Un set epico

Un set epico

Il primo colpo di manovella viene dato il 20 marzo del 1976. Si inizia a girare con Harvey Keitel nel ruolo del capitano Willard. A causa delle condizioni di lavoro proibitive questo attore era stato il primo ad accettare la parte dopo una lunga serie di rifiuti: James Caan, Steve McQueen, Robert Redford, Al Pacino, Jack Nicholson, lo stesso Marion Brando, che poi impersonerà Kurtz. Ma dopo sole due settimane Keitel è rispedito a casa - la sua recitazione è giudicala inadeguata - e viene assunto il pressoché sconosciuto Martin Sheen, che Coppola ha incontrato casualmente all'aeroporto di Los Angeles. Il paese scelto per le riprese sono le Filippine, sia per la somiglianza paesaggistica con il Vietnam, sia perché l'esercito filippino dispone di materiale bellico analogo a quello impiegato dagli americani durante il conflitto (il Pentagono ha rifiutato qualunque tipo di assistenza). Il budget di partenza - di 12 milioni di dollari - viene superato largamente. Il continuo lievitare dei costi è imputabile, oltre che alle oggettive difficoltà ambientali, a una lavorazione di tipo faraonico. Per le immagini del bombardamento al napalm vengono bruciati 5.000 litri di benzina in 90 secondi. Un'intera tribù di 250 persone, gli Ifugao, originari del nord delle Filippine, viene trasportata sul set (dove si accampa, mantenuta dalla produzione) per interpretare la folla dei seguaci di Kurtz (la cerimonia della sequenza finale è una vera cerimonia rituale). Le riprese avvengono in condizioni tecniche difficilissime. Tutta la troupe lavora sotto forte stress fisico e psicologico; ma il più provato è Coppola, che si dibatte tra i dubbi sulla conclusione della vicenda (il finale rimane indefinito praticamente per tutta la lavorazione), gli attriti con la moglie e i gravi problemi economici (arriverà al punto di dover ipotecare la propria casa). Man mano che il lavoro procede sembra trattarsi di un'impresa sempre più disperata: gli elicotteri prestati da Marcos (dietro un lauto compenso) spesso devono disertare il set per andare a combattere i guerriglieri locali, il tifone Olga distrugge scenografie e materiali per un valore di 1.300.000 dollari, Martin Sheen viene colto da attacco cardiaco e deve assentarsi per più di un mese (nel frattempo si gira con alcune controfigure). La lavorazione è resa difficoltosa anche dall'incertezza di Coppola, il quale non dispone di una sceneggiatura rigida (lo script di Milius viene largamente rifatto durante le riprese) e, contrariamente a quanto avviene per le grandi produzioni di questo tipo, procede per tentativi.

(Giaime Alonge, Tra Saigon e Bayreuth. Apocalypse Now di Francis Ford Coppola, Tirrenia Stampatori, 1993)




Quando girai il film invece di portarmi dietro il copione tenevo in tasca una piccola copia verde di Cuore di tenebra, piena di appunti e di segni. Cominciai istintivamente a fare riferimento a questa più che al copione, e passo dopo passo il film divenne più surreale, evocando sempre più il grande romanzo di Conrad. Ma mi stavo cacciando in una strada senza uscita, poiché più seguivo la falsariga di Conrad, meno il finale originale del copione di John appariva appropriato. E così ogni notte riscrivevo febbrilmente le scene del giorno dopo, e il film che stavo girando diventava ogni giorno più strano.

(Francis Ford Coppola, Apocalypse Now Redux, sceneggiatura di John Milius e Francis Ford Coppola, Alet, 2006)




Le riprese nelle Filippine terminarono il 21 maggio del 1977. I due anni successivi furono interamente dedicati al complesso lavoro di montaggio. La prima della versione definitiva del film avverrà il 15 agosto del 1979. Infatti, la copia proiettata a Cannes qualche mese prima - e presentata come una sorta di work in progress, anche per la questione del doppio finale - necessitava ancora di alcuni ritocchi sul piano prettamente tecnico. La fase di montaggio vide l'impiego della tecnologia più avanzata in campo cinematografico. [...]
Apocalypse Now
venne presentato nel 1979 al festival di Cannes, dove vinse la Palma d'oro ex aequo insieme a Il tamburo di latta di Volker Schlöndorff. Il verdetto della giuria, come accade spesso del resto, suscitò molte polemiche. [...] La critica si divise: quella americana fu generalmente più severa di quella europea, probabilmente dotata di strumenti concettuali più raffinati e dunque meglio in grado di apprezzare l'opera in tutta la sua complessità. Il giudizio di 'Time" - "emotionally obtuse and intellectually empty" - sintetizza la posizione di buona parte della stampa statunitense. I recensori americani riconobbero la maestria tecnica di Coppola, ma attaccarono duramente la recitazione di Brando (è proprio la parte finale del film, in cui compare Kurtz, quella che piacque meno) e il commento off, bollato come una brutta imitazione dello stile della Hard Boiled School. Nell'insieme, il film venne considerato una sorta di collage di belle inquadrature prive di un reale contenuto, puerile e velleitario nelle citazioni letterarie e politicamente ambiguo. Il parere del pubblico invece fu largamente positivo su entrambe le sponde dell'Atlantico, tanto che quella che durante la lunghissima lavorazione sembrava un'impresa economicamente fallimentare si rivelò essere un ottimo affare: il film incassò in totale più di 150 milioni di dollari. Apocalypse Now, divenuto quasi subito un cult movie, consacrò Coppola ai vertici della cinematografia mondiale, rappresentando uno dei momenti più alti dell'ambizioso progetto della Zoetrope di mediare tra la concezione del cinema di Hollywood - tutta industriale - e quella europea, più legata alle nozioni di Autore e di Arte.

(Giaime Alonge, Tra Saigon e Bayreuth. Apocalypse Now di Francis Ford Coppola, Tirrenia Stampatori, 1993)




La libertà di cui si godeva durante la rinascita di Hollywood era una concessione dei grandi studios ai cineasti e poteva anche essere tolta. L'industria, trovandosi in difficoltà, si aggrappò a una nuova generazione di registi promettenti che sembravano in grado di attirare un pubblico rinnovato e più giovane. La libertà fu frutto dell'incertezza e del momento di transizione; non durò. Entro la fine degli anni Settanta il potere era tornato prevalentemente dei dirigenti di produzione, ad eccezione di uno o due cani sciolti come Kubrick (la cui libertà dipendeva in parte dalla sua reputazione di non sforare i budget, anche se non rispettava sempre i tempi), di 'autori' che investirono molto nei film commerciali del filone dominante, o di chi era disposto a lavorare con ristretti margini economici.
Secondo alcuni, ciò avvenne soprattutto a causa degli eccessi di certi registi. La maggior parte della colpa viene attribuita di solito a Francis Ford Coppola e Michael Cimino, accusati di essersi approfittati della libertà loro concessa all'apice della Hollywood Renaissance. I passati successi, specialmente nel caso di Coppola, li portarono ad avere troppa libertà d'azione. I risultati furono pellicole come Apocalypse Now e I cancelli del cielo, epiche di dimensioni ciclopiche che sfondarono di gran lunga i costi preventivati e non rispettarono i tempi lavorazione, il prezzo del compiacimento visionario dei loro 'autori'. Apocalypse Now fu anche ostacolato da imprevedibili difficoltà ma infine si riscattò in una certa misura dopo una lavorazione travagliatissima che quasi triplicò il budget iniziale di 12 milioni di dollari. Recuperò i costi di produzione con gli incassi al botteghino negli Stati Uniti e ricevette numerose candidature per l'Oscar ma danneggiò durevolmente l'affidabilità industriale di Coppola.

(Geoff King, La Nuova Hollywood, Einaudi, 2004)