Visconti e gli attori

Visconti e gli attori

Il cast è forse la più grande delle scommesse di questo film 'impossibile', che consacrerà nuove star e dove molti, aderendo totalmente al personaggio, avranno l’occasione della migliore interpretazione della carriera. Secondo Paolo Stoppa, Visconti agiva sul subcosciente degli attori; Renato Salvatori che vediamo, durante il film, decomporsi, fisicamente e moralmente, Visconti lo aveva scelto perché l’aveva visto picchiarsi con Umberto Orsini per conquistare Rossella Falk. Salvatori passerà cinque mesi di palestra per giungere ad un’immedesimazione totale nel personaggio di Simone. Al termine delle riprese sposerà Annie Girardot, che Visconti aveva diretto a teatro nel ’58 a Parigi, in Deux sur la balançoire, e che nel film porterà una potente carica erotica e un’angosciosa malinconia. Quando vede Delon, che era alle sue prime armi, Visconti capisce di aver trovato Rocco. Ha la bellezza e il candore di Rocco, L’Idiota Rocco, il poeta disarmato, “il rappresentante più illustre della bontà fine a se stessa”. Uno degli azzardi che si rivelerà più riusciti è quello di far interpretare il ruolo della donna lucana, a una grande attrice greca, molto amata da Welles, Katina Paxinou, abituata a parti di Elettra, Giocasta, Ecuba, che entrerà perfettamente nella parte di Rosaria, la madre padrona (vicina a Maddalena di Bellissima) mai paga, che esige tutto per i suoi figli.
(Gian Luca Farinelli)



Renato Salvatori


Io ero molto amico di Luchino. Se ho imparato qualcosa, l'ho imparata da lui. Ero come un cagnone che gli stava appresso, con le orecchie dritte, attente, per cercare di imparare. Dopo tutto era normale, si trattava del mio lavoro, mi interessava solo quello. Luchino è stato il mio maestro anche di vita. Se ho quelle lampade di Galle su quei tavoli, è perché una volta andai a Parigi con lui e me le fece conoscere e apprezzare, altrimenti io che ne sapevo chi era Galle! Questo, tanto per dire. E così una infinità di altre cose. Quindi per me parlare di Luchino non è solo parlare di un film, ma di una vita... Un giorno mi disse che stava preparando un soggetto, lo stava scrivendo e io ne sarei stato il protagonista. Dio, che momento fu quello! Indescrivibile, proprio. Poi cominciarono a sorgere delle difficoltà enormi per farlo. Perché quando i produttori sentivano il nome di Luchino facevano i buchi nei soffitti. Erano sempre stati un disastro dal punto di vista dei guadagni, il primo diretto da lui che fece soldi fu proprio quello che scrisse per me, Rocco. Da principio doveva produrlo Cristaldi, il quale però voleva la Bardot o la Pascale Petit. Luchino gli rispose che come massimo poteva farsi fare le mani dalla Bardot o dalla Petit. Lui voleva la Girardot. Nel frattempo io ebbi a che ridire con Lombardo, che mi teneva sotto contratto. Ero stufo di fare dieci film l'anno del genere della Nonna Sabella, mi spremevano come un limone, non ne potevo più. Cosi gli dissi basta, o smetto o voglio fare un film di qualità come quello che sta pensando Visconti. E Lombardo mi disse: "Va bene, portami la storia, poi vediamo". Il giorno appresso mi presentai da lui con Luchino. Tra loro si instaurò subito un rapporto di grande comprensione, di simpatia. Mi sembrava un miracolo, troppo bello. E difatti, subito dopo, scoppiò un casino perché Lombardo era disposto a fare il film ma non voleva che lo interpretassi io anche se ero a contratto con lui. Credo non fosse troppo entusiasta di me come attore, non so, insomma si era messo in testa Paul Newman. Luchino andò avanti per un paio di mesi continuando a ripetere che invece dovevo farlo io, finché all'ultima riunione si incazzò, batté i pugni sul tavolo, disse che o lo faceva con Salvatori o niente. Del resto, si era proprio ispirato a me per il personaggio, anche quando avevo fatto quella scazzottata con Umberto Orsini per la Rossella Falk gli avevo dato uno spunto, si era entusiasmato, eravamo stati tutta notte a vagare nei pressi della casa con lui che ripeteva: "Ma lo potevi ammazzare, bel risvolto, bel risvolto!..." Luchino, poi, nelle faccende incasinate ci sguazzava!
(Renato Salvatori)







Prima di iniziare il film, Visconti ha voluto che facessi cinque mesi durissimi di allenamento: palestra, footing, corda, sacco e ring. E non solo ne ho guadagnato in salute, ma sono riuscito in tale maniera ad affiatarmi in modo quasi perfetto con quello che è l'ambiente del mio personaggio. Visconti è meticoloso e vuole che ciascuno si trovi a suo perfetto agio dentro i panni dell'essere umano a cui deve dar vita innanzi alla macchina da presa. E tutto quello che è davanti alla camera per Visconti è importante: sia l'attore che il figurante, sia un oggetto che una piegacela a un vestito. E si ricorda tutto: possiede una memoria veramente prodigiosa, tanto che, anche se dopo aver girato una scena questa si riprende dopo due giorni, Luchino non ha bisogno di ricorrere alle foto di raccordo che scatta Ronald con una specie di macchina infernale. Prima di cominciare il film, conoscendo le difficoltà del mio personaggio (Simone è senza dubbio il più difficile e il più complesso di quanti ne ho interpretati), ero addirittura terrorizzato: poi, quando mi sono trovato sul set, mi sono accorto che Visconti mi conduceva con enorme facilità. E alla paura ha fatto posto la certezza che con Luchino sarei riuscito a sfruttare il massimo delle mie possibilità, a ottenere risultati che mai avevo sperato di poter raggiungere. Perciò sono veramente felice (anche se le difficoltà che debbo superare sono tante: e ogni volta che me ne lascio una dietro le spalle, mi accorgo che una ancora più grossa mi aspetta domani) di fare Simone.
(Renato Salvatori)




Alain Delon

Delon a me pare sia aderentissimo. A me pare che sia giusto perché avevo bisogno di questo candore e nello stesso tempo di una certa forza però persuasiva. Io non so quale altro attore poteva farlo, Rocco. Tanto più che ha quella malinconia di chi si sente che deve caricarsi di un certo odio quando combatte, perché istintivamente lui non vorrebbe. Rocco è proprio una specie di profeta, profeta disarmato, una specie di Rocco Sco-tellaro, una specie di Danilo Dolci, è un po' quello. Io ho voluto un po' fare quei personaggi lì. Profeti disarmati nei quali credo: Gandhi, insomma.
(Luchino Visconti)

Il personaggio di Rocco è il migliore e forse il più importante che io abbia fino ad oggi incontrato. Il film mi sembra molto, molto importante, e me ne accorgo ogni giorno di più. Della regia di Visconti sono veramente contento: tra tutti i metteurs-en-scène che ho conosciuto Luchino è il più comprensivo e il più sensibile. Egli cura molto i suoi attori e dà l'impressione che prima vengano gli attori e poi il film. Inoltre Luchino è un très grand comédien che recita a ciascuno quello che deve fare: sicché i personaggi vengon fuori tutti precisi. Io non sono mai stato gène: e tutti quelli che lavorano con Luchino non possono esserlo. Anche quelli che non sono attori professionisti, ma sono stati presi dalla vita. E la cosa che mi ha più colpito è che anche i figu­ranti diventano veri: e il merito va suddiviso in parti eguali tra Visconti e tra il temperamento du pays; un temperamento che fa essere nell'azione anche chi non ha mai visto la mac­china da presa.
(Alian Delon)




Non c'è mai stata una vera intesa tra Luchino e Delon. Ecco, Luchino era innamorato, questo sì. Lo curava al massimo, come si può curare un essere che uno ama. Comunque, Alain era già un attore. Bravo. Siamo molto amici. Chi gli affibbia una mentalità fascista, ha ragione. Ce l'ha totalmente, per prepotenza, però è un fascismo un po' da mafioso. Del resto, caspita, a diciotto anni lo bucavano in Indocina per mandarlo a combattere, a uccidere uomini come se fossero conigli... In più gli piace di atteggiarsi a mafioso, ci si trova bene in quei panni. Insomma non sono tutte invenzioni, qualcosa di vero c'è. In ogni caso, nei rapporti ha una personalità che si trova raramente. Con Alain vale più la parola di un contratto, il che non accade spesso. E quando ti è amico, ti è amico per davvero. All'epoca, e anche dopo, davanti a Visconti era sempre ammi-ratissimo, soggiogato dal suo fascino, dalla sua signorilità, dalla sua intelligenza. Come tutti, del resto.
(Renato Salvatori)



Annie Girardot

È una storia très émouvante. E quello di Nadia è un personaggio très nature, un po' mitomane: è fille de joie ma assai naturalmente. Incontra l'amore e ritorna alla superficie quella purezza che, nonostante tutto, non ha mai completamente perduto. Personaggio un po' dostoevskiano, quando perde l'amore la sua vita è improvvisamente come ferma; quindi, per lei, non vale più la pena di vivere: così accetta la morte per mano di Simone, un essere che apparentemente impersona la forza bruta, ma che è anche intimamente buono e il più debole dei cinque fratelli. Avevo già visto i film di Luchino; poi l'ho conosciuto a Parigi: un autentico avvenimento, per me. È la più grande emozione della mia vita la debbo a Visconti: doveva dirigermi in Due sull'altalena e mi recitò tutta la commedia. Visconti è un attore formidabile e riesce a condurre l'attrice fino a farla diventare, senza parere, pian piano, un prolungamento della vita stessa. Agisce in profondità, quasi nel subcosciente, riuscendo a ottenere, più dall'istinto che dall'intelligenza dell'attrice, il risultato che desidera, la perfetta aderenza al personaggio. E io sostengo che per un attore, quando il regista è meraviglioso, terribile e allegro come Visconti, vale più ètre que comprendre.
(Annie Girardot)





Annie? Di donne come Annie ne nascono poche. Ha tutto un suo passato di sofferenze, è un pozzo di umanità. Lei viene al mondo bastarda. Ha conosciuto la madre a nove anni, il padre era morfinomane. È cresciuta presso una famiglia della provincia francese, di quelle che ospitavano i bambini nati come lei, e si sa quanto piccina è la provincia francese... Quindi si portava e si porta dentro la malinconia e l'angoscia di quest'infanzia, che l'hanno incisa profondamente. Le sue uniche sicurezze affettive siamo nostra figlia e io. Io e Annie siamo molto fegati anche se da dieci, quindici anni non viviamo come marito e moglie. E non si tratta di amicizia, di tenerezza, ma di amore, sia da parte sua sia da parte mia, di un amore bellissimo anche se senza letto. Ci telefoniamo tutti i giorni, passiamo lunghissimi periodi tutti e tre assieme, quando viene a Roma abita qui. Ci conoscemmo a casa di Luchino, all'epoca di Rocco, quando lei venne per fare il provino. E accadde tutto subito, non saprei dire cosa di lei mi colpi per primo... Annie non è mai riuscita a dare del tu a Luchino. Per rispetto, immenso rispetto. Del resto, anche Alain. Lui cercava di mettere tutti a loro agio, però incuteva soggezione.
(Renato Salvatori)



Katina Paxinou

E finalmente incontro Visconti. Credevo che quell'essere straordinario fosse nervoso, tempestoso; invece mi accorgo che è la dolcezza fatta uomo. E quando, nella scena della tintoria, in cui io non appaio, ho visto Visconti dirigere, o meglio broder, ricamare, vous savez, sono tornata in albergo e ho scritto a mio marito. Sì, ecco le parole precise: "Chéri, sono tornata proprio in questo momento dal mio primo incontro con Luchino. È il più grande attore che abbia mai conosciuto e un regista che non si dà arie e che è il 'perfezionatore' per eccellenza (tende a quella perfezione per cui abbiamo insieme tanto lavorato). Sento che sarò felice lavorando con lui. Dieu le bénisse". C'est vrai, vous savez!, ho scritto proprio così. Cosa penso di Rosaria? Per me è una donna forte e debole insieme, testarda, tenace come sa esserlo solo una contadina. Una volta che le è entrata in testa un'idea la vuole realizzare ad ogni costo: e, morto il marito troppo attaccato, secondo lei, alla terra d'origine, si sente libera di tentare la grande avventura. Ha cinque figli, belli e forti: può addirittura conquistare il mondo. Ma si trova di fronte alla tragedia, perché il sogno dégringole, comprenez? E alla fine è convinta di aver fallito. Predilige Simone, il criminale, perché sente che è il più debole. E andata per costruire un mondo, ma ha perduto il mondo, il suo mondo: la famiglia; ma se ne accorge solo alla fine. E io amo questo personaggio: questa Ecuba lucana, questa Niobe del Sud; e sono già entrata in lei con facilità, perché Italia e Lucania sono molto simili alla Grecia, vous comprenez?
(Katina Paxinou)





Paolo Stoppa, Claudia Cardinale, Max Cartier, Spiros Focas

In quanto al modo che ha Visconti di dirigere gli attori, la mia lunga esperienza mi consente di affermare che esso è un vero e proprio fenomeno medianico. Luchino possiede quella indefinibile forza interna, per cui il suo dirigere non è un insegnamento ma un agire sul subcosciente dell'attore. E questa una qualità che posseggono solo i veri, autentici registi: perché Visconti è un regista vero, come lo era Toscanini quando dirigeva alla Scala. Pochissimi al mondo posseggono questo potere, ripeto, quasi medianico: e questi pochi sono i soli che dall'attore - sia esso professionista o un semplice uomo della strada - riescono a ottenere quello che vogliono.
(Paolo Stoppa)

L'incontro con Luchino fu per me determinante perché significò davvero entrare nel cinema dalla porta principale. Essere scelta da lui fu una emozione immensa! Poi lui con me aveva il vezzo di parlare solo in francese, mi chiamava Claudine, e questo mi piaceva molto. Mi avevano raccontato tante cose del suo carattere — che era molto duro specialmente con le donne, che poteva essere molto cattivo. Non mi torna, non fu mai cosi nei miei confronti. Ricordo perfettamente la prima scena che feci con lui: era quella fuori dal Palazzo dello Sport di Milano, quando c'è una specie di scazzottata e ci sono coinvolta dentro. Io ero abbastanza terrorizzata da tutti questi pugni finti o anche mica tanto che volavano, e lui, resosi conto del mio stato d'animo, prese il megafono e si mise a urlare: "Non mi ammazzate Claudine". Fu il suo primo segno di affetto verso di me, e da allora in poi fu tutto un crescendo...
(Claudia Cardinale)





Mi è parso che sul plateau la vita continuasse. Avevo molta paura prima di cominciare: io non ho mai fatto cinema prima di oggi. Io sono un ginnasta, uno sportivo e avevo sempre rifiutato proposte che riguardavano il cinema. Ho accettato quella di Visconti e, quando si è trattato di cominciare, avevo una fifa blu; ma Luchino mi ha messo subito a mio agio con grande gentilezza. Mi ha fatto provare due volte e poi abbiamo girato; e tutto (Visconti non mi abbandonava col suo sguardo che è veramente magnetico) è sembrato facile: mi sembrava che la scena facesse parte di una mia giornata, della vita di ogni giorno.
(Max Cartier)

Chi pensava che un giorno avrei potuto girare un film sotto la guida di Visconti? E vero che sono un attore professionista che ha partecipato già a tre film in patria: ma immaginare di poter essere scelto da Visconti per una parte in Rocco era una di quelle cose che fan parte solo dei sogni. Sicché quando ho girato la prima scena ero talmente carico di emozione che temevo di apparire rigido, insincero. Ma Visconti, che possiede, nonostante i suoi proverbiali scatti improvvisi, una gentilezza persuasiva che solo i suoi attori e le sue attrici possono apprezzare, nella giusta misura, letteralmente mi convinse che tra me e il personaggio non esisteva e non doveva esistere nessuna differenza; sicché mi trovai, dopo un paio di prove, a essere Vincenzo pur rimanendo me stesso, con semplicità, con naturalezza: un Vincenzo - com'è quello dello scenario e vivificato da Visconti sul set - un po' timido e tranquillo, senza grandi aspirazioni, contento del poco che gli basta per vivere, desideroso di non cacciarsi nei guai, buono e fondamentalmente giusto.
(Spiros Focas)