Genesi del film

Genesi del film

"Un film che era impossibile prevedere rispetto a ciò che sapevamo già del cinema"

Dall'orrore del lager a quello dell'atomica

Nella seconda metà degli anni '50, il mediometraggio di Alain Resnais, Notte e nebbia (Nuit et brouillard, 1955) “immenso film di 30 minuti che andava rivelando a delle generazioni di adolescenti e di adulti l'orrore dei campi nazisti”, ottiene un grande successo internazionale. “È in seguito a questo film che Anatole Dauman, che l'aveva prodotto, propone a Resnais di girare un lungometraggio sull'altro orrore di questo secolo di ombre: la distruzione completa il 6 agosto 1945 della città di Hiroshima a causa di una bomba atomica americana. Una casa di produzione Giapponese, la Daiei, si unirà alla Argos Films per facilitare le riprese in Giappone. Resnais, per la buona causa, certamente, si vede così legato alle commemorazione tragiche [...]. In breve, una sorta di circolo virtuoso sembrava condurli tranquillamente verso un conformismo di nuovo tipo – non più quello dei tradizionalisti cattolici e autoritario, ma dell'umanesimo di sinistra e del pacifismo naïf [...].


"Non possiamo più fare un documentario su un soggetto simile". L'incontro con Marguerite Duras

All'inizio, Resnais sta al gioco. Sollecita nuovamente la collaborazione di Chris Marker, che conosce il Giappone, e visiona i film realizzati su Hiroshima. Dopo sei mesi, dichiara forfait, adottando una tattica che sarà spesso la sua: passare ad un altro livello, cambiare registro. “Se voi volete un film su Hiroshima, chiedetelo a Dauman, comprate i diritti dei Giapponesi: né Marker né io possiamo fare di meglio. Non possiamo più fare un documentario su un soggetto simile. Ciò che farò, è fare un film di finzione”. Dauman accetta. Chi dice finzione dice scrittore. Dopo aver pensato a Simone de Beauvoir, propone a Resnais, che è daccordo, il nome di Françoise Sagan. Fissano quindi appuntamento al bar del Pont-Royal. Lei dimentica l'appuntamento. Resnais, che aveva appena letto con entusiasmo Moderato cantabile e visto Le Square, propone allora il nome di Marguerite Duras. Olga Wormser, storica che ha lavorato con lui in Nuit et brouillard, funge da intermediaria. Duras invita Resnais a prendere il thé da lei, in rue Saint-Benoît. Non sara del thé, ma della birra e il loro incontro durerà cinque ore. Si intendono bene. Tre giorni più tardi, lei gli sottopone un pezzo di dialogo tra una francese ed un giapponese. Lui è entusiasta, il produttore anche. L'accordo è concluso. Con due obblighi fissati da Resnais – che esistano due azioni differenti, e due periodi differenti, uno anteriore situato a Lyon sotto l'Occupazione; e uno al presente a Hiroshima –, Duras si mette immediatamente al lavoro, giorno e notte. In meno di tre mesi, la sceneggiatura è fatta, i dialoghi pronti, in stretta complicità con il regista ma in tutta libertà.

L'autrice di La diga sul Pacifico era il miglior vaccino possibile contro i benpensanti: la sua storia d'amore si svolge tra un giapponese poco fedele a sua moglie ed una francese che rivendica una “moralità discutibile”.

Questa, inoltre, parla del film sulla pace che sta girando ad Hiroshima – e che è, notiamolo, come la mise en abyme del film edificante che inizialmente avrebbero voluto imporre a Resnais –, si sfiora un atteggiamento di messa a distanza, se non di ironia, quando lei osserva: “Cosa vuoi che girino a Hiroshima se non un film sulla pace?”. A quel punto, Resnais, lungi dal porre un freno, “spinge la ruota”. A proposito del passaggio sul modo in cui la distruzione di Hiroshima è stata percepita dai francesi nell'agosto 1945, lui scrive il 7 agosto 1958 una cartolina a Marguerite Duras dove leggiamo: Ho l'impressione che la battuta su Hiroshima faccia ancora troppo “buoni sentimenti” e non abbastanza di “In fondo ci importava poco. E poi erano dei Gialli”.

(Dominique Noguez, Jeunesse d'Hiroshima, in Chihiro Minato, Marie-Christine de Navacelle, Dominique Noguez, Tu n'as rien vu à Hiroshima, Gallimard, Paris, 2009).



La dialettica Hiroshima-Nevers e la costruzione narrativa del film

Resnais "dichiarava di voler ‘opporre il lato enorme, mostruoso, fantastico di Hiroshima, alla minuscola, piccola storia di Nevers, che ci è rinviata attraverso Hiroshima, come la luce fioca di una candela è rinviata, ingrandita e rovesciata dalla lente’ (intervista di Michel Delahaye, “Cinéma 59”, n. 38). [...] In due mesi e mezzo la Duras scrive un vero romanzo, che rappresenterà quasi esattamente la struttura della sceneggiatura utilizzata da Resnais. La ‘forma’ narrativa, il rapporto oblio-memoria, la dialettica Hiroshima-Nevers, la stessa evocazione delle immagini immaginate (o meglio rivissute e attualizzate dalla protagonista) sono già indicate organicamente. Un’idea abbastanza concreta del cine-romanzo è fornita dal trattamento della stessa Duras, con la ricchezza delle motivazioni psicologiche e ideologiche in essa presenti. Ma la ‘forma’ iniziale del romanzo non è sufficiente: Resnais chiede alla scrittrice (mettendo a punto un metodo che diventerà una vera poetica) di scrivere un secondo trattamento, in cui le vicende dei personaggi siano completate e rappresentate nella loro continuità. Si viene così costituendo una sorta di scheda biografica che giustifica e motiva ogni gesto, pensiero o immagine mentale del personaggio. La costruzione definitiva del film verrà trovata solo quando alla struttura formale ipotizzata inizialmente corrisponde la materia ‘biografica’ e sociale dei personaggi fatta filtrare in essa.

Dice il regista: ‘Ho l’impressione che la forma deve preesistere, non so dove né come, e che automaticamente, quando si scrive, la storia deve scivolare nello stampo. Ogni volta che ho potuto girare dei film, sia a 16 che a 35 mm, mi sono accorto che non si può far fare qualsivoglia gesto a qualsivoglia personaggio, né far loro dire qualsiasi cosa’ (“Cahiers du Cinéma”, n. 123, settembre 1961). Solo dopo questo lavoro il regista può costruire le immagini del film, in un certo senso riproduzione sostitutiva e necessaria della vita anteriore ‘reale’ dei suoi personaggi.

È interessante inoltre il fatto che il regista chiedesse alla sua sceneggiatrice di descrivergli le qualità delle immagini che avrebbero dovuto illustrare la storia, utilizzando la sua capacità evocatrice ben oltre la pura scrittura del testo letterario. (Flavio Vergerio, I film di Alain Resnais, Gremese Editore, Roma, 1984).

 

La preparazione del film secondo Resnais

Così lo stesso Resnais raccontò la preparazione del film in un'intervista rilasciata oltre quarant'anni più tardi:

Cos'è successo nella preparazione di Hiroshima mon amour?
Parlando con Marguerite Duras, abbiamo constatato che, anche se nel 1958 bombe atomiche giravano continuamente intorno alla terra, pronte a far esplodere il pianeta, ebbene noi potevamo vivere tranquillamente come se niente fosse. Se qualcuno l'avesse detto cinque o dieci anni prima, non sarebbe stato creduto. Era l'idea che, alla fine, ci si abitua a tutto. Allora piuttosto che fare un film sulla bomba atomica, che era la commissione di partenza, da parte di Argos Films, abbiamo avuto voglia di fare un film sull'idea della bomba atomica, che presente sullo sfondo, non sarebbe stata direttamente sullo schermo.

[...] L'inizio del film mostra immagini molto concrete della sofferenza e dell'orrore. È talvolta insostenibile guardarle, come fu insostenibile guardare l'esplosione stessa.
È piuttosto la coscienza dell'eroina che assorbe queste immagini difficili. Tutto passa attraverso le sue parole, le sue idee, i suoi impegni. Il mio film non ha niente a che vedere con quello di Peter Watkins, The War Game, dove tutto è andato come un documento, il più autentico possibile. In Hiroshima, ci si può sempre domandare se le cose hanno avuto luogo o se non sono proiettate mentalmente dall'eroina.

Ma l'esplosione di Hiroshima ha avuto luogo, e, mostrando le immagini che ha scelto, la significa senza ambiguità.
La commissione da parte della Argos era precisamente quella di realizzare un documentario sull'esplosione di Hiroshima. Sono partito con questa idea, ho visionato tutto quello che era possibile vedere negli archivi cinematografici di Parigi a quell'epoca. Sono stato molto scosso, perché questi documenti erano molto forti e costituivano essi stessi il documentario che dovevo fare. Ma c'era una somma in yen bloccata, su un conto a Tokyo per la produzione. Bisognava continuare. Allora ho proposto un'altra forma. E l'incontro con Marguerite Duras ha cambiato molto la prospettiva. [...]

Qual è stata la sua reazione vedendo questi documenti su Hiroshima, girati dall'operatore giapponese Iwasaki nelle ore e nei giorni che seguirono l'esplosione?
Ho visto questi film. All'inizio frammentati in piccoli spezzoni nei cinegiornali della Liberazione, nel 1945. Poi li ho visti integralmente, almeno quel che si poteva vedere a Parigi, cioè non molto di più, per preparare il mio film. Era abbastanza. Non si può che avere una reazione di orrore di fronte a questi film. Si può dire che il mio lavoro è partito da lì. Occorreva che anche l'eroina avesse “visto” questi film. Lo dice, d'altronde, ed è la sola cosa che ha visto degli effetti delle bombe.

Tu non hai visto niente a Hiroshima”, le dice l'uomo. “Si, ho visto. Ho visto questi film. Questi film, li ho visti”, lei risponde...
Questi film sono la prova dell'esplosione, la testimonianza degi effetti della bomba. Occorreva dunque che fossero iscritti nel suo spirito con molta forza.

È per questo che li ha collocati all'inizio del film, prima della fiction, in un certo senso, come se fossero un preludio necessario?
È una sua lettura. Io sono un montatore e il mio problema era far corrispondere due tipi di immagini molto diverse in quetso momento del film, i documentari girati a Hiroshima e la stretta dei due corpi degli amanti. [...]

L'altra idea è quella di far tornare queste immagini del film con la mediazione della visita al museo di Hiroshima, in cui queste donne, al momento delle riprese, sembrano accogliere lo spettatore guardandolo negli occhi, mostrando le immagini dopo l'esplosione. Si ha l'impressione che servano da guida.
Queste scene sono state girate sul posto. La memoria dell'esplosione nella mente e le sue tracce nel paesaggio, negli edifici, nel museo erano molto presenti a Hiroshima quindici anni dopo la bomba. È in questo modo, soprattutto, che la storia rientra nel film, tornando sugli stessi luoghi diversi anni dopo. I documenti, in se stessi, non sono la storia, sono piuttosto il tempo che scorre fra queste immagini abbastanza difficili da guardare e le riprese, quindici anni dopo, che fanno entrare la storia nel film.

E il testo di Duras, com'è intervenuto? Prima o dopo la visione di queste immagini?
Marguerite Duras ha visto un primo montaggio dall'inizio del film e ha scritto il testo. C'è una leggenda secondo la quale l'avrei rinchiusa in una stanza a fianco dello studio di montaggio, finché non avesse terminato la scrittura. È falsa, beninteso.

In seguito ha lavorato a partire dal suo testo?
[...] Nel caso di Hiroshima, per certi momenti del film, l'inizio in particolare, Marguerite Duras è partita da un primo montaggio; per altri momenti – la storia della donna rasata di Nevers o l'incontro finale nel ristorante – è stata Marguerite Duras a scrivere per prima qualcosa.


(da Le siècle du cinéma, intervista di Antoine de Baecque e Claire Vassé, “Cahiers du cinéma”, numero speciale, novembre 2000, tr. it. in Alain Resnais. Il metodo la creazione lo stile, a cura di Maurizio Regosa, Biblioteca di Bianco & Nero, Marsilio, Venezia 2002).



Le reazioni dopo l'uscita a Cannes

Il film fu presentato l'8 maggio al Festival di Cannes. Ecco una cronaca dell'epoca:

“Cannes, 8 maggio. Hiroshima mon amour è esploso come una bomba questo pomeriggio al Festival di Cannes. Il film di Alain Resnais, suo primo lungometraggio, co-produzione franco-giapponese, che figurava sulla lista proposta dalla Commissione francese delle selezioni, ma che non veniva che in terza posizione dopo I 400 colpi e Orfeo negro non è stato inserito in concorso ma era presente fuori competizione nella grande sala del Palais du Festival dove, davanti ad una sala colma, ha fatto scalpore.

“Magnifico”, ha dichiarato in uscita Jean Cocteau, presidente d'onore del Festival [...].

“Mi sono molto commosso”, ha riconosciuto Henri-Georges Clouzot. “È uno di quei film che fanno crollare un muro, che aprono al cinema nuovi orizzonti”.

Yves Allegret: “Ammirevole”.

Jean Delannoy: “Sono sconvolto”.

Raymond Rouleau: “Vado subito a scrivere ad Alain Resnais per comunicargli la mia ammirazione”.

L'entusiasmo non è meno vivo nella “Nouvelle Vague”.

“ È al di sopra di tutto, è quello che si può dire”, ha ammesso Claude Chabrol.

La giuria è più divisa: possono per una volta spiegare le loro opinioni pubblicamente – dal momento che il film non è in gara – il presidente Marcel Achard ha dichiarato: “Al di sopra di tutto”. E Max Favalelli: “Un occhio prima, e due dopo”. Favalelli non esauriva gli elogi sulla principale interprete, Emmanuelle Riva, che rischiava, all'uscita, di essere soffocata dai cacciatori di autografi.

La sceneggiatura e i dialoghi sono di Marguerite Duras, autrice di La diga sul pacifico, adattato per lo schermo da René Clément. [...]

“Non abbiamo avuto”, spiega Marguerite Duras “nessun obiettivo patriottico o antipatriottico. Abbiamo voluto fare un film sull'amore. Quelli che lanciano la bomba su Hiroshima, quelli che sono stati rasati dopo la Liberazione, i 110.000 morti di Hiroshima e quelli che rasano la figlia del farmacista di Nevers sono delle vittime di questo accecamento: la guerra”.

Come tutte le opere di Alain Resnais (il suo cortometraggio Les Statues meurent aussi, che aveva vinto il premio Jean-Vigo nel 1954, rimasto proibito dalla censura), Hiroshima mon amour sicuramente farà colare molto inchiostro.”

“Fatto sta che il film susciterà anche reazioni negative, anche in Francia, in tutti i casi il timoroso Centre du Cinéma: al Festival di Cannes, il film non sarà ammesso alla selezione ufficiale per non offendere gli americani i quali – di già! - sono pronti a fare tutte le concessioni per le quali onorano il festival della loro presenza. Per questi motivi, Hiroshima mon amour dovrà accontentarsi di due premi assegnati, fuori dall'albo ufficiale, da delle associazioni di critici di cinema.

Non sarà da meno l'avvenimento dell'anno 1959. Poiché per quanto abbiamo trovato dei legami con i film precedenti di Resnais, è anche un film UFO, film di cui Jean-Luc-Godard osserverà con grande sagacia, durante la tavola rotonda organizzata dai “Cahiers du cinéma” nel luglio del 1959, che è “un film che era impossibile prevedere in rapporto a quello che sapevamo già del cinema”.

(Dominique Noguez, Jeunesse d'Hiroshima, in Chihiro Minato, Marie-Christine de Navacelle, Dominique Noguez, Tu n'as rien vu à Hiroshima, Gallimard, Paris, 2009).