Dal romanzo al film: una lettura politica

Dal romanzo al film: una lettura politica

L’unica chiave di lettura possibile, dal mio punto di vista, mi parve quella politica. Il libro di Sciascia poteva forse prestarsi ad altre interpretazioni, senza dubbio, ma nel momento in cui decisi di trarne un film, non mirai che ad un solo obbiettivo, quello di danneggiare la Democrazia Cristiana, col massimo di pregiudizio possibile, se così si può dire.
Si era alla fine del 1974. Da allora molte cose sono accadute in Italia, tra cui due elezioni che hanno assunto, col concorso dei preti e degli americani, valori millenaristici. Sono state compiute stragi sanguinose, sono scoppiati scandali tragicomici, si sono susseguiti a centinaia gli attentati, la crisi economica ha raggiunto modalità forse irreversibili, tutto avvolto nella grande nube fetida che emana dal corpo tumescente delle grande istituzioni statali.
Ma io, oggi, rifarei ancora il film contro la Democrazia Cristiana, più che mai convinto che i suoi dirigenti siano i responsabili, ormai pienamente coscienti, dell’attuale stato di degradazione in cui versa la vita politica e sociale italiana. In trent’anni essi hanno garantito la continuità dello stato fascista, la restaurazione dei peggiori modelli capitalisti, il ritorno a metodi politici basati sul parassitismo clientelare prefascista, e sulla corruzione. Nell’opera di americanizzazione del paese, imposta col massimo di irrazionalità, essi hanno gettato il paese in una sorta di miseria culturale ch’è anche fonte di disperazione culturale, di idiozia culturale, di impotenza culturale. Intorno a loro fanno blocco le fasce parassitarie di tutte le classi sociali, le più coinvolte nel naufragio culturale degli anni Sessanta, la parte malata del paese.
In questo quadro, non soltanto rifarei Todo modo nella stessa chiave scelta allora, ma mi duole d’averlo fatto, semmai, con qualche concessione a quella “misura”, a quel “buon gusto” che appaiono essere gli elementi stilistici distintivi della presente miseria politico-culturale: di non essere stato, dunque, più fazioso, di non aver mostrato più apertamente, e senza complessi, il mio disgusto, comune a tanti italiani. credo sia giusto difendere il diritto d’un italiano della mia generazione alla faziosità ed al disprezzo, quando ha raggiunto in trent’anni, e con tutte le possibili cautele, la convinzione, di molti, che attraverso la Democrazia Cristiana è passato nuovamente quanto di peggiore vi sia nelle caratteristiche nazionali, la furbizia, l’opportunismo, il trasformismo. È un diritto che ci siamo guadagnati in tanti anni di opposizione, spesso debole e inefficace, ma certo recise, all’azione necrotizzante della Democrazia Cristiana.
Faziosi e disgustati hanno diritto di essere coloro che erano ragazzi alla caduta del fascismo, e che hanno assistito al tradimento di semplici ed umane speranze in una società più giusta da parte della borghesia e del suo partito maggioritario (in questo, almeno, erede indiscusso del partito fascista): e che sono diventati uomini in mezzo al puzzo crescente della corruzione del tessuto umano e sociale capitalistico.
Faziosi, nauseati, rivoltati abbiamo il diritto d’esserlo tutti noi, davanti alla certezza che quel che fatto è fatto, ossia, che i valori che rendevano autonomi il costume e la cultura delle classi popolari italiane sono ormai irrecuperabili. Per ora, su tutto e su tutti, ha vinto l’ideologia piccolo-borghese, attraverso il corporativismo.


[Elio Petri, in Scritti di cinema e di vita, a cura di Jean A. Gili, Bulzoni, Roma, 2007, pp. 157-158]


Certo è che Todo modo, il suo film più direttamente polemico, così rancoroso e spietato verso il gruppo dirigente al potere, i democristiani, non portava la mia firma e dunque le sue posizioni estreme non potevano essere attribuite che a lui. Le condividevo, ben inteso, ma in quell'occasione non potevo essere considerato il suggeritore.
In sequenze di una grande forza espressiva Gian Maria Volonté, tornato sul set di Petri, impersonava un personaggio in tutto simile ad Aldo Moro. Mi sarebbe piaciuto scriverlo con lui perché anche in quell'occasione io condividevo quella ribellione che urlava in ogni immagine del film.

[Ugo Pirro, Il cinema della nostra vita, Lindau, Torino 2001]

 

 

Ripensare a Todo modo tenendo a mente il film di Elio Petri e il romanzo di Leonardo Sciascia, non è difficile. I due 'testi', se così possiamo chiamarli, sono profondamente omologhi, e raramente ho visto una tale corrispondenza tra romanzo e cinema come in questo caso.
Il film uscì due anni prima dell'uccisione di Moro, e fu profetico quanto il romanzo. Spesso la letteratura capisce gli eventi, li anticipa e li spiega - e questo fa davvero impressione - prima che avvengano. Spesso la letteratura dà risposte a temi che non esistono ancora, risposte dove non c'è ancora la domanda. Nel caso di questo libro di Sciascia la domanda è arrivata poco dopo, nel 1978, e Sciascia la sua risposta l'aveva già data. Il film sparì per sempre dalla circolazione perché Volonté assomigliava troppo ad Aldo Moro, e infrangeva un tabù.
[...] Forse Petri aveva letto un saggio molto interessante di Sciascia che si intitolava Breve storia del romanzo poliziesco dove spiegava che il romanzo poliziesco, il giallo o il noir sono un modo per rendere il mondo più accettabile, più logico, e persino più ordinato. Ma è un cruciverba, alla fine una soluzione si trova sempre. E i personaggi dei gialli sono sempre netti e chiari, anche quando sono dei bei personaggi. Anche quando è Jules Maigret, anche quando è il commissario Montalbano. Ma Petri cambia colore al giallo, lo rende grigio, sgranato, sfuggente. Un colore senza colore, una patina trasparente, avvolgente e pericolosa che si può intuire ma non si riesce a dimostrare.
Petri non dà risposte rassicuranti, ha le stesse risposte di Sciascia di fronte al potere: non possiamo pensare al potere se non con un misto di disagio e disgusto.
[...] Elio Petri ha attraversato i territori del buon senso in un film che rimane su un crinale continuo, da una parte è un film profondamente letterario, dall'altro visivo. E riesce a raccontare in immagini uno scrittore tra i più letterari che abbiamo avuto in Italia.

[Roberto Cotroneo, Petri e Sciascia: per una lettura di Todo modo, in L'ultima trovata. Trent'anni di cinema senza Elio Petri, a cura di Diego Mondella, Pendragon, Bologna 2012]