La genesi del film

La genesi del film

Antonioni è il grande artista del nostro tempo
(Stanley Kubrick)




Dopo Deserto rosso, nel 1965 Antonioni riprende i suoi esperimenti sul colore con Il provino, prefazione a I tre volti, film a episodi prodotto da Dino De Laurentiis e girato con Bolognini, un lancio pubblicitario per Soraya Esfandiari, ex imperatrice di Persia ripudiata dallo scià Reza Pahlevi nel '58 e regina delle cronache mondane. Chiusa questa parentesi (riuscita grazie al suo contributo), il regista va in Inghilterra e inaugura, dopo I vinti, la serie dei film stranieri. Le escursioni all'estero, dopo di lui, saranno una costante del cinema italiano. Nella swinging London Antonioni gira Blow-up, da un racconto di Julio Cortázar letto durante le riprese di Deserto rosso. La sceneggiatura è scritta con Tonino Guerra, per un film interamente in inglese, con troupe straniera, tranne il direttore della fotografia e il capo elettricista, e lo studio del fotografo pop John Cohan prestato per il fotografo protagonista, riprese negli studi della MGM di Boreham Wood ed esterni a Carnaby Street, Kensington, Chelsea e al Maryon Park di Woolwich. Prima mondiale a New York e Los Angeles il 18 dicembre e l'anno dopo Palma d'oro a Cannes. In Italia il film, sequestrato in ottobre, poco dopo l'uscita, torna in circolazione senza censure ottenendo il quinto posto negli incassi stagionali.
(David Gianetti, Invito al cinema di Antonioni, Mursia 1999)

 

Dal racconto al film

Il progetto di Blow-up trae liberamente spunto da un 'racconto morale' dello scrittore argentino-parigino Julio Cortázar, La bava del diavolo , pubblicato da Einaudi nel 1965, nel volume intitolato Bestiario. Traduttore dell'opera di Poe, Cortázar vi narra la strana avventura capitata ad un "traduttore e fotografo dilettante a tempo perso", certo Roberto-Michel, di nazionalità franco-cilena, una bella mattina di novembre nel cuore della vecchia Parigi. [...]
Che cosa ha ritenuto il regista del misterioso racconto di Cortázar? La situazione di partenza (un fotografo, una coppietta in un parco, l'idea dell'ingrandimento che rivela la realtà nascosta dietro la facciata), e un clima spirituale: anche se la problematica del film, è molto diversa da quella del racconto, le avventure parallele dei protagonisti ci comunicano lo stesso sentimento di impotenza, la stessa tensione metafisica.
La novità non sta tanto nel fatto che il protagonista di Blow-up - Thomas - sia un fotografo di professione, quanto nel suo atteggiamento verso la vita, e quindi verso la scena di cui è casuale spettatore nel parco. A differenza di Roberto-Michel (un moralista: come suggerisce anche il titolo, il tema del 'rac­conto morale' di Cortázar sembra essere, più che una riflessione sui 'media', la scoperta dell'invisibile immanenza del male), Thomas non vuol intervenire, rimane estraneo al gioco della seduzione, anche perché non ha il sospetto che si tratti di una commedia. Le sue fotografie inoltre non hanno alcun riflesso sull'esito finale della seduzione (il delitto). Si potrebbe dire che ad Antonìoni non interessa tanto la scena del parco, quanto ciò che avviene, in seguito, nel 'reparto del negativo', come direbbe Serafino Gubbio, il celebre operatore di Pirandello. Non a caso la sequenza centrale del film è quella dell'ingrandimento - non uno solo, ma molti - che non figura nel racconto. [...] Non il rapporto psicologico-morale tra il fotografo e la coppia intriga Antonioni, ma quello ontologico tra il professionista dell'obbiettivo e la realtà ultima. Thomas crede di averla catturata, come Roberto-Michel crede di aver salvato il ragazzo dalle grinfie dell'omosessuale, ma alla fine si accorge che questa gli sfugge.
(Aldo Tassone, I film di Michelangelo Antonioni, un poeta della visione, Gremese, Roma 2002)

 

L'idea di Blow-up mi è venuta leggendo un breve racconto di Julio Cortázar (La bava del diavolo). Non mi interessava tanto la vicenda, quanto il meccanismo delle fotografie. La scartai e ne scrissi una nuova, nella quale il meccanismo assumeva un peso e un significato diversi. Tonino Guerra e, per i dialoghi inglesi, Edward Bond collaborarono con me alla sceneggiatura. Guerra mi aiuta da anni, precisamente da L'avventura. Lui è romagnolo, io sono emiliano. C'è un abisso tra di noi. Forse è per questo che andiamo d'accordo.
(Michelangelo Antonioni, Blow-up, Einaudi, 1968)

Con Michelangelo lavoro bene, perché quando ci sono intendimenti di fondo si lavora bene. Con lui prima di tutto si inventava un gioco, è sempre cominciato così: tirare delle palle di carta dentro un cesto, o con una paletta e una palla di carta fare una specie di golf nella stanza, e vedere quante volte la palla toccava le gambe della tavola. Prima di tutto c'era questo gioco, e si parlava, si parlava. Naturalmente si leggeva anche molto, anche cose che non c'entravano niente con l'idea del film per sentire di essere nel momento giusto, per capire cosa c'era in giro. E si guardavano moltissimo i pittori. Al tempo di Blow-up siamo andati a visitare tutti i pittori, tutti (Michelangelo tra l'altro dipinge anche bene): Bacon, Sutherland, tutti. Allora nascevano i primi pittori della pop-art inglese. Così a Milano gli architetti, al tempo della Notte.
(Tonino Guerra, L'avventurosa storia del cinema italiano 1960-1969, a cura di Franca Faldini, Goffredo Fofi, Feltrinelli, Milano 1981)

 

La scelta di Londra

Speravo, durante la lavorazione, che nessuno potesse dire, vedendo il film terminato: "Blow-up è un lavoro tipicamente anglosassone". Ma, allo stesso tempo, desideravo che nessuno lo definisse un film italiano. Originariamente, la storia di Blow-up avrebbe dovuto essere ambientata in Italia, ma mi resi quasi subito conto che sarebbe stato impossibile localizzare in qualche città italiana la vicenda. Un personaggio come quello di Thomas non esiste realmente nel nostro Paese. Al contrario, l'ambiente nel quale lavorano i grandi fotografi è tipico della Londra dell'epoca in cui si svolge la narrazione. Thomas, inoltre, si trova al centro di una serie di avvenimenti che è più facile ricollegare alla vita londinese che non a quella di Roma o di Milano. Egli ha optato per la nuova mentalità che si è creata con la rivoluzione della vita, del costume, della morale in Gran Bretagna, soprattutto tra i giovani artisti, pubblicisti, stilisti o tra i musicisti che fanno parte del movimento Pop. Prima della lavorazione del film, avevo soggiornato a Londra alcune settimane durante i 'si gira' di Modesty Blaise diretto da Joseph Losey e interpretato da Monica Vitti. Mi ero accorto in quel periodo che Londra sarebbe stata un décor ideale per un racconto come quello che avevo già in mente di realizzare. Non avevo mai avuto, tuttavia, l'idea di fare un film su Londra. La stessa storia avrebbe potuto essere ambientata e sviluppata, senza alcun dubbio, a New York o a Parigi. Sapevo tuttavia di voler per il mio copione un cielo grigio, piuttosto che un orizzonte blu pastello. In Blow-up ho allungato le prospettive, ho cercato di mettere aria, spazi tra le persone e le cose. La sola volta in cui ho utilizzato il teleobiettivo nel film è stato quando le circostanze mi hanno obbligato: per esempio nella sequenza al centro della folla dell'imbottigliamento.
(Michelangelo Antonioni in Fare un film è per me vivere. Scritti sul cinema, a cura di Carlo di Carlo e Giorgio Tinazzi, Marsilio, Venezia 1994)


Blow-up
è girato e ambientato a Londra. Con questo film Antonioni esce dall'Italia, per spingersi poi in America (Zabriskie Point, 1970), in Cina (Chung Kuo, 1972), nel Sahara (Professione: reporter, 1974)... Ma qui Londra non è una città, bensì il luogo emblematico dell'ultima moda ("swinging London"). La London old style s'intravede appena. Non c'è dunque opposizione tra vecchio e nuovo. Londra è lo scenario dell'artificio, dell'inautentico, dell'alienazione, dell'illusione, dei simulacri.
(Michele Canosa, Blow-up: il cerchio e l'elica, in Le sonorità del visibile, Longo Editore, Ravenna 1999)