Melvin Van Peebles

Melvin Van Peebles

Quando arrivai a Parigi mi accolsero e proiettarono i miei film.
Era l’agosto 1960 e non avevo un soldo in tasca.
Avevano fatto qualcosa di molto pericoloso:
mi avevano incoraggiato..
Melvin Van Peebles


Melvin Van Peebles […] non ha inventato il black cinema, ma non è esagerato dire che ha spalancato le porte al black cinema come lo conosciamo. È una porta che, fino al suo arrivo, era stata tenuta ben chiusa – da Hollywood e dalla cultura americana tradizionale. C'erano una manciata di attori neri famosi, come Sidney Poitier, Lena Horne e Cicely Tyson, e una manciata di film di registi neri, ma c'era ancora un vasto elenco di cose che gli artisti neri potevano e non potevano fare. Van Peebles si presentò di fronte al suo pubblico, con quell’elenco in mano, e lo bruciò.
Owen Gleiberman, “Variety”, 23 settembre 2021


Nato a Chicago nel 1932, Van Peebles frequenta l’Università Wesleyana dell'Ohio e si laurea nel 1953. Nel 1955 conosce Maria, che appartiene a una ricca famiglia bianca liberale, con cui ha tre figli. Van Peebles entra nell’aeronautica militare, diventa aviatore, e dopo tre anni di servizio si stabilisce a San Francisco, dove inizia a girare cortometraggi. […] Quando si rende conto che il suo talento non è apprezzato a Hollywood, decide di trasferirsi in Olanda, dove studia astronomia e recitazione. In seguito a problemi coniugali si sposta a Parigi e riaccende il suo interesse per il cinema. Sapendo che avrebbe potuto ricevere supporto finanziario dal governo in qualità di regista francese, Van Peebles impara la lingua e scrive vari romanzi in francese per farsi conoscere. Con questa strategia arriva a dirigere The Story of a Three-Day Pass (1968), che riceve l’attenzione della critica al San Francisco Film Festival. Da qui, Van Peeble riesce a tornare a Hollywood.
Melvin Donalson, Black Directors in Hollywood, University of Texas Press, 2003


Melvin Van Peebles è una figura singolare nel cinema americano, e nell’industria culturale americana in generale, ed è facile meravigliarsi di quanto sia stato ampio in soli cinquant’anni il suo lavoro creativo. Senz’altro, Van Peebles, regista iconoclasta, romanziere parigino, memorialista, reporter, drammaturgo candidato ai Tony Awards, insegnante, musicista, agente di borsa e […] fumettista, è una figura il cui lavoro è stato a tratti fondamentale e a tratti dimenticato, la cui opera è piena di dettagli contraddittori e affascinanti, il cui contributo alla storia del cinema americano è al contempo significativo e sfuggente.
Brandon Harris, “Filmmaker”, 22 settembre 2021


Van Peebles è cresciuto all'epoca di film hollywoodiani come Via col vento (1939), Dixie (1943) e I racconti dello zio Tom (1946) ed è diventato regista a circa vent’anni motivato in parte dalla convinzione che i film stessero corrompendo le menti degli afroamericani. “Ero stanco di sorbirmi la merda dei bianchi e di lasciare che fossero loro a definirci”, ha scritto nel suo libro A Guerrilla Filmmaking Manifesto, pubblicato nel 1971. […] “Ho pensato che avessimo il diritto di definirci da soli. Sono molto fiero di aver deciso di fare qualcosa a riguardo”. Servendosi dei suoi prodigiosi talenti […] guidò un attacco al razzismo radicato a Hollywood, dimostrando non solo di essere in grado di produrre film di tendenza e culturalmente rilevanti – commercializzandoli direttamente al pubblico nero tramite colonne sonore e campagne promozionali dal basso – ma anche di poter battere il sistema degli studios al loro stesso gioco.
Craigh Barboza, “Cineaste”, vol. 47, primavera 2022


Van Peebles ha raggiunto la sua posizione unendo in sé i ruoli di artista e di imprenditore. […] La chiave del suo successo, oltre al talento, è il suo pubblico, quello che lui chiama il suo “elettorato”. Ha scoperto quel pubblico, ne ha reso popolare la cultura e infranto le barriere razziali. Quel pubblico era sempre stato lì, ma prima di lui nessuno sembrava sapere esattamente come raggiungerlo. Van Peebles ha dimostrato che black può significare redditizio, che ciò che è marginale può diventare di massa e ciò che è etnico può vendere. Il suo terzo film, Sweet Sweetback's Baadasssss Song, di cui è stato sceneggiatore, regista, produttore, attore e compositore, è costato cinquecentomila dollari e ne ha incassati circa dieci milioni al botteghino. “Prima che tre bianchi lo vedessero, aveva già incassato cinque milioni di dollari”, ha affermato Van Peebles con orgoglio. “Il vero messaggio di Sweetback è che siamo noi ad avere le chiavi del nostro botteghino. Sono i dollari neri, i dollari emarginati, che vanno a vedere questi prodotti”.
Mel Gussow, “The New York Times”, 20 agosto 1972