Luci ed ombre

Luci ed ombre

Stilizzazione, espressionismo, illusionismo: chi si è occupato del film ricorre a termini come questi per indicarne atmosfera e scelte figurative. Robin Wood: “Il film è estremamente stilizzato e non-naturalistico”. Jeffrey J. Folks: “Ambientazione, personaggi e struttura della trama sono tutti espressionistici”. Yann Tobin parla di trasgressione, oltre che religiosa, morale e sessuale, anche cinematografica. Lo sguardo ammette ogni trasgressione: “Non sorprende che una inquadratura mostri un fiume filmato in esterni e il controcampo un fiume ricostruito in studio, trasfigurato dalle luci e da un modo di inquadrare volutamente irreale”. Non ne deriva nessuna frizione perché natura e studio, lungi dall'essere in opposizione, si completano e si arricchiscono per proporre una visione globale allo spettatore; e la lenza dello zio Birdie che pesca sulla barca, mettendo in atto la trasgressione da un luogo all'altro, rende plausibile il passaggio dall'altro lato dello specchio.
Ci spostiamo, nel film, al di qua e al di là dello specchio, tra immagini del reale e immagini della finzione, tra semplicità e stilizzazione, entrambe coscienziosamente e coscientemente costruite. […]
Fra i trucchi e gli strumenti adoperati per comporre l'universo stilizzato del film, il più evidente e di maggior peso, anche per le implicazioni con gli andamenti narrativi e tematici, è il lavoro sull'ombra e sulla luce. Powell si presenta come signore delle ombre e la battaglia che si ingaggia, nel film, tra bene e male, tra Powell e Rachel, è anche una battaglia tra tenebre e luce. A prima vista, sembra esserci nel film un manicheismo luministico che ripete quello morale messo in scena abilmente e semplicisticamente da Powell nella lotta tra le due mani. In realtà, le luci e le ombre disegnano percorsi di senso complessi che giungono a dire il contrario, come cioè sia impossibile separare le une dalle altre e come sia necessario uscire anche da questa opposizione rigida e bloccata. Così come si deve venir fuori dall'immobile storia di uccisioni, ugualmente va abbandonata la metafisica della luce e dell'ombra, la credenza illusoria che bene e male possano stare uno su una mano, l'altro sull'altra, uno dentro la luce, l'altro nell'ombra. Nella pura luce si vede altrettanto poco che nell'oscurità. La rigidità delle divisioni nette impedisce di vedere sfumature e differenze. Anche a questa conclusione ci sembra arrivi il film, insieme e parallelamente all'altra su cui abbiamo già ragionato dell'uscita da una storia univoca e criminale. Per cercare di dimostrarlo, dobbiamo rifare il percorso che le luci e le ombre disegnano in molte sequenze e proseguire nella scoperta di qualcun altro dei segreti che i narratori, nascondendoli anche tra luce e ombra, hanno lasciato lungo il film.
La prima apparizione della grande ombra di Powell, come sappiamo, arriva nella sequenza 9 [quella in cui giunge a casa Harper], momento in cui viene mostrata la sua diabolica e illusionistica abilità nel padroneggiare la propria ombra, gigantesca sul muro della stanza, per sopraffare John, e al tempo stesso viene suggerita dai narratori la dipendenza di Powell e della sua piccola ombra, allungata sul terreno, da una luce lontana e celeste. Powell, nello schema manicheo dell'opposizione tra luce e ombra, è il signore dell'oscurità e del male travestito da pastore del bene. La battaglia tra luce e ombra diventa, dalla sequenza 9 in poi, uno degli assi portanti del film, una isotopia che lo percorre fino alla fine, fino al momento dello scontro finale, della resa dei conti tra luce e ombra, tra Powell e Rachel, resa dei conti che è anche smascheramento e abbandono di ogni illusoria opposizione tra una supposta pienezza della luce e una speculare e totale negatività dell'ombra.


Bruno Fornara, Charles Laughton. La morte corre sul fiume, Lindau, Torino 1998