra autore e regista non ha più alcun senso" [...]. Ma che cosa è realmente accaduto all'epoca della nouvelle vague? Gli sceneggiatori sono tutti scomparsi per lasciare spazio soltanto all'autore-regista? Un attento studio dei soggetti dei film della nouvelle vague dimostra che il caso del cineasta che realizza la propria sceneggiatura è ben lontano dall'essere dominante. Molto rapidamente, i giovani autori hanno iniziato a collaborare in modo regolare con nuovi sceneggiatori, e raramente questi ultimi sono divenuti nuovi registi. [...]
Per Jules e Jim, Truffaut adatta il romanzo di Henri-Pierre Roché con Jean Gruault. In seguito il cineasta collaborerà con Gruault per Il ragazzo selvaggio, Le due inglesi e La camera verde. Per tutti i suoi ventuno lungometraggi, Truffaut collabora regolarmente con quattro o cinque sceneggiatori, con ciascuno dei quali scriverà due o tre film. [...]
Pur avendo denunciato una certa concezione dell'adattamento in vigore negli anni Cinquanta, quella che trasformava i romanzi di Stendhal o di André Gide in antenati dei feuilleton televisivi, i registi della nouvelle vague non hanno tuttavia rinunciato a ispirarsi ai racconti letterari che li appassionavano: al contrario. Ma la loro pratica dell'adattamento è radicalmente differente. Per la maggior parte, i loro film non cercano di dissimulare l'origine letteraria del racconto, né di sostituire agli episodi considerati anticinematografici 'equivalenze' più visive. [...] Adattando Henri-Pierre Roché, Truffaut costruisce la colonna audio di Jules e Jim a partire da ampi spazi di commento letto in voce off da Michel Subor (l'attore di Le Petit soldat), che si alternano con la musica di Georges Delerue. Questa enunciazione verbale del testo che sommerge la colonna filmica è ancora più manifesta in Le due inglesi. E, per il regista, un modo di rendere omaggio all'autore che adatta, di rispettare la lettera del suo testo. Questa figura verbale sarà una delle costanti della nouvelle vague: il regista cita con precisione il testo originale dell'autore adattato [...].
La nouvelle vague generalizza la messa in scena della voce. Tre decenni dopo il passaggio dal muto al sonoro, essa permette ai cineasti di sfruttare tutte le potenzialità offerte dalla colonna audio, e in particolare dalla parola. Il cinema che porta avanti non ha più vergogna di essere parlato, e supera il mito del primato dell'immagine imposto dai teorici degli anni Venti. La nouvelle vague non esita a inserire, come aveva fatto René Clair in Sotto i tetti di Parigi e Per le vie di Parigi, canzoni o musiche popolari, come quelle di Charles Aznavour (Tu te laisses aller in La donna è donna, il madison in Bande à part), di Jean Ferrat (Ma Moine in Questa è la mia vita), di Boby Lapointe (Framboise in Tirate sul pianista) o di Serge Rezvani - alias Bassiak (il celebre Tourbillon di Jules e Jim, cantato da Jeanne Moreau).

Michel Marie, La nouvelle vague, Lindau, 1998




A prima vista, Jules e Jim non potrebbe apparire più lontano dallo spirito e dalla pratica nouvelle vague, quasi in contraddizione se non addirittura in opposizione con i suoi presupposti e le sue prime, 'autentiche', prove filmate. In realtà Jules e Jim non solo è un film nouvelle vague ("la rivoluzione della sincerità": ovvero, i sentimenti personali, la macchina da presa en plain air, lo sguardo d'autore, l'urgenza morale...), ma anche, e più propriamente, un film nouvelle vague secondo Truffaut, perfettamente coerente con ciò che il giovane turco ha sostenuto nelle sue battaglie a mezzo stampa, solo in apparenza diverso dai Quattrocento colpi, e a suo modo, per la sua epoca, stilisticamente innovativo. Proprio Jules e Jim, infatti, chiarisce definitivamente che cosa è stata la nouvelle vague per l'acceso sostenitore della 'politica degli autori', ma illumina anche tutto il suo cinema a venire, in particolare quello - 'd'epoca', 'neoclassico', 'piccolo borghese' - più contestato e avversato dalla critica anni Settanta. [...] In Jules e Jim, Truffaut non fa altro che mettere in pratica i principi polemicamente sostenuti da Une certaine tendance du cinéma français in poi, in preciso contrasto con il cinema "della tradizione della qualità" anni Cinquanta: adatta il romanzo senza arrendersi alle difficoltà e senza spezzarlo in scene recitate ("Ho inserito nel film un commento off ogni volta che il testo mi sembrava impossibile da trasformare in dialogo o troppo bello per finire tagliato"), colloca i personaggi su un piano di uguaglianza ("nei film d'amore c'è spesso quest'idea, che m'infastidisce, dell'amore riservato a certuni... L'amante è sempre il personaggio seducente, il marito quello più sgradevole. Io ho lavorato nell'altro senso"), rifiuta la presenza dei divi ("il pubblico non crede nella storia, va a vedere una sfida, va a vedere se Michèle Morgan è più forte di Bourvil"). In questo senso Jules e Jim è profondamente nouvelle vague, e lo è quanto più dietro i denominatori comuni s'intravedono le spinte personali di Truffaut. E proprio a una spinta personale è dovuta la scelta di portare sullo schermo un romanzo che si svolge in un'altra epoca, decisione in contrasto con la forte tendenza alla contemporaneità della nouvelle vague, da Truffaut stesso praticata fino a quel momento.

Paola Malanga, Tutto il cinema di François Truffaut, Baldini & Castoldi, 1996