Lilliam Gish

Lilliam Gish

Lillian e la sorella Dorothy hanno debuttato giovanissime in teatro. Già all'età di cinque anni Lillian recita in una compagnia infantile di cui fa parte anche Mary Pickford. Proprio questa, più tardi, nel 1912, convincerà David W. Griffìth a offrire un'occasione alle due sorelle con An Unseen Enemy. Si sarebbe tentati di vedere in Lillian Gish la prima attrice essenzialmente cinematografica. Nel corso di una carriera esemplare e rigorosa - che prendendo le mosse da Griffìth si sviluppa fino a Robert Altman - ha rappresentato pressoché tutto quello che il cinema americano è stato fin dalle origini. Severa nella scelta dei ruoli e dei suoi registi, può legittimamente ritenersi fiera di quanto ha fatto. Nelle opere del muto si rende meglio percettibile quanto essa possiede di più originale e unico.
Plasmata da Griffìth - il quale non è mai più riuscito a trovare in nessun altro attore quella duttilità e quell'intesa particolare - verso la metà degli anni Dieci Lillian Gish rappresenta un ideale femminino decisamente segnato dall'eredità vittoriana. Verginale fanciulla, la bocca chiusa, le palpebre abbassate e la casta, opulenta capigliatura; con questi attributi sarebbe potuta diventare un cliché vivente che il trascorrere del tempo avrebbe impietosamente coperto di ridicolo. Ma Lillian Gish aveva una sensibilità fuori dell'ordinario ed era attrice completa. Con la forza della sua personalità ha infuso nei propri ruoli l'eternità dei classici. A volte Griffìth sembra indotto a perfezionare la sua particolare tecnica del primo piano unicamente per potere mettere in risalto l'eccezionale, eppure discreto, temperamento dell'attrice. Nel bucolico True Heart Susie (1919) e nel dickensiano Giglio infranto il volto di Lillian Gish - ora sereno, ora tormentato - svolge la funzione di una vera e propria punteggiatura nella narrazione. Sì può ancora pensare che Griffìth, per lei, si sia orientato sempre più deliberatamente verso il melodramma e che con Agonia sui ghiacci (1920) e Le due orfanelle abbia eretto due monumenti al genere, fissando per sempre in primi piani di grande poesia su sfondo nero, come astratti dal reale) il distacco e la mobilità dell'espressione di Lillian Gish.
Dopo avere diretto un film assieme alla sorella Dorothy, che ne è l'interprete (Remodeling Your Husband, 1920), Lillian Gish porterà per sempre l'impronta di Griffìth sul suo personaggio e sulla maniera di recitare. Per Henry King è, per due volte, un giglio di purezza negli spettacolari La suora bianca (1923) e Romola (1924). Per King Vidor (La Bohème, 1926) crea una Mimi ideale e decisamente personale, recitando con il volto e con il corpo: la fragile e malaticcia silhouette si aggrappa disperatamente a un carro per trascinarsi, morente, dal suo Rodolfo.
Per Victor Sjöström Lillian Gish gira due capolavori. In La lettera rossa (1926) è Hester Prynne: vittima innocente, delicatamente soffusa di sensualità e animata infine dalla rabbia del giusto. In Il vento (1928) Sjöström la fa recitare con quel suo corpo esile, piegato dal vento e dal dolore: nel contrasto con la bellezza austera del paesaggio, rappresenta il palpito della vita. Una interpretazione che, forse, è una delle più elevate espressioni dell'arte in un attore del muto.
Negli anni Trenta Lillian Gish si mette un po' in disparte. La mitologìa dell'epoca non sembra offrirle una collocazione conveniente. Ma risorgerà, magica, alla fine degli anni Quaranta con Duello al sole (K. Vidor, 1946). Il volto invecchiato conserva tutta la sua bellezza negli occhi carichi di emozione. E Vidor la fa rivivere, scarmigliata, implorante ai piedi di Lionel Barrymore in nome dell'amore che un tempo avevano vissuto. Lillian Gish apparirà successivamente in ruoli secondari, ma sempre memorabili, come in La tela del ragno (V. Minnelli, 1955) o, in particolare, nel ruolo della vecchia signora in La morte corre sul fiume (C. Laughton, 1955). In Il matrimonio (1978) Robert Altman la circonda di luce, scioglie ancora una volta i suoi capelli, morente: simbolo ambiguo di un mondo che si spegne, lucida progenitrice che tutto comprende in uno sguardo. La magia è, una volta ancora, intatta. Più che novantenne la Gish è tornata allo schermo fornendo una memorabile performance in Le balene d'agosto (L. Anderson, 1987) accanto a Bette Davis, un'altra leggenda hollywoodiana. Da ricordare infine la sua tenace battaglia per salvare le opere del muto dall'oblio e dalla distruzione.


Lilliam Gish
, in Dizionario del cinema americano, a cura di Michel Ciment e Jean-Loup Passek (Gremese, Roma 1993)