La genesi: dalla serie tv al film

La genesi: dalla serie tv al film

Dopo Twin Peaks, o più o meno ai tempi di Twin Peaks, nacque l’idea di uno spin-off intitolato Mulholland Drive. Avremmo dovuto scriverlo io e Mark Frost, ma non lo realizzammo mai. Il nome però ci rimase in testa. Non scrivemmo niente e non ne parlammo mai sul serio. Avevamo solo quello: il titolo. […]
Ho cercato di far ripartire il progetto a metà degli anni Novanta e ci ho lavorato un po’ con lo sceneggiatore Bob Engels, ma senza risultati concreti. Era solo una speranza che non voleva morire, ma poi smisi del tutto di pensarci.

E quindi da dove è arrivato alla fine l’impulso?
Il mio ex agente Tony Krantz mi chiese: “Perché non giri una nuova serie televisiva e la intitoli Mulholland Drive?”. Se non l’avesse suggerito lui, non avrei mai utilizzato quel titolo, quindi è stato un bene.

Un po’ come le parole “strade perdute” ti avevano suggerito l’idea per quel film?
Esattamente. Fu solo quel nome: Mulholland Drive. Quando pronunci delle parole nella tua testa prendono forma delle immagini. In questo caso l’immagine che si formò fu quella che si vede all’inizio del film: un cartello di notte, i fari di un’automobile sul cartello e l’automobile che percorre una strada. Queste cose mi fanno sognare, e immagini del genere sono come calamite, attirano altre idee.

David Lynch, La mia arte, il cinema, la vita, a cura di Chris Rodley, il Saggiatore, Milano 2016




Nelle intenzioni della ABC, finanziatrice del progetto originario, Mulholland Drive avrebbe dovuto essere una specie di spin-off a distanza di Twin Peaks, per sviluppare il quale viene affiancata al regista una delle sceneggiatici di punta della rete, Joyce Eliason, autrice, tra le altre cose, della miniserie The Last Don (ma la collaborazione si interrompe quasi subito). Nelle intenzioni di entrambi, invece, la serie avrebbe dovuto siglare una specie di nuovo inizio, foriero di ulteriori sviluppi: i rapporti tra la ABC e Lynch si erano infatti interrotti bruscamente dopo che il calo d'ascolti di Twin Peaks aveva convinto i dirigenti del network a sospendere la programmazione della seconda serie e poi a riprenderla ma in seconda serata, e soprattutto a causa della decisione di ridurre a soli tre episodi lo show, previsto in sette puntate, On the air: il regista si era vendicato a modo suo, dipingendo una tavola con la scritta “Non lavorerò mai più in televisione”.
Ma da allora sono passati molti anni, le persone sono cambiate e la Disney, già distributrice di Una storia vera, è diventata proprietaria del canale. Così, nel 1998, sembra possibile sia alla ABC sia a Lynch tornare a lavorare insieme. […]
Le prime immagini di Mulholland Drive (quelle che corrispondono grosso modo all'incidente in cui è coinvolta Rita), presentate nell'agosto del 1998, convincono i dirigenti della ABC a finanziare con sette milioni di dollari la realizzazione di un pilot, con la clausola di filmare anche un finale, così che, nel caso in cui la messa in onda della serie fosse fallita per qualche ragione, la Disney avrebbe potuto distribuirlo come feature. Nel gennaio del 1999 la sceneggiatura è pronta, e le riprese prendono il via il mese dopo a Los Angeles.
Con l'arrivo dei giornalieri cominciano le tensioni con la produzione, ma è la visione del pilot montato, in aprile, a scatenare la crisi. I dirigenti della ABC sono perplessi e chiedono – ma di fatto impongono, pena la cancellazione del progetto – una lunga serie di cambiamenti, tra cui una riduzione della durata, dai 125 minuti previsti dal regista allo standard di 88. Lynch reagisce a quest’ultima richiesta facendo semplicemente terminare il film trentasette minuti prima, e conservando il resto per il secondo episodio: non è esattamente la richiesta del network. Di fronte all'ipotesi di compromettere l'intero lavoro, torna sui propri passi e riduce il film al formato richiesto, accettando inoltre di accelerare in molti punti l'azione (la prima versione del pilot era apparsa eccessivamente lenta). Ma alla fine l'ABC, che aveva previsto di programmare la serie il martedì sera, in modo da fare concorrenza alla NBC e ai suoi Friends e ER, decide comunque di bloccare la produzione […].
Ma nel marzo del 2000 si fa avanti Canal Plus, che paga sette milioni di dollari alla ABC per i diritti e ne stanzia altri due per riprendere la produzione e dare al materiale fin lì girato la forma di un film. Così, tra la fine di settembre e l'inizio di ottobre di quell'anno Lynch torna a girare, richiamando cast e crew: le riprese durano nove giorni e riguardano scene assenti dalla sceneggiatura originale del pilot. Accanto ai vecchi e ai nuovi materiali viene infine recuperato il
finale girato ma mai montato durante la prima fase di riprese. Mulholland Drive viene presentato al Festival di Cannes nel 2001, dove si aggiudica la Palma d'oro per la migliore regia, ex aequo con Joel Coen per L'uomo che non c'era.

Luca Malavasi, David Lynch. Mulholland Drive, Lindau, Torino 2008




Nato come progetto televisivo (e rifiutato dalla rete ABC perché giudicato incomprensibile) si trasforma poi in film per il grande schermo. Film particolare, perché della struttura del pilota televisivo conserva uno degli elementi narrativi tipici del genere, vale a dire la presentazione in successione dei personaggi e delle storie, molti dei quali destinati forse ad uno sviluppo ulteriore in una serie che non vedrà mai la luce, ma che finiscono per essere solo delle apparizioni, fantasmi di storie annunciate, dislocate in un ipotetico futuro.

Daniele Dottorini, David Lynch. Il cinema del sentire, Le Mani, Recco-Genova 2004




Preme, inoltre, sottolineare l’originalità assoluta della proposta cinematografica di David Lynch. Quasi sempre ai margini del cinema hollywoodiano, il regista ha però saputo dialogare con l’industria americana, sia a livello simbolico – adottando elementi glamour come sostanza visiva dei suoi film – sia a livello pratico. […] A fronte di eccessi certo non graditi dalla grande produzione, Lynch sembra finalmente integrarsi al nuovo, bizzarro studio system anni Novanta, persino fungendo da testa d’ariete per un nuovo cinema d’autore hollywoodiano quale mancava dagli anni Settanta. Ma, se è vero che si deve proprio a Lynch un breve ma intenso big bang che ha permesso a molti registi di imporsi su un mercato più ampio e a molte tematiche di essere ben accette dalle grandi compagnie (televisione compresa, come insegna X-Files), le speranze sono ben presto naufragate e Lynch stesso è finito nella periferia della produzione. […] Eppure l’esclusione non è mai assoluta, come dimostra la stupefacente candidatura all’Oscar per la miglior regia di Mulholland Drive, tanto più sorprendete se si pensa al livello di complessità narrativa e concettuale in cui va a collocarsi il film.

Roy Menarini, Il cinema di David Lynch, Falsopiano, Alessandria 2002