Non c'è due senza tre: Final Cut (e restauro)

Non c'è due senza tre: Final Cut (e restauro)

"Francis è un vero artista. Non credo che sia mai giunto a un punto definitivo nella sua visione di che cos'è stato il Vietnam, per questo ha lasciato Kurtz senza risposte. Credo che dall'inizio volesse fare di Apocalypse Now un'opera in progress, su cui ritornare e da redistribuire ogni anno".

(John Milius)




Dato che l'originale di Apocalypse Now non era solo lungo ma anche insolito nello stile e nella sostanza per un film dell'epoca, abbiamo pensato di tagliare ove possibile non solo per questioni di tempo ma anche per tutto ciò che poteva sembrare 'strano'. Una quindicina di anni dopo lo davano alla TV mentre mi trovavo in albergo, e dato che mi è sempre piaciuto l'inizio mi sono messo a guardarlo e ho finito per vedermelo tutto. Mi sono reso subito conto che il film non era strano come pensavo, ed era diventato più 'contemporaneo'. Aggiungiamoci che molti (compreso il distributore) pensavano che fosse stato scartato tanto ottimo materiale. Tutto questo ha condotto a quello che è stato poi chiamato Apocalypse Now Redux [...]. In seguito, quando mi chiedevano quale versione preferissi vedere in circolazione, mi capitava spesso di pensare che l'originale del 1979 fosse stato accorciato troppo brutalmente e che Redux fosse troppo lungo, così mi sono deciso a favore di quella che mi sembrava la versione perfetta, che è intitolata Apocalypse Now - Final Cut.

(Francis Ford Coppola)




Come i suoi colleghi George Lucas e (in minor misura) Steven Spielberg, Francis Ford Coppola ha esitato a chiudere il capitolo dei film che l'hanno reso famoso. Ma mentre le revisioni digitali di Star Wars e di E.T. sono state disprezzate da molti, nel 2001 Apocalypse Now Redux è stato trattato con rispetto dalla critica e dal pubblico. [...]
Adesso ci è tornato su, e ha tenuto molte delle aggiunte di Redux riducendo e ritoccando qua e là: Apocalypse Now - Final Cut con i suoi 183 minuti (è mezz'ora più lungo della versione del 1979) è pensato per essere "perfetto così" [...]. È un'esperienza sensoriale straordinaria, con colori profondi e un suono sfaccettato che amplifica l'effetto ipnotico del film.

(John DeFore, "The Hollywood Reporter", 1° maggio 2019)

 
Il restauro


Il film è stato restaurato in 4K nel 2019 da American Zoetrope in collaborazione con L’Immagine Ritrovata presso il laboratorio Roundabout a partire dal negativo camera originale.


Un restauro che vuole dialogare con il passato e che non vuole cancellare le tracce del tempo: questo il modus operandi e l’obiettivo dell’operazione, terza versione in quattro decadi con cui Coppola ha ammesso di avere trovato finalmente la “misura perfetta” per il suo film. Se la prima versione, quella presentata nel 1979 a Cannes, era a detta di Coppola troppo corta poiché priva di tutti gli elementi più “strani”, e la versione Redux del 2001 era troppo lunga, comprensiva di tutto ciò che era stato girato e non incluso nella prima, la Final Cut ha saputo trovare un giusto equilibrio tra le due e la soddisfazione del regista.
Partendo per la prima volta dal vero e proprio negativo e non dal cosiddetto interpositive, il team di restauratori è riuscito ad ottenere la migliore qualità possibile. Grazie alle nuove tecnologie disponibili come i software digitali e i print scanners si è ottenuta una maggiore stabilizzazione e una visibile riduzione del flicker. I dettagli – come i contorni delle nuvole nel cielo mattutino – sono stati resi ancora più nitidi e la color correction è rimasta fedele alla complessa fotografia costruita dal DOP Vittorio Storaro.
Proprio nell’ottica di fedeltà all’originale e di rispetto dei segni del tempo, il team ha deciso di mantenere visibile la pasta della pellicola con quella consistenza tipica dell’analogico. L’unica parte dove si è intervenuti leggermente di più è stata la prima inquadratura, l’apertura iconica con la linea di palme mosse dal vento sovrastate da un cielo rossastro: proprio in quanto “prima cosa che vedono gli spettatori”, i restauratori hanno deciso di ridurre la grana, altrimenti molto visibile, sempre però “quel poco che bastava per mantenerla naturale”.
Coppola voleva che il pubblico fosse parte dell’esperienza, e in questo senso la cura del sonoro ha portato questa versione del film a un livello di qualità altissimo, creando un ambiente sonoro vivo, dinamico, caldo. La vicenda del sonoro del film è curiosa: nel 1979 furono fatti due master del sonoro, uno per Zoetrope e uno per MGM, che per qualche motivo scomparvero. Tuttavia nel 1980 una copia mandata ai Pinewood Studios nel Regno Unito per fare il doppiaggio straniero venne miracolosamente ritrovata in un cassonetto proprio da un impiegato della Zoetrope che all’epoca lavorava a quegli studi, e che l’ha poi conservata per dieci anni. “Tutto ciò che abbiamo fatto sul suono dal 1991 viene da quella copia del cassonetto, una copia a 44 kilohertz, a un livello ciò inferiore allo standard di 48 – inferiore quindi a un master di tre generazioni prima!”.
Come per le immagini, l’audio è stato trasferito a una più alta risoluzione (anzi più alta che mai) grazie soprattutto al lavoro del tecnico del suono Walter Murch, che aveva lavorato anche alla versione Redux e che quindi conosceva quel sonoro forse più di qualsiasi altra persona al mondo. L’uso del Dolby Surround, di cui tuttavia non si è abusato ma anzi fatto un uso molto moderato, ha permesso di creare un ambiente sonoro immersivo, facendo percepire allo spettatore in modo dinamico e profondo l’ambientazione del film – in tutta la sua potenza.

Resoconto di Bianca Ferrari dell'incontro sul restauro di Apocalypse Now tenutosi a Bologna il 28 giugno 2019 nell'ambito del festival Il Cinema Ritrovato. Relatori: James Mockoski (American Zoetrope) e Vincent Pirozzi (VP of Mastering, Roundabout Entertainment); moderatore: Lee Kline (Criterion).