Le fonti

Le fonti

Le fonti letterarie

Sia nel libro di Thea von Harbou [all'epoca moglie di Fritz Lang autrice del romanzo Metropolis e della sceneggiatura del film, n.d.r.], sia nell'intera trama del film, si posso­no rilevare diversi tipi d'impronta, che collegano l'intrigo alla fantascienza ma anche, in maniera contraddittoria, a diversi racconti di tipo mitico o arcaizzante.
Sul piano delle nuove tecnologie e delle reazioni che esse suscitano, tra fascinazione e paura, particolarmente significativo è il modo in cui l'inventore Rotwang crea un robot androide al quale infonde la vita attribuendogli i tratti verginali di Maria.
Oltre ai "robot" del drammaturgo ceco Karel Čapek (che aveva da poco coniato il termine, nel 1921), come ascendente possibile dell'androide è stata spesso citata l'Eva futura (1886), in cui lo scrittore Villiers de L'Isle Adam immagina la creazione di un essere di questo tipo (che egli definisce un'Andréide) da parte dell'inven­tore americano Edison; da qui si può risalire alla creazione del mostro di Frankenstein (nel romanzo di Mary Shelley, 1818), così come ai racconti ispirati al magico o al miracoloso più che alla scienza, come quello della creazione del Golem, o alla metamorfosi di Galatea da statua di marmo a donna in carne e ossa.
Altra fonte spesso evocata, i romanzi d'anticipazione dell'inglese H.G. Wells, La macchina del tempo (1895) e Il risveglio del dormiente (1897), che tratteggiavano come Metropolis una società duale, rigidamente divisa in una classe dirigente inattiva e decadente, e un proletariato ridotto alla stregua di un animale e di una macchina.
Menzioniamo un'ultima fonte letteraria debitamente identificata dal critico tedesco Roland Schacht all'uscita del film, ma un po' sbiadita dai tagli della versione americana: Notre-Dame de Paris di Victor Hugo. La cattedrale di Metropolis (la cui collocazione rimane tuttavia imprecisata), l'opposizione tra la sua architettura gotica e il modernismo della città, il personaggio di Rotwang e i suoi ambigui rapporti con le due Maria, la massa triangolare degli operai che avanzano verso la cattedrale: sono tutti elementi che richiamano l'opera di Hugo, la sua cattedrale medioevale, la massima dell'arcidiacono Frollo, il desiderio di Frollo per Esmeralda, i mendicanti di Clopin che, disposti 'a triangolo romano', danno l'assalto a Notre-Dame... Talune di queste immagini possono essere state suggerite a Thea von Harbou e Lang dall'allora recente adattamento del romanzo di Hugo firmato da Wallace Worsley per la Universal.
I riferimenti letterari più espliciti di Metropolis non hanno nulla a che vedere con la fantascienza, essendo piuttosto improntati alla Bibbia: il racconto, liberamente ispirato alla Genesi, della costruzione della torre di Babele e della confusione linguistica che ne deriva; quello della fine dei tempi, illustrato dalle citazioni dall'Apocalisse di San Giovanni; la falsa Maria che appare come l'incarnazione della meretrice di Babilonia seduta su una bestia dalle sette teste e dalle dieci corna.

 

Le fonti cinematografiche

Manifeste o discrete, le fonti propriamente cinematografiche non manca­no. La sorprendente visione della sala delle macchine che si trasforma agli oc­chi del giovane Freder in un Moloch bramoso di sacrifici umani, rimanda al mostruo­so idolo cartaginese del film storico di Giovanni Pastrone Cabiria (1914).
Ispirato dalle messe in scena teatrali di Max Reinhardt, l'uso delle 'masse', delle moltitudini di figuranti, è un tratto distintivo del cinema tedesco, come è possibile vedere per esempio negli sfarzosi film di Lubitsch come Madame DuBarry e La moglie del faraone, così come la straordinaria mobilità della macchina da presa che Karl Freund aveva già messo al servizio di L'ultima risata e Varieté.
L'architettura e le scenografie di Metropolis richiamano diverse tendenze dominanti nell'ambito del cinema espressionista: nella città alta la celebra­zione futurista della modernità meccanizzata, con l'architettura in vetro, i grattacieli, l'intreccio di autostrade, le automobili e gli aerei; nella città sot­terranea, l'arcaismo organico della cattedrale, delle catacombe, della casa di Rotwang, simile a quella del creatore del Golem nel film di Paul Wegener (1920).



Le fonti architettoniche: una metropoli americana

Accanto all'impalcatura biblica e alle reminiscenze letterarie, una fonte visiva diretta risale, secondo la testimonianza dello stesso Lang, a un'espe­rienza personale, la scoperta della skyline di New York osservato dal ponte del piroscafo Deutschland nell'ottobre del 1924, e poi quella dei grattacieli di New York e di Chicago che lui definisce "le più belle città del mondo". L'Empire State Building e il Chrysler Building devono ancora essere costrui­ti, ma a New York c'è già il Woolworth Building, in quel momento l'edificio più alto del mondo (241 metri), soprannominato 'la cattedrale del com­mercio', e a Chicago c'è il Wringley Building, nuovo fiammante con il suo rivestimento di ceramica che risplende la notte alla luce dei fari.
Peraltro Metropolis riflette l'interesse dell'epoca per diversi tentativi avanguardisti di creare un'architettura di vetro, dalla trasparenza al con­tempo funzionale e simbolica: è così che nel 1914 Bruno Taut costruisce a Colonia un padiglione di vetro che, caricato di connotazioni democratiche e spirituali, doveva rappresentare la sintesi tra la modernità e la cattedrale medioevale.
In Metropolis l'architettura di vetro compare nella sua forma utopistica nella cupola che sovrasta i Giardini eterni dove si trastullano i giovani oziosi e, con tutt'altro simbolismo - quello dell'hýbris babelico e babilonese - nella grande vetrata dalla quale Joh Fredersen abbraccia con lo sguardo e domina il panorama di Metropolis e la nuova torre di Babele che ne rappresenta il cuore nevralgico (altra localizzazione ambigua, quella dell'ufficio di Fredersen, che sembra trovarsi all'interno della nuova Torre di Babele, ma dal quale è possibile vedere la torre stessa).





Queste visioni architettoniche si intrecciano a riferimenti grafici e pit­torici, particolarmente evidenti nei bozzetti degli scenografi e nelle locan­dine del film (più che nel film stesso), come le numerose rappresentazioni pittoriche della torre di Babele, in particolare quella di Bruegel il Vecchio che si trova oggi a Rotterdam, o la serie di fotomontaggi di Paul Citroen, giovane tedesco formatosi alla Bauhaus, che partecipa al movimento Dada prima di trasferirsi in Olanda. Realizzata tra il 1920 e il 1924, questo ci­clo intitolato Metropolis mostra agglomerati di grattacieli che hanno chia­ramente ispirato il grandioso profilo della Metropolis langiana, realizzata grazie alla tecnica dell'animazione a passo uno.



(Jean-Loup Bourget, dal booklet del cofanetto Dvd)