Sergej M. Ejzenštejn

Sergej M. Ejzenštejn

Il teatro e l'impegno polito

Nato in un'agiata famiglia di origine ebreo-tedesca per parte paterna e slava per parte materna, Ejzenštejn fu assai precoce nell'apprendimento delle lingue e nella lettura, ed eccezionalmente dotato per il disegno. Nel 1915 entrò nell'Istituto di ingegneria civile di San Pietroburgo (all'epoca Pietrogrado), dove aveva raggiunto la madre già da alcuni anni separata. Qui gli capitò di assistere, nel febbraio del 1917, alla messa in scena di Maskarad di M.J. Lermontov per la regia di V.E. Mejerchol′d: un incontro determinante sul cui significato sarebbe in seguito tornato molte volte nell'immenso corpus delle sue Memorie. Nel 1918, dopo aver passato alcuni mesi al fronte come allievo ufficiale, entrò nell'Armata rossa e fu impegnato nell'organizzazione di spettacoli teatrali itineranti lavorando, soprattutto come scenografo, nei 'treni di agitazione', uno dei luoghi in cui si rappresentavano azioni drammatiche tipiche del cosiddetto teatro di agitazione.
Nel 1920, a Mosca, aderì alla sezione teatrale del Proletkul′t (un gruppo dell'avanguardia attestato su posizioni radicali) di cui avrebbe assunto di lì a poco la direzione; contemporaneamente frequentava la scuola di teatro di Mejerchol′d ed entrava in contatto con Lev V. Kulešov e con i registi della FEKS (Fabrika Ekscentričeskogo Aktëra, Fabbrica dell'attore eccentrico). In questo contesto vanno collocate le sue prime esperienze teatrali autonome, caratterizzate dal furore iconoclasta tipico della ricerca teatrale che interpretò in chiave di intervento politico diretto la poetica del futurismo russo: Meksikanec (1921, Il messicano) e soprattutto Na vsjakogo mudreca dovol′no prostoty (1923, Anche il più saggio sbaglia). Quest'ultimo, in particolare, fu uno spettacolo decisivo: liberamente tratto da A.N. Ostrovskij, l'allestimento prevedeva, tra gli altri 'numeri', la proiezione di un breve filmato, Dnevnik Glumova (Il diario di Glumov). E. ha sempre indicato in questa esperienza teatrale la cellula germinale del suo pensiero estetico. [...] Lo spettacolo teatrale successivo, Protivogazy (1923-24, Maschere antigas), allestito in un'autentica fabbrica, avrebbe convinto Ejzenštejn che solo il cinema poteva pienamente corrispondere a quella totale rigenerazione dello spazio drammaturgico che il giovane regista e teorico si era già risolutamente posto come l'obiettivo (epocale) da raggiungere. Si convinse, in particolare, che mentre il teatro non era in grado di esprimere compiutamente le esigenze di senso provenienti da una realtà in trasformazione, il cinema avrebbe potuto non solo raccogliere quelle esigenze, ma addirittura farsene suggerire i principi costruttivi essenziali: non i contenuti, ma la forma stessa.
(Pietro Montani)


L'esordio nel cinema: Sciopero!

Nel 1924 aveva esordito con Sciopero!. Gli eventi di questo film hanno luogo nel 1912: per la prima volta, tutta la mitologia associata al sotterraneo lavoro politico del periodo pre-rivoluzionario prendeva una forma visiva. Le immagini delle fabbriche, dove le macchine sembrano avere una vita propria; la violenza dei soldati nel quartiere operaio; l'immagine di un bambino sotto i cavalli, appena prima dell'inizio del massacro: in Sciopero! è impossibile districare l'estasi, la poesia e una selvaggia forma d'ironia. Per la prima volta nella storia del cinema le masse diventavano il vero protagonista del film. Eppure, anche se in Sciopero! nessuno può essere chia­mato 'eroe', nei personaggi vibra, fosse solo per un istante, la scintilla di un eroismo individuale.
Sciopero! è un capolavoro del cinema moderno e un esordio eccezionale, che ci abbaglia con lo splendore che soltanto pochissimi, tra gli esordi, sono riusciti a eguagliare - potremmo citare Quarto potere di Orson Welles, Ossessione di Luchino Visconti, Fino all'ultimo respiro di Jean-Luc Godard: tutti accomunati dalla capacità di saper prelevare il proprio materiale dal preciso punto d'in­contro fra classico e moderno. Ejzenštejn conosceva molto bene la tradizione, anche se consapevolmente se ne allontanava. I legami con le fiabe e i racconti popolari sono ben presenti in Sciopero!, che, del resto, è uno dei più autentici documenti su pellicola di quel che fu il teatro di Mejerchol'd - maestro e padre artistico di Ejzenštejn.
(Peter von Bagh)



Dopo il Potëmkin: Ottobre, Stalin e la censura

Con Sciopero cominciò la sua collaborazione con il coetaneo Eduard Tissé, un lungo svedese che, venuto in Russia durante la guerra come cinereporter, non era più ripartito, diventando uno degli operatori più ricercati del nascente cinema sovietico. Fu l'inizio di un sodalizio che durò sino a Ivan il Terribile e che non ha paragoni in tutta la storia del cinema. Dopo Sciopero e La corazzata Potëmkin che l'aveva reso - a ventisette anni! - un regista di fama mondiale, Ejzenštejn cominciò la preparazione di un film sui problemi dell'agricoltura, ma la interruppe per dedicarsi a Ottobre che - come La fine di San Pietroburgo di Pudovkin, Mosca nell'ottobre di Boris Barnet e La grande via di Edith Sciub - doveva contribuire alle celebrazioni del decimo anniversario della Rivoluzione.
S'acuisce la rivalità tra Ejzenštejn e Vsevolod Pudovkin che l'anno prima aveva colto con La madre un successo pari al Potëmkin, e che gli era petitore anche sul piano teorico: è un antagonismo che ripete quello che opponeva già Dziga Vertov e Kulesciov, i due padri del cinema sovietico. Caso più unico che raro, i due registi erano impegnati nella realizzazione di due film sul medesimo argomento nello stesso periodo e negli stessi luoghi. [...]
Intanto, però, il dissidio tra il gruppo governativo che faceva capo a Stalin e l'opposizione guidata da Trockij s'era risolto con la sconfitta del secondo. Ad Ejzenštejn che nel film gli aveva dato, come la realtà storica esigeva, una parte di primo piano, si impone di eliminare tutte le scene in cui compariva Trockij, ormai considerato un traditore, e gli altri rivoluzionari che s'erano schierati al suo fianco. Anche perciò il montaggio fu portato a termine soltanto nel febbraio 1928; in marzo Ottobre fu presentato in pubblico in un'edizione di 2800 metri, poco più di 70 minuti. Nei programmi del suo autore doveva essere di 4500 metri, diviso in due parti. Le accoglienze furono fredde.
Opera sconcertante e persino ermetica, geniale e squilibratissima, frammentaria e potente, ricca di invenzioni, Ottobre è un film che, specialmente da qualche anno, è studiato con ammirata attenzione da critici e teorici che lo considerano un'opera miliare del cinema sperimentale. Si può capire l'incomprensione della critica sovietica e straniera di quel tempo di fronte a un film che rifiuta vicenda, personaggi, attori, eroi, non permettendo nemmeno a Lenin di assumere la parte di protagonista. Soltanto la folla è protagonista di Ottobre, film di un socialista libertario e di un artista che reagisce polemicamente con l'esasperazione delle forme al suo disagio di fronte a un'occasione celebrativa e a un tema dai passaggi obbligati.(Morando Morandini)



In Messico

L'insuccesso di Ottobre non turbò Ejzenštejn così come il trionfo del Potëmkin, non l'aveva esaltato. Si rimise al lavoro per La linea generale di cui terminò le riprese nell'agosto 1928. Ma dopo Ottobre le autorità non volevano più correre rischi; la stagione della libertà rivoluzionaria volgeva al termine, si stavano gettando le basi teoriche del realismo socialista; la subordinazione dell'arte e della cultura agli imperativi politici diventava più rigida. Il materiale girato fu discusso, Ejzenštejn fu costretto a girare ancora per due mesi, a chiudere il film con un finale oratorio e a cambiargli il titolo: Il vecchio e il nuovo. Nonostante le modifiche, il film ebbe nel 1929 accoglienze molto controverse: quasi tutti riconobbero i suoi grandi pregi stilistici ma sul piano ideologico l'insoddisfazione fu generale.
Accompagnato da Aleksandrov e Tissé, Ejzenštejn comincia un lungo viaggio all'estero. Dopo esser stato in Germania, Svizzera, Inghilterra, a Parigi accetta l'offerta del produttore americano Jesse L. Lasky, inviato dalla Paramount, di andare a Hollywood a girare un film. Dal maggio all'ottobre 1930 percorre gli Stati Uniti tenendo conferenze, incontrandosi con personalità della cultura, esaminando vari progetti, mentre la stampa americana di destra gli dedica attacchi sempre più violenti, finché, sciolto per reciproco accordo il contratto con la Paramount, ottiene attraverso lo scrittore radicale Upton Sinclair e sua moglie Mary Craig un finanziamento di 25.000 dollari per un film da girare in Messico.
Troppo lungo sarebbe rievocare l'odissea messicana che occupa l'intero 1931. Nel gennaio 1932, dopo aver già impressionato 64.000 metri di pellicola, fu costretto a interrompere le riprese e a imbarcarsi in aprile verso l'Europa. Lo scenario del film comprendeva un prologo, quattro episodi e un epilogo attraverso i quali, in cadenze epico-liriche, intendeva narrare la nascita della nazione messicana attraverso le tribolazioni del suo popolo.
Invece di mantenere la promessa di mandargli il negativo a Mosca, Sinclair lo cedette a Sol Lesser, produttore dei film di Tarzan, che ne cavò Thunder over Mexico (Lampi sul Messico, 1933), lungometraggio basato su uno dei quattro episodi e su frammenti del prologo e dell'epilogo, e due cortometraggi: Death Day (Giorno dei Morti) e Eisenstein in Mexico.

 

Il prato di Bežin, un film maledetto

Quando, dopo quasi tre anni di assenza, Ejzenštejn rientra in patria nella primavera del 1932, il paese è cambiato quanto lui. Incontra diffidenze, sospetti e, negli ambienti ufficiali, ostilità. Continua, però, a macinare progetti su progetti che vengono bocciati o sabotati. Non gli rimane che accettare di dirigere i corsi di regia all'Istituto statale di Cinematografia. Nel maggio 1935 comincia le riprese di Il prato di Bežin, suo primo film sonoro, ispirato a Memorie di un cacciatore di Turgenev. Si ammala due volte durante la lavorazione, mentre Boris Sciumjatski, potente e ambizioso direttore della cinematografia sovietica, e altri funzionari cominciano, sulla scorta dello scenario e del materiale girato, a fare gravi riserve e a imporre modifiche. I capi d'accusa? Formalismo, intellettualismo, scarso approfondimento ideologico, misticismo, deformata rappresentazione della realtà sociale. Con la collaborazione di Isaak Babel', Ejzenštejn rimaneggia la sceneggiatura, riprende il lavoro, cambia alcuni attori ma nel marzo 1937, quando gli mancano soltanto tre o quattro settimane per finire, la direzione centrale della cinematografia blocca la lavorazione. Qualche mese dopo, sulla rivista "Letteratura Nazionale", Ejzenštejn pubblicava la sua famosa autocritica "Gli errori del Prato di Bežin". Era il secondo film che gli assassinavano.
Il negativo del film fu distrutto in un incendio che, dopo un bombardamento tedesco del 1942, devastò la Mosfilm. Trent'anni dopo, sulla base di frammenti, fotogrammi, qualche breve spezzone, fotografie di scena, disegni e schizzi, a cura di Sergej Jutkevic e Naum Kleiman, fu ricostruito un foto-­film di circa mezz'ora.

 

Il ritorno al successo: Aleksandr Nevskij

Nella sua autocritica, Ejzenštejn aveva promesso film "epici nello spirito, militanti nel fatto narrato, popolari nello stile". Con Aleksandr Nevskij (1938) mantenne le promesse. Con la storia di Nevskij, principe di Novgorod, del XII secolo, che guida un esercito popolare alla vittoria contro i Cavalieri Teutonici, Ejzenštejn sceglie un tema patriottico parlando del presente - anzi dell'avvenire - attraverso il passato remoto. Tutto è in regola: un eroe nazional-popolare, attori professionisti, una vicenda lineare, una sceneggiatura semplice e chiara, lavorazione senza incidenti né contrattempi né ripensamenti. Riesce persino a terminare le riprese in anticipo sui piani di lavorazione, anche perché, sembra, ne affida una parte a Dmitri Vasilyev che gli hanno messo al fianco come coregista.
Più che al montaggio si dedica al lavoro con Sergej Prokof'ev, autore delle musiche, al fine di raggiungere particolari soluzioni di linguaggio audiovisivo. È umiliato ma non domato: anche in Aleksandr Nevskij riesce a mettere a frutto la sua insaziabile ricerca del nuovo, il gusto dell'esperimento, la vocazione per la forma, il genio innovatore. Il film ottiene un successo trionfale; Stalin gli dice: "Sergej Michailovic, dopo tutto sei un buon bolscevico". Piovono gli onori tra cui l'Ordine di Lenin, conferito anche a Nikolaj Čerkasov, protagonista del film. [...]
Anche in quest'occasione, però, non gli mancarono le noie: quando fu firmato il patto tedesco-sovietico di non aggressione, in omaggio alla nuova e provvisoria alleanza, il Nevskij fu tolto dalla circolazione. Diciotto mesi di quarantena.



Ivan il terribile

Continua, intanto, ad elaborare progetti di film tra cui sceglie un altro film storico sulla figura del grande Zar Ivan IV il Terribile. Il progetto è così impegnativo e grandioso che abbandona gli incarichi direttivi alla Mosfilm, assegnatigli dopo il successo del Nevskij. Ma è la guerra, le armate naziste attaccano l'Unione Sovietica, penetrano nei territori della Bielorussia e della Ucraina e nell'autunno 1941 non sono lontane da Mosca. Le case cinematografiche si trasferiscono ad Alma Ata, nel Kazakistan, dove nell'aprile 1943, in un clima più sereno (i tedeschi si sono arresi a Stalingrado), Ejzenštejn può finalmente cominciare le riprese di Ivan Groznyj di cui è, anche in fase di sceneggiatura, unico autore. Secondo i piani, il film doveva essere diviso in due parti, ma nel 1944, quando ha quasi terminato il montaggio della prima, decide di suddividere la seconda parte in due in modo da formare una trilogia che si sarebbe dovuta concludere con una terza parte interamente a colori, ricca di azione e di movimenti di massa, di battaglie e di spazi aperti, in contrasto con la cupa e soffocante tragicità della parte centrale.
Nel dicembre del 1944 la prima parte di Ivan il Terribile è presentata in pubblico e accolta con favore, ma c'è la guerra, manca il tempo di discutere un film di Ejzenštejn. Mentre finisce il montaggio della seconda parte, si dedica con passione alla sua attività teorica, d'altronde mai interrotta, ma alla fine del febbraio 1946, a una festa, dopo la cerimonia dell'assegnazione del Premio Stalin, viene colpito da un attacco cardiaco e ricoverato d'urgenza nella clinica del Cremlino.
Durante la sua degenza il Comitato Centrale del Partito prende posizione contro la seconda parte dell'Ivan, definendola antistorica. Nel settembre la condanna è ufficiale anche se questa volta sono colpiti anche Pudovkin per L'ammiraglio Nakhimov e Kozincev e Trauberg per Gente semplice.
Per la seconda volta fa un'autocritica pubblica inviando una lunga dichiarazione alla rivista "Cultura e vita", ma, nello stesso tempo, si rivolge direttamente a Stalin per chiedergli di poter portare a termine la sua trilogia.
Stalin lo invita al Cremlino con Čerkasov, gli promette che, una volta ristabilito, avrà la possibilità di portare a termine la terza parte e di correggere la seconda. Nel 1946 gli muore la madre, nel 1947 le sue condizioni migliorano e ne approfitta per leggere, scrivere, lavorare contemporaneamente a tre libri ma la notte del 9 febbraio 1948, colpito da un nuovo attacco di angina pectoris, muore. Dopo i solenni funerali a spese dello stato, il suo corpo fu cremato il 13 febbraio 1948.
Dieci anni dopo, esce dagli archivi la seconda parte di Ivan il Terribile, conosciuta in Italia sotto il titolo di La congiura dei Boiardi.