Mario Monicelli

Mario Monicelli

Così Suso Cecchi D'Amico descrive la personalità di Monicelli, con cui collaborò a ben venti film: "Come me, Monicelli è nato a Roma (in realtà Viareggio ndc) per caso, e ciò esaspera la nostra rivendicazione alla toscanità. I nostri padri si conoscevano bene, facevano lo stesso mestiere, hanno vissuto la stessa epoca. I suoi fratelli, come i miei, hanno razzolato nell'ambiente letterario e affini. Saranno forse queste cose che abbiamo in comune a facilitare l'intesa fra noi. Sta di fatto che sono poche le persone al mondo con cui mi trovo così a mio agio, e con lui mi accompagnerei in qualsiasi circostanza, fino alla convivenza. Con Mario e Bruna Parmesan ci eravamo scelti infatti una casa in Lucchesia, che poi cedemmo a Marcello Mastroianni.
Non vorrei però che da quanto ti ho detto ti facessi l'idea di un Monicelli dal carattere rassicurante, perché tra i miei amici presenti e passati Monicelli è senza dubbio il più segreto e il più pericoloso, capace di gesti clamorosi rigorosamente in contrasto con i suoi interessi, se non addirittura con i suoi sentimenti. È il re dell'understatement, che io chiamo pudore, e nessun regista-autore al mondo ne ha mai avuto tanto nel proprio lavoro.
Monicelli si farebbe impiccare piuttosto che parlare di 'ispirazione', di 'anima', di 'creatività'. Non direbbe 'noi artisti' neppure sotto tortura, né farebbe mai un capriccio per ottenere il dovuto da una produzione, ma lo farà per ottenere l'inutile, e tutto a suo danno. Come quando vuole tornare in Mauritania, a sessanta gradi all'ombra, per una scena che potrebbe girare a Ladispoli, gli dico io, che mi sento struggere quando lui mi ribatte sghignazzando che così morirà sul palcoscenico, come Molière". (Suso Cecchi d'Amico, Storie di Cinema (e d'altro), Garzanti, Milano 1996)

Mario Monicelli nasce a Viareggio il 16 maggio 1915. Suo padre Tomaso, fondatore della prima rivista di cinema "Lux et Umbra", fu celebre giornalista e critico teatrale, all'interno della sua famiglia, conobbe e frequentò grandi personalità della letteratura e dello spettacolo, in questo ambiente fortemente intellettuale Monicelli crebbe, apprese, venne stimolato e mosse i suoi primi passi verso il mondo dello spettacolo. Dopo un periodo romano in cui frequentò le scuole elementari, Monicelli e famiglia si trasferirono nuovamente a Viareggio, poi a Milano dove il giovane Monicelli iniziò la sua carriera universitaria che concluse poco prima della guerra, laureandosi in Storia e filosofia a Pisa.

L'esordio cinematografico come regista avvenne nel 1934. In quell'anno Mario Monicelli girò insieme al cugino e amico Alberto Mondadori, (la sorella di Tomaso Monicelli era la moglie di Arnoldo Mondadori), il cortometraggio Cuore rivelatore, cui fece seguito il mediometraggio muto, I ragazzi della via Paal che, nella sezione "passo ridotto" della Mostra del Cinema di Venezia, vinse il primo premio grazie al quale, Monicelli ebbe la possibilità di lavorare in un vero film; iniziò così la sua carriera sul set come ciakista con il regista Gustav Machaty. Sotto lo pseudonimo di Michele Badiek diresse nel 1937 il suo primo lungometraggio, Pioggia d'estate.
Il grande interesse per il cinema portò Monicelli a ricoprire altri ruoli minori su vari set, finché il montatore Giacomo Gentilomo, alla direzione del suo primo film, La granduchessa si diverte, lo chiamò come aiuto regista. Nel 1940 entrò nella cavalleria dell'esercito e vi rimase fino al 1943. Scampato a un'improbabile carriera militare, grazie all'amico Riccardo Freda, conobbe Stefano Vanzina con il quale scrisse il film di successo Aquila nera, per la regia di Freda. Successivamente sceneggiò con Steno il film Come persi la guerra, da questo momento i due formarono una coppia amata da produttori e pubblico.

Insieme a Steno nel 1949 sceneggiò e diresse Totò cerca casa, che fu secondo incasso della stagione italiana di quell'anno, a questo straordinario film seguirono È arrivato il cavaliere (1950), Vita da cani dello stesso anno, Totò e i re di Roma (1951) in cui venne inserito Alberto Sordi il cui successo era nato dalla radio più che dal cinema, e fu grazie a questo film che tra Sordi e Monicelli nacque un rapporto di grande collaborazione nonché di amicizia e stima. Nel 1951, ancora con Steno, fu la volta di Guardie e ladri, fotografato da Mario Bava, che vinse il premio per la miglior sceneggiatura a Cannes e il Nastro d'Argento a Totò. Nel 1953 girò da solo Totò e Carolina: questo film uscì nelle sale, dopo essere stato bloccato dalla censura, in seguito a 21 tagli e alla modifica di 23 battute, solamente nel 1955, dopo Proibito. Con Totò e le donne (1952) e Le infedeli (1953), la lunga e proficua collaborazione tra Steno e Monicelli finì.

Nel 1955 lavorò con Sordi nel film Un eroe dei nostri tempi e nel 1957 vinse l'Orso d'argento per il film Padri e figli con Aldo Fabrizi e Gina Lollobrigida. L'anno dopo, nel 1958, con I soliti ignoti, Monicelli vinse il Nastro d'Argento per la migliore sceneggiatura scritta insieme ad Age (Agenore Incrocci), Suso Cecchi d'Amico e Furio Scarpelli. Con Scarpelli, Age e Luciano Vincenzoni, Monicelli scrisse nel 1959 La Grande guerra che alla Mostra del cinema di Venezia, nonostante una tiepida accoglienza da parte dei critici, vinse il Leone d'oro 'ex-aequo' con Il Generale della Rovere di Rossellini.




Risate di gioia con Anna Magnani e Totò venne girato nel 1960. Dopo un anno, grazie al produttore Carlo Ponti, Monicelli girò Renzo e Luciana (1961) un episodio di Boccaccio '70, che uscì nel '62. Nel 1963 Monicelli girò I compagni con Marcello Mastroianni, Renato Salvatori, Bernard Blier e Annie Girardot. Nel 1966 fu la volta dello straordinario L'armata Brancaleone: il produttore, Mario Cecchi Gori, non avendo nessuna speranza che la pellicola avesse successo, costrinse Monicelli a partecipare economicamente al film che invece fu un trionfo. La ragazza con la pistola nel 1968 consacrò Monica Vitti come geniale attrice comica. Nel 1970 girò Brancaleone alle crociate, altro applauditissimo film, il satirico Vogliamo i colonnelli (1973) con Tognazzi e nel 1974 diresse ancora Tognazzi e Ornella Muti nel dissacrante Romanzo popolare.

Nato da un soggetto di Pietro Germi fu la volta di Amici miei (1975), con Ugo Tognazzi, Philippe Noiret, Adolfo Celi e Gastone Moschin, un altro trionfo di pubblico, seguito da Caro Michele (1976), con Mariangela Melato. Nel 1977 fu di nuovo con Alberto Sordi sul set del drammatico Un borghese piccolo piccolo a cui partecipò anche l'americana Shelley Winters. Partecipò quindi a due film a episodi, Signori e signore buonanotte (1976) con Gassman, Mastroianni e Manfredi e I nuovi mostri del 1977, con Gassman, Sordi e Tognazzi, dove Monicelli diresse due episodi esilaranti First aid e Autostop. Nel 1978 realizzò Viaggio con Anita con Giancarlo Giannini e la giovane Goldie Hawn e nel 1979 fu la volta di Temporale Rosy che, nonostante la presenza del bravo Gérard Depardieu e l'innamoramento di Monicelli per questa storia, non ebbe alcun successo.

Nonostante fosse interpretato da Vittorio Gassman e Monica Vitti, anche Camera d'albergo (1981), preludio di quel genere televisivo oggi chiamato reality, non ebbe il successo previsto. Ma seguirono i fortunatissimi Il marchese del Grillo (1981), con Sordi, premio alla regia al Festival di Berlino, e Amici miei atto II (1982), seguiti da due insuccessi, Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno (1984) con Tognazzi e Sordi, e La due vite di Mattia Pascal (1985), con Mastroianni. Nel 1986 Monicelli ritornò al successo con Speriamo che sia femmina, vincitore di due David di Donatello, al film e alla regia e di un Nastro d'Argento, I picari (1987), il film televisivo La moglie ingenua e il marito malato (1989), 12 registi per 12 città (1989) dove Monicelli firma la regia dell'episodio sulla città di Verona, Il male oscuro (1990), con Giancarlo Giannini, tratto dall'omonimo libro di Giuseppe Berto, Rossini! Rossini! (1991), anno in cui vinse il Leone alla carriera, Parenti serpenti (1992) dell'esordiente sceneggiatore Carmine Amoroso, Cari fottutissimi amici (1994), Facciamo paradiso (1995), Panni Sporchi (1999), il televisivo Come quando fuori piove (2000), e cortometraggi dall'impronta politica e attuale come l'episodio di Un altro mondo è possibile (2001), Lettere dalla Palestina (2002) e Firenze il nostro domani (2003).




Nel maggio del 2006, Mario Monicelli festeggia in Tunisia il suo 91° compleanno sul set del suo ultimo film Le Rose del deserto. Nell'estate del 2010, da sempre lontano dalla retorica dei discorsi e delle commemorazioni rifiuta la Legion d'onore. Lucido fino alla fine aveva dichiarato in una delle ultime interviste televisive: "Non aspetterò la morte in un letto d'ospedale, con i parenti che mi portano la minestrina". Se n'è andato il 29 novembre 2010, in una notte piovosa, lanciandosi dal balcone del reparto dell'ospedale dov'era in cura per un tumore. Muore suicida come il padre Tomaso, giornalista e scrittore. Mario Monicelli non si è abbandonato alla disperazione, ha fatto la sua scelta. Aveva sempre chiesto ai suoi sceneggiatori di "scrivere solo scene figlie, perché il dolore come l'amore mostrati nelle loro manifestazioni violente diventano ricattatori".

(dalla biografia del sito ufficiale del regista, www.mariomonicelli.it)