Kurtz c'est nous

Kurtz c'est nous

"Francis aveva l'arroganza, l'ambizione, la hybris che ci volevano per fare Apocalypse Now. Ogni volta che dirigo un film, penso 'Se mi ammalo, è qui che voglio morire'. Lo stesso tipo di pulsione che sentivo in Francis. C'era un terribile tifone, e Francis gridava: 'Giriamo! Facciamo qualcosa! Prendete la macchina e giriamo! Per questo siamo venuti fin qui'. Era diventato Kurtz".

(John Milius)




Ci sono film che si fanno per vivere e film che ti rubano la vita. Tutto fa credere che Apocalypse Now sia stato per il suo autore molto più di ciò che appare a noi spettatori. Penso (è una semplice supposizione) che, di tutti i suoi film, sia quello che meno lo soddisfa, nonostante sia (e Coppola lo sa) il suo film più importante. Non lo soddisfa in pieno perché dei tre anni di vita che gli è costato, solo una parte è finita sullo schermo; il più è rimasto nella sua mente e nel suo cuore come un grumo di sentimenti cattivi, che non gli hanno concesso nemmeno una tregua provvisoria con le sue angosce. Per quanto straordinario possa apparire a noi che lo vediamo 'finito', per Coppola mancherà sempre qualcosa al suo capolavoro. Il viaggio alla ricerca di Kurtz per lui continua ancora, perché Kurtz non è solo il personaggio interpretato da Marlon Brando, ma molto più verosimilmente Coppola stesso, che non può scrivere la parola fine se non a costo della vita.

(Gianni Amelio, Il vizio del cinema, Einaudi, 2004)




L'interpretazione di Brando diventa quasi astratta, un cranio nudo, occhi malati che forano lo schermo, "un corpo da toro, ma da toro che sa che i suoi giorni sono contati", movimenti lenti e stremati, una voce. Quella voce che ha ossessionato tutto il viaggio e che dirà ora le sue battute più ambigue e più folli, la sua filosofia dell'uomo e del male, oltre ogni epoca e tempo storici, lentamente e implacabilmente, monotonamente, col suo caratteristico modo di sussurrare. Inquadrato spesso in primi o primissimi piani, il cranio rasato che nel buio catalizza la luce e fa pensare a una qualche grottesca scultura di un dio delle caverne, solo raramente a figura intera, oscura massiccia minacciosa conturbante presenza anch'esso, in qualche modo 'elegante', è tuttavia sulla sua voce che Coppola concentra la nostra attenzione, e sulla bocca che la emette, oscuro oracolo primigenio.
I generali hanno mostrato a Willard alcune foto di Kurtz in divisa. Sembrano foto di Uomini, di Riflessi in un occhio d'oro (e forse lo sono). Non somigliano al Kurtz che poi vedremo. La metamorfosi è compiuta, dall'ingenua fiducia nella storia alla scoperta delle profondità nascoste del proprio essere fino alla coscienza malata del male e dell'orrore. "The horror!" sono le ultime parole che Kurtz pronuncia nel libro e nel film. Quale che sia il nostro giudizio sul film e sull'attore, chi altri se non Brando, col peso delle sue immagini passate, avrebbe potuto essere Kurtz sullo schermo?

(Goffredo Fofi)