Le star: Greta Garbo e Melvyn Douglas

Le star: Greta Garbo e Melvyn Douglas

Greta Garbo

All'anagrafe Greta Lovisa Gustafsson, nacque a Stoccolma il 18 settembre 1905. Questo è un estratto del profilo che ne tracciò Pietro Bianchi: «Si sapeva benissimo, naturalmente, che da ragazza aveva spennellato con schiuma densa di sapone il viso dei clienti di un piccolo barbiere di cui era commessa; si sapeva pure che aveva cominciato a lavorare per il cinema prestandosi, in costume da bagno, a far la pubblicità per certi prodotti.
Ma che importa? Greta era soprattutto la donna fatale de La carne e il diavolo; colei la cui sola apparizione era bastata per far dimenticare subito le ‘vamp’ del cinema muto italiano, Lyda Borelli e Francesca Bertini, Italia Almirante e Pina Menichelli. Senza contare le ‘dive locali’, Mae Murray e Pola Negri, Gloria Swanson e Wilma Banky.




Ricordiamo come se fosse ieri - e sono passati quasi trent’anni - il pomeriggio in cui ci accadde di vedere per la prima volta il patetico volto di Greta. Aveva un abito bianco con luccichini argentei e una scollatura favolosa: l’alto collo dell’abito da sera alla Maria Stuarda accentuava l’incanto del profilo languido, degli occhi appassionati. Gli adolescenti della nostra generazione vennero scossi dal lungo bacio tra lei e John Gilbert ne La carne e il diavolo come da una scarica di elettrochoc, e la faccenda non fu più dimenticata.
Di rincalzo vennero i film europei della ‘divina’, anteriori nel tempo ma presentati in Italia dopo il successo de La carne e il diavolo: La leggenda di Gösta Berling e La via senza gioia. La sorpresa era tale infatti soltanto per noi. Amica e allieva di un geniale, sregolato e infelice regista del suo paese, Mauritz Stiller, Greta era un tipico prodotto della vecchia Europa. Greta Garbo si presenta infatti nel cinema europeo con due artisti molto dotati, il già ricordato Mauritz Stiller e G. W. Pabst, e ne esce per cadere, a Hollywood, nelle mani di registi abili ma privi di mordente, di originalità, di poesia. […]
Greta è restata sempre, a Hollywood, una straniera, un’attrice di passaggio che si tiene finché fa incassare dollari e che si licenzia come una cameriera quando non ‘rende’. In verità essa è sempre rimasta la Greta di Stiller e di Pabst, la Greta ‘europea’.

Abbiamo un ricordo non troppo limpido del primo film importante di Greta Garbo, La leggenda di Gösta Berling, diretto da Mauritz Stiller. Soltanto alcuni anni dopo abbiamo saputo che il film era giunto mutilato nelle sale delle vecchie città d’Occidente, da pochi anni tolte al loro sonno profondo per merito di uno spettacolo curioso, che si svolgeva al buio, mentre qualcuno suonava al pianoforte valzer di Strauss e notturni di Chopin. […] Ne La via senza gioia Greta è già l’attrice che tutti celebreranno più tardi nei film famosi d’America. Essa ha appreso sin troppo bene la lezione impartitale da Stiller (ardente maestro che brucerà la sua vita alla gloria dell’allieva); s’è dimenticata con la naturalezza di una ‘comica’ vera le modeste origini, le avvilenti esperienze, l’u$mile prova d’inizio del film comico Pietro il vagabondo. Ha già quell’incedere regale, quello sguardo profondo, carico di significati patetici, cui nessun maschio civilizzato resiste.

Dopo il film di Pabst carico di realtà, di malinconia, dove si esprime un giudizio su certi fenomeni sociali, Greta, chiamata a Hollywood, scivolerà fatalmente, incoraggiata dal filisteismo dei produttori, sul piano inclinato del divismo. Lo scotto verrà pagato molti anni più tardi, dopo il tentativo di liberazione di Ninotchka, con Non tradirmi con me, restato fino ad oggi senza resurrezione.

(Pietro Bianchi, Greta Garbo, in L’occhio del cinema, Garzanti, Milano 1957)




Così la stessa Garbo rievoca la lavorazione di Ninotchka sotto la regia di Lubitsch:

Avevo sfiducia totale in me stessa e solitamente pensavo tutto sarebbe andato male il giorno dopo. Ma c’erano parecchie persone che mi capivano e aiutavano. Ernst Lubitsch, per esempio. Era una brava persona. Era ebreo e aveva un forte accento quando parlava inglese. Quando lavoravamo a Ninotchka avevo una sorta di crisi quando c’era da fare una scena in cui avrei dovuto pronunciare qualche brutta parola, o che tale la ritenevo. Non ero soddisfatta e non credevo fosse appropriato al film che stavamo facendo [Secondo la MGM, la frase che Garbo non voleva pronunciare era ‘Allora ti darò un calcio nel sedere’.]
Ho iniziato a piangere quando la frase fu inserita nel copione nonostante le mie lamentele. E corsi via dal set abbastanza sconvolta... da uno studio all’altro, dove mi nascosi in lacrime dietro una tenda enorme.
Poi sentii qualcuno che si stava avvicinando lentamente. Era Ernst Lubitsch. Mise paternalmente il braccio sulla mia spalla mentre stavo piangendo: ‘Su, su, bambina mia. Andrà tutto bene. Non piangere.’ Per me era come un padre amorevole. Quella sera Lubitsch mi chiamò a casa e disse che aveva riletto il copione e deciso che avevo ragione. Nessuna donna in quel ruolo avrebbe detto quelle parole, mi disse.
Mi rese molto felice poter lavorare insieme a Ernst Lubitsch quella volta. Quindi nessuno ha il diritto di sostenere che io abbia protestato su tutto quello che avevo da fare a Hollywood. Ero troppo timida o forse troppo insicura per potermi esibire davanti a molti. Ci sono orde di persone in uno studio cinematografico che non hanno ragione di essere lì quando iniziano le riprese. Può essere difficile per chiunque concentrarsi in quelle condizioni.
Ma è vero che mi sono comportata male. Pensate, c’erano due persone che avevo allontanato dal set. Venne fuori che erano due dei tre sceneggiatori [Charles Brackett, Billy Wilder e Walter Reisch]. Oggi mi vergogno di quello che ho fatto. È la cosa più imbarazzante se penso che il copione di Ninotchka è stato il migliore su cui abbia mai lavorato.
(Sven Broman, Garbo on Garbo, Bloomsbury, London 1991)

Secondo il suo partner Melvyn Douglas, «Non ho mai recitato con una donna che possedesse una tale capacità di suscitare l’impulso erotico. Il fatto che un’attrice lasci che il partner la stringa tra le braccia o prema le labbra sulle sue non fa una scena d’amore. Devi anche vedere l’emozione che la muove ed è questa che la Garbo trasmette al momento giusto» (Garbo, a cura di Paul Duncan, Taschen, Köln 2007).

Ninotchka sarà il penultimo film della diva. Il titolo conclusivo della sua carriera sarà Non tradirmi con me (Two Faced Woman, 1941) di George Cukor. I successivi cinquant'anni della sua vita li visse appartata e nascosta a New York. Nel 1954 le fu assegnato l'Oscar alla carriera. Morì il 15 aprile 1990 a Manhattan.




Melvyn Douglas

All'anagrafe Melvyn Edouard Hesselberg, nacque a Macon (Georgia, USA) il 5 aprile del 1901. figlio di un pianista, esordì sulle scene di Chicago nel 1919 per poi arrivare a Broadway nel 1928.
Il suo debutto a Hollywood avvenne con Tonight or Never (t.l. Questa notte o mai, inedito in Italia, 1931) di Mervyn LeRoy, seguito da Prestigi di razza (Prestige, 1932) di Tay Garnett. Si affermò accanto a Greta Garbo in Come tu mi vuoi (As You Desire Me, 1932) di George Fitzmaurice, incarnando l'immagine di un seduttore elegante, gentile e ironico. Sarà ancora accanto alla Garbo negli ultimi due film interpretati dalla diva, Ninotchka (1939) di Lubitsch e Non tradirmi con me (Two Faced Woman, 1941) di George Cukor. Ma già dagli anni '30 recitò in film di generi molto diversi, come l'horror - Il castello maledetto (The Old Dark House, 1932) di James Whale (1932), accanto a Boris Karloff, il dramma - Ritorno alla vita (Counsellor at Law, 1933) di William Wyler, la commedia - Voglio essere amata (She Married Her Boss, 1935) di Gregory La Cava – il film d'avventure - Capitani coraggiosi (Captains Courageous, 1937) di Victor Fleming.





Fra le altre sue interpretazioni, ricordiamo La dominatrice (Annie Oakley, 1935) di George Stevens, Troppo amata (The Gorgeous Hussy, 1936) di Clarence Brown, L'adorabile nemica (Theodora Goes Wild, 1936) di Richard Boleslawski, Quella certa età (That Certain Age, 1938) di Edward Ludwig, Dopo Arsenio Lupin (Arsène Lupin Returns, 1938) di George Fitzmaurice, Frou Frou (The Toy Wife, 1938) di Richard Thorpe, Ossessione del passato (The Shining Hour, 1938) di Frank Borzage, La fidanzata di mio marito (Our Wife, 1941) di John M. Stahl, Volto di donna (A Woman's Face, 1941), di Cukor, con Joan Crawford, Maschere di lusso (We Were Dancing, 1942) di Robert Z. Leonard, Il mare d'erba (The Sea of Grass, 1947) di Elia Kazan, La colpa di Janet Ames (The Guilt of Janet Ames, 1947) di Henry Levin, La casa dei nostri sogni (Mr. Blandings Builds His Dream House, 1948) di H.C. Potter, Hai sempre mentito (A Woman's Secret, 1949) di Nicholas Ray, Il grande peccatore (The Great Sinner, 1949) di Robert Siodmak,
Oltre che in Ninotchka fu diretto da Lubitsch anche in Angelo (Angel, 1937), accanto a Marlene Dietrich e in Quell'incerto sentimento
(That Uncertain Feeling, 1941).
Negli anni '50 si ritirò dal cinema per dedicarsi esclusivamente al teatro, dove ottenne notevoli e ripetuti successi. All'inizio degli anni '60, superati i sessant'anni, ritornò al cinema, interpretando intense caratterizzazioni, fra gli altri, in Billy Budd (id., 1962) di Peter Ustinov, Hud il selvaggio (Hud, 1963) di Martin Ritt, Los traidores de San Angel (inedito in Italia, 1966) di Leopoldo Torre Nilsson, Il candidato (The Candidate, 1972) di Michael Ritchie, L'inquilino del terzo piano (Le Locataire, 1976) di Roman Polanski, Ultimi bagliori di un crepuscolo (Twilight's Last Gleaming, 1977) di Robert Aldrich, La seduzione del potere (The Seduction of Joe Tynan, 1979) di Jerry Schatzberg, Oltre il giardino (Being There, 1979) di Hal Ashby, Changeling (The Changeling, 1980) di Peter Medak, The Hot Touch (inedito in Italia, 1981) di Roger Vadim e Storie di fantasmi (Ghost Story, 1981) di John Irvin.
Vinse due volte l'Oscar quale miglior attore non protagonista: nel 1964 per l'interpretazione del vecchio Homer in Hud il selvaggio e nel 1980 per quella del vecchio Benjamin Rand in Oltre il giardino. È morto il 4 agosto 1981 New York.

Da notare che nella breve parte dell'inflessibile commissario sovietico Razinin appare l'attore ungherese Bela Lugosi che otto anni prima era stato protagonista di Dracula (1931) di Tod Browning, ruolo che lo segnò per tutta la vita.