Il film e la Storia

Il film e la Storia

Numerosi personaggi del film sono ispirati a figure reali del periodo dell’occupazione nazista di Roma (durata dall’8 settembre 1943 al 4 giugno 1944).

Don Pietro Pellegrini (interpretato da Aldo Fabrizi) nel soggetto era ispirato a don Pietro Pappagallo ma in fase di sceneggiatura fu modellato sulla figura di don Giuseppe Morosini, anch’egli impegnato ad aiutare la Resistenza, arrestato dalla Gestapo in seguito a delazione, torturato e fucilato il 3 aprile 1944 a Forte Bravetta. Secondo Roncoroni, fu una “sostituzione in corsa”, “sicuramente dovuta alla volontà di non evocare il luogo reale dov’era morto don Pappagallo, le Fosse Ardeatine, per non rievocare la causa che le aveva prodotte, ovvero l’attentato di via Rasella” (La storia di “Roma città aperta, Cineteca di Bologna – Le Mani, Recco 2006, p. 26). Quest’azione partigiana, infatti, aveva suscitato (e continua a provocare) innumerevoli controversie, perché espose la popolazione alla rappresaglia nazista e quindi si preferì evitare di citare l’attentato nel film. Ma le azioni di don Pietro a favore della Resistenza (procurare documenti falsi e asilo) corrispondono a quelle di don Pappagallo. Le ultime parole pronunciate da don Pietro (la stessa frase di Cristo sul Golgota), invece, coincidono con quelle dette da don Morosini.

Pina è ispirata ad una popolana romana, Teresa Gullace, madre di cinque figli e in attesa di un sesto (come il personaggio impersonato di Anna Magnani), uccisa da un soldato nazista il 3 marzo 1944, perché protestava per suo marito imprigionato alla caserma dell’81° Fanteria di viale Giulio Cesare. Amidei racconta di avere letto la notizia dell’assassinio della donna riportata da “l’Unità” il 15 marzo.

In Giorgio Manfredi (interpretato dal regista e attore Marcello Pagliero) alias Giovanni Episcopo alias Luigi Ferraris, ci sono connotati di Celeste Negarville, esponente di primo piano del PCI e direttore de “l’Unità”, anch’egli arrestato dai fascisti, e di altri membri della Resistenza e del PCI (compreso lo stesso Amidei, che avrebbe voluto fosse interpretato dall’attore di teatro Renato Cialente, morto in un incidente).

Giuseppe Albano detto “il Gobbo del Quarticciolo” ispirò il personaggio del ragazzino “gobbetto” che, con alcuni coetanei, intraprende azioni contro i nazifascisti.

Il maggiore Bergmann (Harry Feist) fu ispirato a Herbert Kappler, comandante della Gestapo a Roma e a Eugen Dollmann, colonnello delle SS nella Capitale.

La fucilazione di don Pietro e le pressioni del Governo italiano

Nella sceneggiatura originale era scritto che don Pietro veniva fucilato da un plotone del PAI (Polizia dell’Africa Italiana), comandato da un ufficiale italiano.

Il 20 febbraio 1945, a riprese da poco iniziate, scattarono le pressioni del Governo: il Presidente del Consiglio Ivanoe Bonomi, ex presidente del CNL, appartenente al partito Democrazia del Lavoro, anche Ministro dell’Interno, ordinò al Ministero di intervenire: “Per vero la sentenza fu eseguita da altro Corpo di Polizia come ripetutamente reso noto dalla stampa quotidiana”. Tali pressioni furono accolte, tanto che a dare il colpo di grazia a don Pietro nel film, contro ogni verosimiglianza storica, non è più un ufficiale italiano ma un ufficiale tedesco.